| (Testo CEI2008) 13 Critica al culto della natura
Davvero vani per natura tutti gli uomini che vivevano nell'ignoranza di Dio, e dai beni visibili non furono capaci di riconoscere colui che è, né, esaminandone le opere, riconobbero l'artefice.
Ma o il fuoco o il vento o l'aria veloce, la volta stellata o l'acqua impetuosa o le luci del cielo essi considerarono come dèi, reggitori del mondo.
Se, affascinati dalla loro bellezza, li hanno presi per dèi, pensino quanto è superiore il loro sovrano, perché li ha creati colui che è principio e autore della bellezza.
Se sono colpiti da stupore per la loro potenza ed energia, pensino da ciò quanto è più potente colui che li ha formati.
Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore.
Tuttavia per costoro leggero è il rimprovero, perché essi facilmente s'ingannano cercando Dio e volendolo trovare.
Vivendo in mezzo alle sue opere, ricercano con cura e si lasciano prendere dall'apparenza perché le cose viste sono belle.
Neppure costoro però sono scusabili,
perché, se sono riusciti a conoscere tanto da poter esplorare il mondo, come mai non ne hanno trovato più facilmente il sovrano?
Critica al culto degli idoli
Infelici anche coloro le cui speranze sono in cose morte e che chiamarono dèi le opere di mani d'uomo, oro e argento, lavorati con arte, e immagini di animali, oppure una pietra inutile, opera di mano antica.
Ecco un falegname: dopo aver segato un albero maneggevole, ha tagliato facilmente tutta la corteccia intorno e, avendolo lavorato abilmente, ha preparato un oggetto utile alle necessità della vita;
raccolti poi gli avanzi del suo lavoro, li consuma per prepararsi il cibo e saziarsi.
Quanto avanza ancora, buono proprio a nulla, legno contorto e pieno di nodi, lo prende e lo scolpisce per occupare il tempo libero; con l'abilità dei momenti di riposo gli dà una forma, lo fa simile a un'immagine umana
oppure a quella di un animale spregevole. Lo vernicia con minio, ne colora di rosso la superficie e ricopre con la vernice ogni sua macchia;
quindi, preparatagli una degna dimora, lo colloca sul muro, fissandolo con un chiodo.
Provvede perché non cada, ben sapendo che non è in grado di aiutarsi da sé; infatti è solo un'immagine e ha bisogno di aiuto.
Quando prega per i suoi beni, per le nozze e per i figli, non si vergogna di parlare a quell'oggetto inanimato, e per la sua salute invoca un essere debole,
per la sua vita prega una cosa morta, per un aiuto supplica un essere inetto, per il suo viaggio uno che non può usare i suoi piedi;
per un guadagno, un lavoro e un successo negli affari, chiede abilità a uno che è il più inabile con le mani.
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