Omelia (04-08-2007)
Monaci Benedettini Silvestrini
"La legge morale in me e il cielo stellato sopra di me" (I. Kant)

Il brano del Levitico è stato più volte ascoltato qualche anno fa durante l'anno del Giubileo, ma forse più come fatto fondante di un evento che celebravamo, il Giubileo appunto, che come esperienza liberante pur nella minuziosa elencazione dei precetti e delle norme. Ancora una volta vediamo che in Dio gli opposti coincidono, infatti la legge che egli dona, ben al di là dal coartare è liberante, propone la giustizia sociale, la distribuzione equa delle ricchezze, è la garanzia del rispetto dell'uomo chiunque egli sia. Nel Vangelo appare un'altra "autorità", quella di Erode e quanto sia meschina è sotto gli occhi di tutti. La prevaricazione, l'utilizzare il potere per assecondare i propri fini sono i metodi che questo re usa. L'ingiustizia diviene legge e la vita dei suoi sudditi un giocattolo nelle sue mani. Il cristiano da buon scriba del regno "estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche" (cf Mt 13, 52): il rispetto del prossimo, il mettere l'uomo e il suo benessere al primo posto sono valori che non ricaviamo solo dal Vangelo, ma ne parla tutta la storia della salvezza. È un codice di comportamento, però, valido per tutti e non solo per i credenti. Ci sono realtà infatti che in quanto uomini ci uniscono al di là delle differenze culturali, di razza o di religione. È intorno a questo patrimonio comune che, quanti sentono più forte l'impegno di costruire un mondo migliore, devono trovare un punto di incontro e lavorare per l'affermazione di quei valori che propugnano una diversa convivenza tra gli uomini. Non è forse anche questo piccolo seme diffusione del Regno di Dio? E il credere in tali realtà è senz'altro affermare che c'è una legge divina inscritta dentro di noi e che emerge al di là dell'appartenenza ad un determinato credo.