Omelia (10-07-2007) |
mons. Vincenzo Paglia |
Con questo brano si chiude la seconda sezione della chiamata di Matteo, quella dei miracoli. Gesù non parlava solamente di una vita nuova, operava perché si istaurasse in mezzo agli uomini: ecco il senso dei miracoli. E non cessava di parlare e di operare miracoli. E' la via obbligata della stessa comunità cristiana. Matteo scrive che uscito dalla casa del capo della sinagoga Gesù venne seguito da due ciechi. Solo alla fine del cammino i due rivolgono a Gesù una preghiera: "Abbi pietà di noi!" E' la stessa preghiera che tanto spesso leggiamo nei Vangeli. E la Chiesa, madre sapiente, la pone in bocca ai discepoli all'inizio di ogni liturgia eucaristica: "Signore, pietà!" Gesù accoglie i due ciechi, parla con loro, e alla fine li guarisce. Ha appena terminato, che subito gli portano un muto. E Gesù ridona a quest'uomo la parola. Davvero è il compassionevole, l'unico che sa commuoversi sulle folle di questo mondo, l'unico che pensa anzitutto a loro e non ai propri interessi personali. Accorrevano da ogni parte per chiedergli aiuto e Gesù non voleva mandare indietro nessuno senza averlo ascoltato, aiutato e confortato. Ma il numero di coloro che si recavano da lui era ormai così grande da non riuscire più ad ascoltarli e ad aiutarli tutti. Per questo Gesù dice: "la messe è molta, ma gli operai sono pochi!" Per Gesù non c'è anzitutto il rapporto con la massa, con le folle, che pure vediamo di frequente nei Vangeli; quel che conta, e quel che davvero serve, è il rapporto personale, il contatto tra persona e persona. E invita a pregare perché cresca il numero degli operai. La compassione è la via della missione. |