Omelia (24-08-2007) |
mons. Vincenzo Paglia |
L'amore verso Dio e verso il prossimo è come il perno attorno al quale ruota "tutta la Legge e i Profeti". E' quel che risponde Gesù ad alcuni farisei che gli chiedevano quale fosse il più grande comandamento della legge. Le correnti religiose dell'ebraismo avevano codificato 613 precetti, di cui 365 negativi e 248 positivi. Era una mole di disposizioni, anche se non tutte dello stesso valore. Era chiaro però quale fosse il primo: "Ascolta, o Israele: il Signore è nostro Dio, il Signore è solo uno. Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore" (Dt 6,4-'5). Come pure era noto il precetto di amare il prossimo. L'originalità evangelica non sta nel fatto di ricordarli ambedue, ma nel collegarli così strettamente al punto da unificarli. Il comandamento riguardante l'amore del prossimo è assimilato al primo e massimo comandamento sull'amore integro e totale a Dio, in quanto appartiene alla stessa categoria di principio unificante e fondamentale. La strada per arrivare a Dio incrocia necessariamente quella che porta agli uomini. E, ovviamente, a quegli uomini che maggiormente debbono essere difesi perché più deboli. Difendendo loro, si difende Dio. Giovanni, l'evangelista, arriva adire che "noi siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli" (1Gv 3,14). Non solo. Dio non sembra neppure mettersi in concorrenza con l'amore per gli uomini; in certo senso non insiste sulla reciprocità dell'amore (è ovvio che deve esserci). Gesù, infatti non chiede: "Amatemi, come io vi ho amati", ma: "Amatevi allo stesso modo con cui io vi ho amati". Ed è questo che lo mette al di sopra di Davide perché lo pone sul piano di Dio stesso. Quel titolo, che pure risuona varie volte nei Vangeli, ci porta a comprendere il cuore divino di Gesù. |