Omelia (01-06-2014) |
dom Luigi Gioia |
Come il Padre ha mandato me anch'io mando voi Per molti versi potremmo essere tentati di invidiare gli apostoli. Hanno conosciuto Gesù, hanno vissuto con lui, lo hanno sentito predicare. Alcuni, come Giovanni, hanno fatto anche l'esperienza della sua amicizia. Dopo la morte e la resurrezione di Gesù lo hanno visto risorto e ciò non solo sporadicamente, ma per quaranta giorni, come ci dice la prima lettura di oggi dagli Atti degli Apostoli: Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Quale non sarebbe la forza della nostra fede se potessimo fare la stessa esperienza? Quale non sarebbe la nostra conoscenza del mistero di Dio se potessimo essere anche noi istruiti direttamente da Gesù, come lo furono i discepoli? Eppure, se guardiamo le cose più da vicino, ci rendiamo conto che la realtà è molto diversa. Ritornando agli eventi che precedono la passione di Gesù, ci ricordiamo subito che gli apostoli, malgrado tutta la loro familiarità con lui, quando venne il momento della passione si dileguarono tutti, senza eccezioni. La loro fede non era sufficientemente forte per poter affrontare il martirio. Sappiamo ancora che al primo annunzio della resurrezione da parte delle donne, gli stessi apostoli non capirono, furono sorpresi, furono increduli. Avremmo potuto pensare che almeno la familiarità con il risorto, il vederlo addirittura mangiare insieme a loro dopo la sua resurrezione avrebbe conquistato la loro fede una volta per tutte. Un conto è vedere Gesù come uomo, nella sua vita terrena, e un conto è vederlo come risorto. Questo era un fatto eccezionale e si poteva pensare che questa esperienza fosse sufficiente a fondare la fede degli apostoli. Invece nel vangelo di oggi, al termine di quaranta giorni di apparizioni del risorto, proprio nel momento nel quale sta per ascendere al cielo, leggiamo questa frase sorprendente: In quel tempo gli undici discepoli andarono in Galilea sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. I discepoli ancora dubitano. Vedere Gesù con occhi di carne, ascoltarlo con orecchi di carne, mangiare con lui: tutto questo non basta per la nostra fede. Si può fare questa esperienza e ancora continuare a dubitare. Questo è un dato importantissimo per capire il senso dell'ascensione. Nella solennità dell'ascensione facciamo memoria del momento nel quale Gesù è elevato al cielo e si sottrae per sempre agli occhi di carne degli uomini. Questo però non vuol dire che Gesù va via, anzi. Nel vangelo l'ultima parola di Gesù prima dell'ascensione non è "Vado via", ma l'esatto contrario: Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo. Vediamo Gesù sottrarsi ai nostri occhi e al tempo stesso dichiararci: "Io sono con voi ogni momento". Ecco il paradosso: Gesù si sottrae agli occhi di carne e ci dice: "io sono con voi". Cosa c'è dietro questo paradosso? Che senso ha? La risposta è molto semplice: per la fede, vedere, toccare non bastano. Conosciamo bene la beatitudine del vangelo di Giovanni: Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto. Questo perché la fede deve vedere, deve percepire qualcosa di più profondo di quello che possono vedere gli occhi di carne. Ciò che dobbiamo credere non lo si vede con gli occhi di carne. Ciò che dobbiamo credere non lo si sente con le orecchie di carne. A questo si riferisce Paolo nella lettera agli Efesini, quando dice: Fratelli, il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui. E poi aggiunge questa frase molto importante: Che Dio illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere. Per una profonda, vera, autentica conoscenza di Dio abbiamo bisogno di altri occhi, abbiamo bisogno che si aprano gli occhi del cuore, e che questi occhi del cuore siano illuminati dal Signore. In un certo senso, finché vedevano Gesù con gli occhi di carne, sia prima che dopo la sua resurrezione, i discepoli non erano spinti a vederlo con gli occhi del cuore. Per questo la loro fede non poteva svilupparsi e invece di credere in Gesù, malgrado tutte le prove che potevano avere, continuavano a dubitare di lui. Ecco allora che appena Gesù è asceso al cielo, degli angeli vengono a dire ai discepoli e a tutti noi: Perché state a guardare al cielo? - "Non pensate che avendo Gesù fisicamente, visibilmente in mezzo a voi, sarete più forti, crederete di più. Non state a guardare al cielo, perché è venuto il momento di credere alle ultime parole di Gesù: Ecco io sono con voi". Gesù è con noi adesso che è risorto e asceso al cielo infinitamente più di quanto non lo fosse quando era presente in mezzo a noi fisicamente. Gesù è con noi adesso, ma di una presenza che solo gli occhi del nostro cuore possono riconoscere. Si potrebbe cambiare il nome dell'ascensione e chiamarla non più "solennità dell'Ascensione", cioè "solennità della sparizione di Gesù", bensì "solennità della presenza del Signore", cioè "solennità della scoperta della presenza vera, profonda, del Signore in mezzo a noi". Finché era tra noi solo fisicamente, Gesù poteva essere presente solo in un luogo alla volta, solo per alcuni momenti. Adesso, invece, come risorto è con noi sempre, è con noi ovunque. Gesù è nella Parola che ascoltiamo e meditiamo. Gesù è in ognuno dei nostri fratelli, specialmente nei più piccoli: Chi accoglie voi, accoglie me. Chi accoglie uno dei miei fratelli più piccoli, più poveri, accoglie me. Gesù è in mezzo a noi ogni volta che ci riuniamo per pregare: Lì dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro. Gesù è presente per rendere grazie al Padre e unirci al suo rendimento di grazie in ognuna delle nostre celebrazioni eucaristiche. Ogni volta che ci riuniamo per celebrare l'eucarestia, Gesù è presente in mezzo a noi, presente attraverso la Parola, presente attraverso l'azione di grazie, e ci unisce a questa azione di grazie. E poi Gesù è presente nei nostri cuori per mezzo del suo Spirito Santo. Gesù è più intimo a noi di quanto lo siamo a noi stessi - come diceva sant'Agostino. Questa presenza di Gesù nel nostro cuore la possiamo scoprire in ogni istante della nostra giornata. Basta raccoglierci un attimo, scendere nel nostro cuore, e lì troviamo Gesù presente per mezzo del suo Spirito. L'Ascensione è quindi un momento fondamentale della nostra vita spirituale. L'Ascensione è il momento nel quale ci è chiesto di chiudere gli occhi di carne per aprire gli occhi del cuore. E' il momento nel quale ci è chiesto di non vedere più le cose, il mondo, con incredulità; di non vedere più gli eventi alla luce degli occhi di carne, ma di percepirli alla luce degli occhi del cuore e di riconoscere il Signore presente in essi, in tutti gli eventi della nostra vita. Riconoscere Gesù presente qui, in mezzo a noi, in ogni momento, per sempre - e così aprirsi al dono della consolazione che solo la presenza di Gesù può portare. Nulla in questa vita può consolarci più profondamente, più autenticamente, di quanto non lo faccia la presenza del Signore. Apriamoci allora al dono di questa consolazione. Chiediamo al Signore la grazia di aprire gli occhi del nostro cuore, di illuminare gli occhi del nostro cuore. Impegniamoci attivamente a riconoscerlo presente in tutti i momenti, in tutti gli ambiti della nostra vita e soprattutto nel nostro cuore. |