Omelia (24-06-2007)
don Maurizio Prandi
Dio non è prigioniero delle consuetudini

Solennità importante quella che celebriamo oggi... tanto che prende il sopravvento sulla normale domenica del Tempo ordinario. Celebriamo una nascita allora, e la prima cosa che mi viene da dire è questa: va bene il Natale, la nascita di Gesù, oppure l'otto settembre, natività di Maria, ma perché celebrare anche la nascita del Battista con tale solennità? Perché è importante farne memoria? Mi do questa risposta: perché Giovanni è colui nel quale desiderio di Dio e desiderio degli uomini si incrociano. Giovanni raduna in sé tutta l'attesa della storia e bene lo capiamo dall'importanza che assume nella liturgia della parola del tempo di Avvento... il desiderio dell'uomo di incontrare Dio lo possiamo raccogliere nel Precursore. Non dunque soffocare i desideri dell'uomo. Se mai, ingigantirli. Non censurare le attese. Se mai, dilatarle. Non squalificare le vibrazioni del cuore umano. Se mai, leggerle, leggerle in profondità così che ognuno, con i ritmi che gli sono propri, possa scoprire che le sue attese più profonde trovano risposta e luce nel Signore Gesù. (don A. Casati)

Giovanni è il suo nome... Mi colpisce molto la cura con cui Luca sottolinea i nomi delle persone... mi colpisce molto l'importanza che viene data al nome... chiediamoci allora insieme che cosa significa avere un nome. Avere un nome significa avere una identità, essere qualcuno, ma questo è possibile solo se c'è qualcuno che ce lo riconosce perché nessuno si dà il nome da sé sono sempre gli altri a dirci veramente siamo, a consegnarci una identità. Per questo sono i genitori a scegliere il nostro nome, perché è un tutt'uno con il dono della vita. Spesso nel vangelo notiamo l'assenza del nome quando si parla di qualcuno... proprio qualche giorno fa durante il secondo campo scuola, insieme agli altri sacerdoti dicevamo questa cosa ai ragazzi parlando loro di Lazzaro e del ricco epulone: il ricco non ha nome perché ha lasciato che le cose potessero riempire la sua vita. Le cose, per quanto grandi, belle, speciali o tante, non possono darci una identità. La nostra vita, quando è solo piena di cose, è come una bellissima casa splendidamente arredata, magari pulita ed in ordine, ma disabitata: che tristezza! Noi non siamo fatti per le cose, ma per le relazioni. E non secondario a tutto questo i significati dei nomi: Zaccaria, ovvero Dio si ricorda; Elisabetta, il mio Dio è giuramento; Giovanni, Dio fa grazia.

Sempre riguardo al nome non può non colpire la nostra attenzione il fatto che la circoncisione qui passa in secondo piano... ciò che conta non è la circoncisione, bensì l'imposizione del nome; è importante perché è il nome indicato dall'angelo e non un nome determinato dalle consuetudini familiari è l'azione di Dio non è prigioniera delle consuetudini. Giovanni è un dono della misericordia di Dio e Dio vuole per lui un nome che ne dica l'identità e la missione, non un nome che semplicemente indica la parentela. (don D. Simonazzi)

Volevano chiamarlo con il nome di suo padre... ma sua madre intervenne... C'è una disputa sul nome da dare al bambino e in questa disputa è come se si confrontassero due modi di intendere la vita: quello di chi si limita a constatare i fatti, in questo caso gioiosi, che accadono e quello invece che ha scoperto che la vita e la storia degli uomini sono guidate da Dio. In questo senso è molto importante che Zaccaria dia la conferma che il nome è quella stabilito da Dio... non è obbedienza cieca, accettazione passiva, ma adesione responsabile al progetto di Dio, è far proprio il suo disegno. Zaccaria ed Elisabetta possono fare questo perché sono dei poveri... la vita stessa li ha resi poveri, umili; in questo senso sono anche persone molto libere in quanto non hanno nulla da difendere, non hanno una immagine da difendere, nessuno su cui contare se non Dio. C'è un'ultima cosa secondo me bella proprio su questo: Elisabetta e Zaccaria, chiamando Giovanni il loro figlio, è come se interrompessero una parentela... non c'è continuità con la parentela degli uomini perché Dio chiama Giovanni a vivere un qualcosa di nuovo. Nella misura in cui riconosciamo la nostra vita all'interno di una chiamata divina, non solo nel Battista Dio fa grazia, ma in ogni persona. Ogni persona può dare origine a dei legami non di parentela ma di misericordia.