Omelia (22-07-2007) |
don Marco Pratesi |
Non passare senza fermarti! Il brano della Genesi ci racconta di un Dio che viene ad incontrarsi con l'uomo per portargli una buona notizia che trasfigura la sua vita, offrendoci una serie di spunti per riflettere sulle modalità dell'incontro tra Dio e l'uomo. Prima di tutto, l'incontro è iniziativa di Dio. Abramo è semplicemente seduto all'ingresso della sua tenda, per di più nell'ora calda del giorno, quando le attività sono ridotte. Egli è seduto, e alzando gli occhi vede tre uomini in piedi davanti a lui: non ha potuto progettare niente, neanche accorgersi del loro arrivo, essi sono semplicemente lì. A questo punto, però, è richiesta la sua risposta, che è fatta in primo luogo di sollecitudine. Il racconto, a partire dal fatto che non appena li vide corse loro incontro, presenta una serie di espressioni che sottolineano la prontezza e la premura di Abramo: quando Dio passa non si può rimandare, bisogna lasciar perdere il resto. Inoltre Abramo prega, e con una preghiera molto bella, che ciascuno deve far propria: "Mio Signore, non passare oltre senza fermarti da me"! Egli invoca l'incontro, chiede un passaggio che non sia una semplice vicinanza esteriore, ma una profonda presa di contatto. Abramo quindi si dà da fare per offrire ai tre una ricca ospitalità, mette a loro disposizione quanto ha; e una volta approntato il pasto, rimane in piedi in silenzio, in atteggiamento di servizio. Finalmente Dio riprende l'iniziativa: annunzia la buona notizia della maternità di Sara alla quale, ardentemente desiderata, si era oramai rinunziato. La nostra vita è luogo del passaggio di Dio. Un incontro che non possiamo costruirci, che non dobbiamo inventarci, al quale dobbiamo però disporci e che dobbiamo invocare con perseveranza. Ogni visita di Dio ci apre il mistero della nostra esistenza, svelandoci ciò che è - oltre ogni ragionevole speranza - il nostro più intimo desiderio. Esso, che giace nascosto nel profondo del nostro essere, non riconosciuto e addirittura temuto, emerge adesso alla luce richiamato, come Lazzaro dal sepolcro, dalla promessa dei Tre. Al loro passaggio stilla l'abbondanza, la vita fiorisce, tutto canta e grida di gioia (cf. Sal 65,12-14). E come la gioia di Abramo e Sara non è per loro soli (moltitudini ne avranno benedizione), così la nostra realizzazione non è più in concorrenza ma in accordo con quella degli altri, non più antagonisti ma compagni. Dobbiamo coltivare la consapevolezza della preziosità di questo dono: Dio non può manifestarsi laddove non c'è supremo interesse per lui, dove c'è distrazione e negligenza, dove non ci si affretta - come Zaccheo - ad accoglierlo (cf. Lc 19,6). Dobbiamo mettere a disposizione di Dio quanto abbiamo, accoglierlo con un atteggiamento oblativo. Non perché egli abbia bisogno delle nostre cose: Dio non può visitarci laddove lo si cerca in modo egocentrico e strumentale, rimanendo centrati sul proprio io e chiusi al servizio. "Ci ha domandato di dare a lui, perché lui potesse dare a noi molto di più", dice Efrem il Siro. Questa sia davvero la preghiera di ogni giorno, di ogni eucaristia: "Signore, non passare senza fermarti!". I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo. |