Omelia (09-02-2003) |
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V domenica del Tempo Ordinario Trama La presenza di Giobbe, quella di San Paolo, quella della suocera di Pietro e di tutti gli ammalati che vengono portati davanti alla porta della casa di Pietro, vogliono essere un messaggio significativo per noi che leggiamo e meditiamo, come comunità cristiana, questi passi della Parola di Dio. La trama dei passi forse consiste in una riscoperta della malattia come luogo privilegiato della presenza e della conoscenza di Gesù. Affidiamoci alla... PAROLA... maestra di vita. Gesù si trova nella casa di Simone, ambiente familiare, dove si vive una situazione di enorme disagio: una donna (la suocera) è affetta dalla febbre. Noi oggi possiamo anche pensare (in base ai gli sviluppi della scienza medica) che era una cosa da niente; ma le descrizione offerta da Marco, ci invita a riflettere che la donna si trovava in un grave stato di salute, infatti il termine usato per la malattia è "katakeimai", che esprime un pericolo mortale. La donna non è più in grado di comunicare, le mancano le relazioni con l'esterno e con le altre persone, la malattia le impedisce di essere se stessa. In base a tutto ciò si comprende l'intervento di Gesù, che diventa un insegnamento ed un impegno per tutti gli uomini. Nell'atteggiamento di Gesù dobbiamo vedere l'atteggiamento dell'uomo, che di fronte alla malattia non si deve allontanare, ma deve diventare il foriero di un messaggio di speranza e di amore. Gesù che tende la mano alla suocera di Pietro, diventa il segno di una "levata", ma nella nostra sofferenza quotidiana esprime la certezza che dopo la morte ci sarà un'altra vita. Forse consiste proprio in questo la differenza tra il cristiano e il cosiddetto "ateo". Se non portiamo tale certezza ci presentiamo agli altri come uomini senza speranza. Gesù invece è venuto ad aprire la porta di questa virtù. L'effetto immediato, dopo il miracolo, è il servizio. Naturalmente, nel vangelo, ci si riferisce ad un servizio di mensa. In ogni caso va fatta una lettura più approfondita; non è solo un gesto di gratitudine, ma più che altro è l'espressione di colui che ha ricevuto ed adesso è pronto ad offrire la sua vita, le sue energie e tutto se stesso, perché solo in questo modo si riesce a comprendere la vita come dono. Mai come in questo caso viene fuori che una vita "restituita" deve essere una vita "donata". L'uomo si realizza quando è in grado di donare se stesso, cioè quando è ristabilito, grazie a Gesù, alle sue piene funzioni: cioè quando è un "essere in relazione". La seconda parte del brano evangelico ci interroga non solo sul concetto delle guarigioni, ma soprattutto su quello della "conoscenza": "ma non permetteva che i demoni parlassero, perché lo conoscevano bene", vale a dire "sapevano che era il Cristo". In questo versetto si nasconde una ricchezza di enorme portata: Gesù preferisce che gli uomini siano in grado di dare una lettura dei segni che accadono quotidianamente sotto i nostri occhi compiendo un cammino di fede. Questo cammino si snoda attraverso circostanze di piacere e dispiacere, cose belle e brutte, gratificanti e non. Proprio queste situazioni sono il luogo privilegiato ed ideale per conoscere la vera identità del "Messia". Non dimentichiamo che la comprensione definitiva e totale della persona di Gesù avviene sotto la croce, nel momento di massima prova umanamente parlando, quando tutto sembra andare verso la perdizione. Proprio nella sofferenza atroce, nel baratro più profondo della natura umana, la fede diventa la risposta ideale per la conoscenza di Gesù. Avere fede non significa fare "pubblicità", ma, al contrario, esprime quella sete profonda di conoscenza del Cristo che si concretizza in delle scelte ben definite, sentite ed oculate. Allora, oggi, chiediamo al Signore Gesù di liberaci da tutto quel marciume spirituale che ci portiamo dentro, da tutte quelle malattie che ci impediscono una piena realizzazione di noi stessi, e che non ci offrono le condizioni ideali per fare un pieno cammino di fede, e diventano un serio ostacolo nel seguire i passi di chi si è incamminato verso la morte per farsi conoscere dagli uomini. |