(Testo CEI2008) 88 Preghiera a Dio dal profondo dell'angoscia
Canto. Salmo. Dei figli di Core. Al maestro del coro. Sull'aria di «Macalàt leannòt». Maskil. Di Eman, l'Ezraita.
Signore, Dio della mia salvezza, davanti a te grido giorno e notte.
Giunga fino a te la mia preghiera, tendi l'orecchio alla mia supplica.
Io sono sazio di sventure, la mia vita è sull'orlo degli inferi.
Sono annoverato fra quelli che scendono nella fossa, sono come un uomo ormai senza forze.
Sono libero, ma tra i morti, come gli uccisi stesi nel sepolcro, dei quali non conservi più il ricordo, recisi dalla tua mano.
Mi hai gettato nella fossa più profonda, negli abissi tenebrosi.
Pesa su di me il tuo furore e mi opprimi con tutti i tuoi flutti.
Hai allontanato da me i miei compagni, mi hai reso per loro un orrore. Sono prigioniero senza scampo,
si consumano i miei occhi nel patire. Tutto il giorno ti chiamo, Signore, verso di te protendo le mie mani.
Compi forse prodigi per i morti? O si alzano le ombre a darti lode?
Si narra forse la tua bontà nel sepolcro, la tua fedeltà nel regno della morte?
Si conoscono forse nelle tenebre i tuoi prodigi, la tua giustizia nella terra dell'oblio?
Ma io, Signore, a te grido aiuto e al mattino viene incontro a te la mia preghiera.
Perché, Signore, mi respingi? Perché mi nascondi il tuo volto?
Sin dall'infanzia sono povero e vicino alla morte, sfinito sotto il peso dei tuoi terrori.
Sopra di me è passata la tua collera, i tuoi spaventi mi hanno annientato,
mi circondano come acqua tutto il giorno, tutti insieme mi avvolgono.
Hai allontanato da me amici e conoscenti, mi fanno compagnia soltanto le tenebre.
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