Omelia (10-06-2007)
don Marco Pratesi
L'oblazione di Melchisedech

La prima lettura di oggi rischia facilmente di essere trascurata, ma anch'essa ha da offrirci qualcosa.
Abramo è reduce da una spedizione vittoriosa. Suo nipote Lot era stato fatto prigioniero dagli uomini di una coalizione di quattro re, nella bassa valle del Giordano. Preso con sé un piccolo esercito di 318 uomini, Abramo ha sconfitto gli avversari e liberato Lot. A questo punto, al ritorno dalla vittoriosa impresa, si verifica il fatto raccontato nella lettura.
Un re alleato, o comunque amico, di nome Melchisedek, re di Salem (di solito identificata con Gerusalemme), "offre", oppure "tira fuori" pane e vino. Non è chiaro fino a che punto questa offerta sia un sacrificio a Dio, come la tradizione cristiana posteriore ha spesso ritenuto. Può trattarsi semplicemente di un essenziale pasto che Melchisedek offre come gesto di ospitalità ad Abramo e ai suoi uomini reduci dalla guerra. Esso tuttavia ha comunque un significato religioso, come mostra la doppia benedizione che il re amico - che è anche, cosa comune nel mondo antico, sacerdote - pronunzia. Abramo a sua volta gli consegna la decima parte del bottino di guerra, riconoscendo in tal modo la sua funzione sacerdotale.
Se la liturgia ci propone questa lettura nella festa del Corpo e Sangue di Cristo è perché si pone nel solco di una lunga tradizione, che vede nell'offerta di questo re-sacerdote cananeo, ricordata anche nel Canone romano ("l'oblazione pura e santa di Melchisedech, tuo sommo sacerdote"), un'anticipazione dell'Eucarestia.
In effetti, nella sua semplicità questo episodio presenta alcune analogie ricche di significato con quel mistero, e ci consente di comprendelo meglio.
Abbiamo visto che si tratta di un re-sacerdote che offre un pasto, benedice e riceve un'offerta.
Nell'Eucarestia l'attore principale è Cristo, re e sacerdote. Dotato di ogni potere in cielo e in terra, egli è anche il vero e unico mediatore tra Dio e l'uomo.
Nella Messa Cristo ci accoglie alla sua mensa, ci imbandisce un banchetto di pane e vino, siamo suoi ospiti: "Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici, il mio calice trabocca" (Sal 23,5).
Egli pronunzia una benedizione, che è discendente (da Dio sull'uomo) e ascendente (dall'uomo a Dio). Invoca e attira la benedizione di Dio su di noi; benedice e ringrazia Dio perché ci ha resi, nella sua Pasqua, vittoriosi su tutti gli ostili oppressori della nostra vita.
Riceve, infine, la nostra offerta. Nella Messa offriamo a Dio il frutto del nostro impegno e tutta la nostra vita, perché comprendiamo che il dono di Dio per noi chiede a sua volta di diventare in noi dono per Dio e i fratelli.
In tal modo, questo brano dall'apparenza dimessa ci ha offerto una efficace sintesi di quel grande movimento che fa e nutre la vita cristiana: il dinamismo eucaristico.

I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo.