| (Testo CEI74) 45 Giuseppe si fa riconoscere
Allora Giuseppe non potè più contenersi dinanzi ai circostanti e gridò: «Fate uscire tutti dalla mia presenza!». Così non restò nessuno presso di lui, mentre Giuseppe si faceva conoscere ai suoi fratelli.
Ma diede in un grido di pianto e tutti gli Egiziani lo sentirono e la cosa fu risaputa nella casa del faraone.
Giuseppe disse ai fratelli: «Io sono Giuseppe! Vive ancora mio padre?». Ma i suoi fratelli non potevano rispondergli, perché atterriti dalla sua presenza.
Allora Giuseppe disse ai fratelli: «Avvicinatevi a me!». Si avvicinarono e disse loro: «Io sono Giuseppe, il vostro fratello, che voi avete venduto per l'Egitto.
Ma ora non vi rattristate e non vi crucciate per avermi venduto quaggiù, perché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita.
Perché gia da due anni vi è la carestia nel paese e ancora per cinque anni non vi sarà né aratura né mietitura.
Dio mi ha mandato qui prima di voi, per assicurare a voi la sopravvivenza nel paese e per salvare in voi la vita di molta gente.
Dunque non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio ed Egli mi ha stabilito padre per il faraone, signore su tutta la sua casa e governatore di tutto il paese d'Egitto.
Affrettatevi a salire da mio padre e ditegli: Dice il tuo figlio Giuseppe: Dio mi ha stabilito signore di tutto l'Egitto. Vieni quaggiù presso di me e non tardare.
Abiterai nel paese di Gosen e starai vicino a me tu, i tuoi figli e i figli dei tuoi figli, i tuoi greggi e i tuoi armenti e tutti i tuoi averi.
Là io ti darò sostentamento, poiché la carestia durerà ancora cinque anni, e non cadrai nell'indigenza tu, la tua famiglia e quanto possiedi.
Ed ecco, i vostri occhi lo vedono e lo vedono gli occhi di mio fratello Beniamino: è la mia bocca che vi parla!
Riferite a mio padre tutta la gloria che io ho in Egitto e quanto avete visto; affrettatevi a condurre quaggiù mio padre».
Allora egli si gettò al collo di Beniamino e pianse. Anche Beniamino piangeva stretto al suo collo.
Poi baciò tutti i fratelli e pianse stringendoli a sé. Dopo, i suoi fratelli si misero a conversare con lui.
L'invito del faraone
Intanto nella casa del faraone si era diffusa la voce: «Sono venuti i fratelli di Giuseppe!» e questo fece piacere al faraone e ai suoi ministri.
Allora il faraone disse a Giuseppe: «Dì ai tuoi fratelli: Fate questo: caricate le cavalcature, partite e andate nel paese di Canaan.
Poi prendete vostro padre e le vostre famiglie e venite da me e io vi darò il meglio del paese d'Egitto e mangerete i migliori prodotti della terra.
Quanto a te, dà loro questo comando: Fate questo: prendete con voi dal paese d'Egitto carri per i vostri bambini e le vostre donne, prendete vostro padre e venite.
Non abbiate rincrescimento per la vostra roba, perché il meglio di tutto il paese sarà vostro».
Il ritorno di Canaan
Così fecero i figli di Israele. Giuseppe diede loro carri secondo l'ordine del faraone e diede loro una provvista per il viaggio.
Diede a tutti una muta di abiti per ciascuno, ma a Beniamino diede trecento sicli d'argento e cinque mute di abiti.
Allo stesso modo mandò al padre dieci asini carichi dei migliori prodotti dell'Egitto e dieci asine cariche di grano, pane e viveri per il viaggio del padre.
Poi congedò i fratelli e, mentre partivano, disse loro: «Non litigate durante il viaggio!».
Così essi ritornarono dall'Egitto e arrivarono nel paese di Canaan, dal loro padre Giacobbe
e subito gli riferirono: «Giuseppe è ancora vivo, anzi governa tutto il paese d'Egitto!». Ma il suo cuore rimase freddo, perché non poteva credere loro.
Quando però essi gli riferirono tutte le parole che Giuseppe aveva detto loro ed egli vide i carri che Giuseppe gli aveva mandati per trasportarlo, allora lo spirito del loro padre Giacobbe si rianimò.
Israele disse: «Basta! Giuseppe, mio figlio, è vivo. Andrò a vederlo prima di morire!».
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