Omelia (28-06-2015) |
don Luciano Cantini |
Io ti dico Dodici anni Due racconti si intersecano. La tradizione è antichissima perché lo stesso racconto lo troviamo così nei tre vangeli sinottici anche se ognuno con le sue caratteristiche. È probabile che i fatti siano successi proprio come sono raccontati ma è abbastanza sintomatico un particolare che li accomuna e che potrebbe essere la causa del loro assemblamento: l'espressione dodici anni. È l'età della figlia di Giàiro e gli anni della malattia della donna guarita. Dodici non è un numero casuale perché è il numero delle Tribù d'Israele come quello gli Apostoli, per questo ci permette di leggere in chiave simbolica il racconto che nel vangelo di Marco è molto accurato. Potremmo leggere nella Donna e nella Ragazza la realtà del popolo d'Israele malato senza rimedio, a cui tutte le cure hanno portato solo impoverimento e peggioramento, o addirittura che sta morendo (letteralmente è alla fine). Potremmo anche leggerci la dimensione della Chiesa che è in cerca di rimedi ai suoi mali affidandosi alle risorse umane senza una soluzione. Una lettura simbolica dei fatti ci autorizza a ricercare nella nostra vita l'affanno impotente, l'annaspare nella storia, la fine incombente della nostra esperienza umana. Chi non ha sperimentato la sofferenza, l'incapacità o l'insussistenza dell'uomo? L'insegnamento che dal racconto deriva ci chiede di riflettere sulla nostra esperienza personale, su quella sociale e ecclesiale. "Chi mi ha toccato?" È sconcertante il tipo di relazione che si istaura tra la donna e il Signore, dal tocco dell'estremo lembo del mantello, quasi un gesto magico e insulso alla dichiarazione del Maestro: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male». I nostri modi raffazzonati e illogici diventano occasione di salvezza perché il Signore vi legge la fede e la relazione filiale. Dentro, però, c'è un itinerario che non è proprio immediato e facile: la donna era impaurita e tremante, prende coscienza dell'accaduto, esce allo scoperto e davanti alla folla pressante disse tutta la verità. Non è la magia di un gesto - oggi potremmo vederci le liturgie, i gesti devozionali - che ha portato alla salvezza ma una relazione sincera con il Signore e quanti lo circondano, il passaggio dal nascondimento privato alla testimonianza aperta e pubblica. «Talità kum» Dodici anni è il momento pieno della vita, si celebra il Bat mitzvah (figlia del comandamento) che segna il passaggio all'età adulta, invece siamo alla fine, anzi ormai è sopraggiunta la morte: Perché disturbi ancora il Maestro? L'espressione di Gesù: «Non temere, soltanto abbi fede!» fa da contrappunto al tremore e alla fede della donna incontrata prima. Quante volte Gesù ci chiede di non aver paura, di non temere, quante volte ci rimprovera la poca fede, quante volte il Signore ci chiede: Perché vi agitate e piangete? Il Vangelo ci tramanda il suono delle parole che Gesù dice in aramaico «Talità kum» - ragazza alzati - nel passarci la traduzione vi aggiunge io ti dico: è la fede di Marco e della Chiesa nella potenza della Parola del Signore. Dobbiamo cogliere quella Potenza per alzarci alla vita, per non lasciarci dominare dalla morte, per camminare e mangiare. |