Omelia (22-06-2008) |
Il pane della domenica |
Non temete! Non abbiate paura di coloro che uccidono il corpo Molti studiosi della psiche umana sono convinti che la paura condiziona l'80% dei nostri comportamenti, soprattutto quando si tratta di mettersi in relazione con gli altri. Più ci lasciamo prendere dalla paura, più diventiamo incapaci di gestire certe situazioni difficili o di pericolo che ci capitano all'improvviso. Più lasciamo spazio al sentimento della paura, più diventiamo insicuri, chiudendoci in noi stessi o alle volte diventando aggressivi verso gli altri. Anche quando si prova a testimoniare la nostra fede, la paura viene chiamata in causa. Chi di noi, infatti, non ha un po' di paura (e alle volte anche tanta!) e ha lasciato spazio alla vergogna, quando si tratta di testimoniare la propria fede in certi contesti ostili? O quando vorremmo non restare anonimi in certi ambienti che frequentiamo, condividendo il racconto del nostro incontro con il Signore per essere più missionari? 1. Leggendo il brano del vangelo di oggi sembra che il Signore conoscesse molto bene lo stato d'animo della paura da cui non erano immuni neppure i suoi discepoli. Infatti, dopo aver chiamato e inviato alla missione i discepoli (cfr. vangelo di domenica scorsa), Gesù li istruisce e li esorta, preparandoli ad affrontare prove e persecuzioni. L'invio in missione da parte di Gesù e il conferimento di un potere non garantisce necessariamente ai discepoli il successo, così come non li mette al riparo dal fallimento e dalle sofferenze. Per cui essi devono mettere in conto sia la possibilità del rifiuto, come la possibilità e perfino l'inevitabilità della persecuzione. Del resto un discepolo di Cristo non può che conformare la sua vita a Lui. Qualche momento prima, infatti, Gesù aveva detto: "Un discepolo non è più grande del maestro, ma è sufficiente per il discepolo essere come il suo maestro" (Mt 6,40). Il discepolo deve seguire il modello che è Cristo respinto e perseguitato dagli uomini, che ha conosciuto il rifiuto, l'ostilità, l'abbandono, e la prova più atroce: la croce. La persecuzione non è eventualità remota, ma una possibilità sempre attuale: non esiste missione all'insegna della tranquillità. Tuttavia anche se la persecuzione appare inevitabile, il discepolo non ne va in cerca in maniera fanatica eppure se la incontra, non si sottrae, non la fugge, ma deve trovare in essa l'occasione per verificare l'autenticità della propria fede. Deve sentirla come la possibilità per essere ancora più missionario e per ritrovare quella fiducia filiale verso un Dio che è Padre e che assicura di non abbandonare i figli nell'infuriare della tempesta. Nella difficoltà della testimonianza, la sollecitudine del Padre è l'unica certezza che il discepolo conserva nel crollo di tutte le altre sicurezze, egli non è perso di vista, ma è sempre assistito dalla cura amorosa del Padre. Per questo Gesù rassicura i discepoli per ben tre volte dicendo: "Non temete!". 2. Non è detto che oggi la prova più terribile da sostenere sia quella della persecuzione aperta, almeno per noi qui, nelle nostre città, eppure anche noi siamo chiamati a testimoniare con coraggio e fedeltà la nostra fede. Vengono ancora in mente le parole che Giovanni Paolo II disse ai giovani nel 2000, durante la veglia di Tor Vergata a Roma, in occasione della XV Giornata Mondiale della Gioventù: "Anche oggi credere in Gesù, seguire Gesù, comporta una presa di posizione per Lui e non di rado quasi un nuovo martirio: il martirio di chi, oggi come ieri, è chiamato ad andare contro corrente per seguire il Maestro. A voi non verrà chiesto il sangue, ma la fedeltà a Cristo certamente sì! Una fedeltà da vivere nelle situazioni di ogni giorno". Inoltre, per noi oggi la persecuzione più terribile può essere l'assenza di persecuzione, ossia l'essere ignorati, ritenuti inoffensivi, non presi sul serio. Potremmo dire che più che pecore in mezzo ai lupi, il Signore, in questo nostro tempo, ci manda come sentinelle in mezzo a gente che non ha alcuna intenzione di essere svegliata, che ha perso un chiaro orizzonte di senso del proprio vivere, che trascura ostinatamente le parole di Verità, costruendosi da soli le proprie verità. Ma in tutto questo il Signore ci continua a dire come diceva ai discepoli del suo tempo: "Non temete!". Non abbiate paura di chi vi perseguita, lo hanno fatto anche con me! Io non vi lascio soli perché voi siete troppo preziosi per me e ricordate che nella testimonianza non contano i successi, a me basta che siate fedeli al mio vangelo, che riconosciate di essere sempre miei amici in qualunque circostanza vi trovate, così che anch'io possa riconoscervi davanti al Padre mio". Commento di don Guido Benzi tratto da "Il pane della Domenica. Meditazioni sui vangeli festivi" Ave, Roma 2007 |