Omelia (16-02-2003) |
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Omelia della VI Domenica del T.O. La lebbra, tra tutte le malattie, è quella che fa più ribrezzo e che ispira perfino terrore. Ma c'è di peggio, ed è la lebbra del peccato. Perché? E come guarirla? E come diffonderne il rimedio? - La lebbra del peccato. La lebbra materiale tocca solo il corpo, il peccato insudicia l'anima, penetra in profondità, ne inaridisce le sorgenti vitali, la separa dalla comunità dei viventi e la relega tra "gli impuri". Questo è il peccato nell'ottica della fede. Lebbra sono le ingiustizie di cui ci rendiamo colpevoli, i rancori tenaci, gli egoismi avvilenti, le compiacenze più o meno manifeste per tutto ciò che gonfia il nostro amor proprio. - Come guarire? Ricorrendo a Cristo. Non si è fatto forse uno di noi per guarirci e per salvarci? Non è per noi che è divenuto "simile a un lebbroso?", avendo preso su di sé tutti i nostri peccati? A questo prezzo ha impetrato dal Padre perdono e guarigione. E ha messo questa purificazione, questo rimedio meraviglioso alla portata di tutti per mezzo del sacramento: "Va' e mostrati al sacerdote!", egli dice anche a noi. - E da parte nostra, come divenire gli artefici, gli operatori di questa guarigione? La lebbra è contagiosa, e anche la lebbra del peccato si diffonde col cattivo esempio e con lo scandalo. Ma anche la guarigione si può diffondere. Basta che gli altri, vedendo la gioia che si irradia da un peccatore purificato, incoraggiati dalla sua carità premurosa, sostenuti dalla sua preghiera, capiscano che il Signore li ama. |