Omelia (11-05-2014) |
dom Luigi Gioia |
Io sono la porta delle pecore Per capire l'immagine del buon pastore il parallelo con i pastori di questo mondo aiuta solo fino ad un certo punto. I pastori che effettivamente fanno questo lavoro e pascolano le pecore non danno certo la loro vita per esse. Ben al contrario nutronole pecore e se ne occupano in vista di ucciderleper potersene nutrire, per poterle mangiare. Le cure che un pastore dispensa per le sue pecore sonointeressate: più si cura il gregge, più grande saràil profitto che se ne trarrà. Invece nelritratto che ce ne fannoEzechiele, Geremia e Zaccaria, il pastore messianico, cioè il pastore atteso da Israele, si occupa veramentedel proprio gregge; il suo compito principale è tenere il gregge unito, perché le pecore hanno tendenza ad impaurirsi, a scappare e così a disperdersied una volta disperse diventanomolto vulnerabili. Il ruolo principale del pastore"vero" al quale siamotuttiaffidati, Gesù il grande pastore delle pecore, è quindi quello di tener unito il gregge. Chinon si occupa veramente del gregge, il mercenario, ha un atteggiamento diverso. Il mercenario è colui che non sente il gregge come proprio, che se ne occupa solo perché è pagato per questo: non ha visto gli agnellini nascere, non conosce tutte le pecore per nome, non ha questa simbiosi profondache il vero pastore ha con il suo gregge. Lo prova il fatto che quando il mercenario vede venire il lupo lascia le pecore e fugge, e il lupopuò impadronirsi delle pecore e disperderle indisturbato. Ezechiele rimprovera ai cattivi pastori - cioè ai cattivi re e ai cattivi sacerdoti del suo popolo -esattamente questo: Voi non avete reso forti le pecore deboli. Non avete curato le pecore inferme. Non avete fasciato quelle ferite. Non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza. E poi Ezechiele continua dicendo che, per colpa del pastore, le pecore si sono disperse e sono preda di tutte le bestie selvatiche, sono sbandate. Lasituazione del gregge descritta dal profeta Ezechiele vale anche per laChiesa di oggi. Uno dei fattori di crisi più importanti nel clero non solo in Europa, ma anche in Africa ein Asia,è la seduzione del materialismo, è unlivello di vita spesso molto piùalto di quello dei fedeli. E' quasi inevitabile che un pastore godadi alcuni privilegi e per questoè necessario essere molto attenti a non lasciarsi accaparrare dalla seduzione che questipossono esercitare. Purtroppo in molti paesi, soprattutto in quelli nei quali la ricchezza si è sviluppata in modo molto rapido, i pastori hanno avuto tendenza a lasciarsi accaparrare dalle ricchezze, a cercare la propria comodità, a sfruttare la loro posizione a proprio vantaggio e a scapito della loro responsabilità pastorale. Non si sono veramente occupati del gregge. Vi è poi la questione della divisione dei pastori tra di loro, non solo all'interno della Chiesa, ma nel senso della distinzione tra le grandi denominazioni religiose (i cattolici, i protestanti, gli ortodossi): questo è il caso più drammatico e più colpevole nel qualei pastori si sono divisi tra di loro, hanno diviso il gregge e il gregge si è disperso. Basta pensare a quei paesi di missione dove avvengonomoltissime conversioni, ma in un climadi competitività esasperata e quindi con relazioni molto tese tra le diverse confessioni cristiane. Quello di cui ci parla Ezechiele è quindi una drammatica descrizione della situazione attuale influenzata certo dalla seduzione esercitata dai modelli di vita edonistici che dominano nella società di oggi, ma determinataprima di tuttodalla negligenza dei pastori. Come essere allora un buon pastore? La risposta del Vangelo è chiara: ilpastore è uno solo, è il Signore stesso. Il Signore infatti si è impegnato a diventare lui stessoil pastore del suo popolo: io stesso avrò cura delle mie pecore e le strapperò da tutti i luoghi dove sono state disperse in un giorno di nuvole e di tenebre. Questa immagine profetica si è realizzata inGesù. E' lui il solo "buon" pastore, nel senso che solo lui ci ama davvero e ce lo ha mostrato donando la sua vita per noi: Nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici. E' per questo che lui solo ci conosce, nel senso biblico del termine, cioè ci ama veramente, si preoccupa di noi, ci chiama amici, dona la sua vita per noi. Ed è per questo che noi riconosciamola sua voce. Il vero pastore, dice Gesù nel Vangelo, è colui del quale le pecore riconoscono la voce. Si "riconosce"solo la voce di chi che ci ama davvero. Noi riconosciamo la voce di Gesù, perché sentiamo che quello che ci dice è veramente il nostro bene, risponde al desiderio più autentico del nostro cuore. E questo vale per coloro che nella Chiesa sono chiamati a predicare la parola di Dio, quindi a parlare in nome di Gesù. Se la loro voce ci tocca, se quello che dicono ci parla, è perché anche loro si sono fatti trasparenti a questo amore di Cristo. Nella loro voce riconosciamo la voce di Cristo. Gesù diventa il buon pastore sulla croce. E' nel momento nel quale dà la sua vita per amore per noi che Gesù appunto diventa il buon pastore, come lo dice la lettera agli Ebrei: E' diventato il grande pastore del gregge, il Signore nostro Gesù Cristo, grazie al sangue che ha versato per noi. Sulla croce Gesù apre le sue braccia per abbracciarci tutti, per riunirci, perdarci la vita e farci diventare a nostra volta capaci di dare la nostra vita gli uni per gli altri, per farci diventare pastori gli uni degli altri, ciascuno nel suo ruolo, ciascuno secondo il proprio carisma. Non sono pastori soltanto i sacerdoti o i vescovi. Non sono pastori soltanto i ministri. Non sono pastori soltanto coloro che sono chiamati ad esercitare un ministero pastorale. Tutti i cristiani sono pastori, perché tutti i cristiani sono chiamati a dare la propria vita per gli altri, a occuparsi e preoccuparsi degli altri. Tutti i cristiani devono avere la preoccupazione del gregge tutto intero. Quindi ciascuno deve esercitare questo ministero pastorale secondo il proprio carisma, come genitore, come educatore, come uomo politico, come ministro e anche come vescovo o presbitero di una comunità. Il pastore è semplicemente un ministro, cioè un servitore, un segno, uno strumento dell'unico pastore. E' questa infatti labuona notizia: che il nostro unico e veropastore è Gesù. Coloro che esercitano un ministero pastorale, lo fanno solo in nome di Gesù, e questo vuol dire che allora i loro limiti non sono un ostacolo perché dietro di loro possiamo sempre trovare o cercare di ritrovare Gesù, l'unico pastore. Il pastore, il ministro, ciascuno di coloro i quali esercitano un ministero pastorale nella Chiesa, non possono farlo con autorità, se non sacrificano sestessi per le loro pecore, se non donano la propria vita per coloro che amano. Può essere ministro di Cristo-pastore solo colui il quale conosce i fedeli con amore, solo se li conosce per nome, in una comunione di vita, di gioia e di sofferenza. Infine un ministro può essere segno e strumento di Cristopastore solo se la sua autorità si fonda sulla parola di Dio, perché le pecore riconoscono solo la voce del vero pastore, di Cristo, e solo a lui possono veramente obbedire. Visto che il nostro solo e vero pastore è Cristo, aisto che solo la sua voce ha autorità, perché solo la sua voce parla al cuore, allora ognuno di coloro i quali esercitano nella Chiesa un ministero pastorale possono farlo solo con l'autorità di Gesù, solo se attraverso le loro parole si riconosce la parola di Gesù, solo se attraverso il loro atteggiamento, attraverso la loro cura del gregge si riconosce la cura e l'amore di Gesù. E' per questo che ciascuno di coloro i quali hanno una responsabilità di tipo pastorale, a tutti i livelli, anche come genitori o educatori, devono preoccuparsi prima di tutto di essere profondamente uniti a Cristo, di avere una relazione profonda di amore con lui, di nutrirsi e di impregnarsi della sua parola, perché è solo in questo modo che Cristo agirà attraverso di loro. |