Omelia (17-08-2014) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Una povera donna è capace di soteriologia... Una povera donna in cerca di aiuto indovina il mistero della salvezza universale di Dio, concependo con una sola frase come destinatari della salvezza siano davvero tutti i popoli. E' infatti la fede di questa sfortunata persona, che si accosta supplichevole a Gesù, a rivelare a tutto che l'amore di Dio è universale e che la sua salvezza non ha come destinatario solamente un popolo prediletto. Osservando infatti la vicenda che ci viene narrata da Matteo, la stessa zona di Tiro e Sidone, nella quale Gesù si trova a viaggiare e ad agire, è ostinatamente pagana e ha subito in precedenza la condanna di Gesù per aver rifiutato la manifestazione grandiosa (la salvezza) del vero Dio: «Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsàida. Perché, se a Tiro e a Sidone fossero stati compiuti i miracoli che sono stati fatti in mezzo a voi, già da tempo avrebbero fatto penitenza, ravvolte nel cilicio e nella cenere. Ebbene io ve lo dico: Tiro e Sidone nel giorno del giudizio avranno una sorte meno dura della vostra." (Mt 11, 21 - 22) Anche se non con la stessa severità di Corazin e Btsaida, Tiro e Sidone erano divenute emblema di affermata infedeltà. Probabilmente a questo si deve l'iniziale atteggiamento di distacco e di ripulsa da parte di Gesù alle invocazioni di questa donna Cananea. Egli le risponde che "non sta bene gettare via il pane dei figli per darlo ai cagnolini". Nell'accezione giudaica i "cani" erano ritenuti i pagani, lontani dalla vera fede e misconoscitori dichiarati della rivelazione di Dio nonché impuri e idolatri. Per estensione erano anche tutti i non Israeliti, che non condividevano la fede nell'unico Signore di Israele. Addirittura Paolo., che pure viene definito l'apostolo dei gentili e dei pagani, esclama: ""Guardatevi dai cani; guardatevi dai cattivi operai" (Fil 3, 2). Sarebbe ancora più esatto affermare che i "cani" non sono semplicemente i non Israeliti o i non credenti, ma tutti coloro che oltre che a non credere si oppongono categoricamente alla verità, nonostante l'evidenza della misericordia di Dio e della sua volontà di recupero nei loro confronti. I "cani" sono i miscredenti ostinati e avversi. Ora, Tiro e Sidone avevano mostrato di appartenere categoricamente alla classe dei "cani" infedeli di affermata paganità, soprattutto perché non si erano convertiti nonostante la grandiosità di tanti prodigi miracolosi e pertanto Gesù adesso in un primo momento riscontra superfluo o inutile intervenire a favore di una loro rappresentate: non accoglierebbe in ogni caso la salvezza. Ma cambia immediatamente opinione e atteggiamento quando questa povera donna, certamente non socialmente affermata e non letterata alla pari dei sapienti della sua zona e del suo tempo, gli rivela una fede talmente forte da conquistare questo e altro in fatto di benefici: "Anche i cagnolini mangiano i resti che cadono dalle mense dei padroni"; cioè: ai pagani basta anche un decimo di quello che il Messia fa solitamente ai padroni Giudei per essere salvati. Certo, l'annuncio di salvezza è rivolto prima di tutto ai Giudei e all'Israele popolo prediletto di Dio con il quale abbiamo in comune una radice santa, ma ciò non esclude che anche i pagani e gli esponenti di ogni altra razza e cultura possano essere salvati e che Dio voglia estendere anche a loro il disegno di redenzione e di figliolanza. Sarà anzi una delle lezioni di Paolo a dimostrare che Dio non fa affatto discriminazioni fra popolo e popolo anche se chiamerà in causa in primo luogo gli Israeliti: l'apostolo paragonerà (Rm 11) infatti Israele ad un albero di ulivo a cui sono stati recisi alcuni rami per esserne innestati altri: sono stati cioè estromessi dalla salvezza i Giudei non convertiti, che hanno rifiutato l'annuncio, non vi hanno aderito. Tale rifiuto è stato tuttavia occasione per rivolgere l'azione missionaria di salvezza ai pagani e alle genti non Israelite, che non di rado hanno accolto la salvezza più degli stessi Israeliti. Alla fine si tornerà a parlare nuovamente ai pagani. Per farla breve, la condizione per essere salvati non è l'appartenenza ad un popolo determinato, sia questo esso giudaico o pagano o greco, ecc.; non è il sentirsi parte di una nazione o di una razza a guadagnarci i meriti divini per entrare nella vita e nemmeno la nostra posizione sociale o il nostro ceto. La salvezza dipende dalla fede nel Vangelo. L'annuncio evangelico è rivolto a tutti anche se interpella per primi i pagani e approdano alla salvezza solamente coloro che vi aderiscono a cuore aperto, riponendo ogni speranza nelle parole del Signore e perseverando in esse per mezzo della fede, cioè dell'accoglienza libera e incondizionata. Che crede e agisce da credente, sarà salvato. Chi rifiuta deliberatamente la salvezza ha scavato da se stesso la propria fossa. Di queste e altre argomentazioni è stata capace una povera donna avente la figlia tormentata da un demonio, la cui saggezza e semplicità di cuore hanno dischiuso la mente di tanta gente alla verità sulla grazia di Dio. L'accoglienza della rivelazione del vero Dio e la fede nell'annuncio del Salvatore Gesù Cristo trasformano i "cani" in prediletti del Signore come nel caso di questa donna che è solamente un esempio di come Dio mostri misericordia verso tutti coloro che a lui si affidano. Lo stesso profeta Isaia ci ragguaglia del fatto che anche gli "stranieri" sono destinatari della salvezza mostrando l'universalità dell'amore di Dio nei confronti di chiunque sia disposto a credere e ad amare. E' proprio vero che la fede fa smuovere le montagne. Forse ciò avverrà soltanto in senso traslato metaforico, ma è già sufficiente per noi "smuovere le montagne" quando nella fiducia in Dio e nell'affidarci indistintamente a Lui siamo in grado di risolvere i nostri problemi e uscire da situazioni apparentemente insormontabili. La fede, cioè l'abbandono fiducioso al Signore e la disposizione a fare sempre la sua volontà senza che prevalga la nostra, può condurre a risultati altrimenti insperati e conseguire traguardi altrove irraggiungibili e ciò è ancora più garantito quando ci si dona al Signore senza opporre resistenza alle sue proposte, anche quando queste ci sembrino assurde pretese. Per quanto possa sembrare paradossale, anche la nostra condizione di credenti presenta non di rado condizioni paragonabili a quelle dei "cani" riluttanti e ostinati e ciò soprattutto quando si pretenda di piegare Dio alla nostra volontà che ha del pagano più che del cristiano. La lezione di una povera donna giudicata infedele e impura ci illumina che il nostro itinerario di conversione è ancora molto lungo. |