Omelia (01-11-2007) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Uomini che ci spronano 1."Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello" Con questa immagine il libro dell'Apocalisse indica coloro che si sono resi partecipi del sacrificio espiativo di Cristo, Agnello senza macchia e che adesso formano la moltitudine immensa che, avvolta in candide vesti, loda il Signore della gloria. Si tratta di coloro che hanno raggiunto la visione eterna di Dio dopo aver attraversato il tempo della prova lottando costantemente contro le continue avversità della storia, animati dal coraggio e dalla solerzia che proveniva loro dallo stesso Signore. Noi oggi li identifichiamo come "i Santi." Attenzione però: se vogliamo essere obiettivi la parola "santo" nel cristianesimo originario si attribuiva non a uno specifico perssonaggio, ma al cristiano comunemente inteso; San Paolo riferisce in alcune lettere i saluti ai fratelli da parte dei Santi, ossia dei credenti in Cristo che si erano immedesimati a lui per mezzo del battestimo e adesso impegnati nella sequela del Signore nell'ambito della loro comunità (Fil 4, 22); nella Lettera agli Ebrei si inviano saluti a tutti i capi della comunità e a tutti i santi e questo indica come il santo fosse in realtà colui che era stato consacrato e santificato mediante il sacramento del battesimo. Solo successivamente si pervenne all'attribuzione del titolo ai martiri, quindi al raggruppamento delle persone da venerare come Dottori e Pastori quindi ai Santi che oggi noi conosciamo e veneriamo ossia uomini e donne particolarmente meritorie di devozione e di ammirazione; ad essi si rende culto singolare durante il corso dell'anno mentre oggi la Chiesa li venera nel loro insieme, riconoscnedo in essi il patrimonio delle virtù e della perfezione che edifica l'intero corpo ecclesiale soprattutto perché scaturente da Cristo. Voluta dal papa Gregorio IV negli anni 800, la nostra solennità ci rammenta infatti l'eroismo e la costanza di coloro che hanno reso testimononianza di Cristo nella loro vita, apportando sempre l'attualità del vangelo lungo il protrarsi delle epoche, ciascuno secondo un particolare carisma o una caratteristica specifica che scaturisce sempre dalla Parola di Dio; tutti i Santi nel loro insieme costituiscono per ciè stesso un monito per noi alla sequela sempre più spedita e costante dello stesso Cristo nella semplicità e nella quotidianità della nostra vita, giacché le loro virtù non solamente vanno ammirate e contemplate ma anche emulate e noi possiamo con il loro sprone essere sempre più imitatori di Cristo per l'edificazione del Regno di Dio su questa terra. Il Santo insomma è un ausilio di Dio a che noi ci sforziamo di essere quanto più conformi al Cristo e di seguire sempre le sue orme: certamente l'esempio dello stesso Signore Gesù e il suo stesso intervento di grazia nei nostri confronti è già sufficiente perché noi raggiungiamo la perfezio ne, tuttavia Dio ha voluto collocare nella nostra storia uomini come questi, che, ciascuno nel suo ambito e nella sua epica, e secondo una specifica tipologia, sono serviti da referente e modello di vita e di perfezione cristiana. Ragion per cui venerare i Santi nel solo culto delle icone è molto riduttivo; anzi, rischia di diventare idolatrico quando la nostra devozione non accresce in noi il desiderio delle virtù di Cristo e quando in linea generale il Santo non ci inculca amore verso Dio e verso la sua Parola. Il fatto che il termine "santo" fosse inizialmente attribuito a tutti i cristiani non è infatti contraddittorio alla prassi odierna della venerazione: la Chiesa Conciliare nel documento Lumen Gentium ci rammenta infatti che tutti quanti noi siamo chiamati a realizzare nella nostra vita il progetto della santità, aiutati dalla continua grazia di Cristo, dall'ausilio della preghiera, dei sacramenti, della Parola di Dio e dalla nostra perseverante attitudine all'imitazione del Cristo e alla messa in pratica del suo vangelo e la presenza di personaggi illustri che oggi arricchiscono la nostra agiografia deve incentivarci in questa universale vocazione che accomuna tutti i credenti: essere Santi, cioè perfetti come Perfetto è il Padre nostro che è nei cieli. E' innegabile che quello della santità sia un cammino irto e difficoltoso, poiché esso conosce ostacoli e devianze dovute alla fragilità della natura umana di cui approfitta il maligno nella sua tentazione e non di rado imperversa il peccato concomitante con la nostra volontà di perfezione: il progresso spirituale non si esaurirà mai una volta per tutte ma ci impegnerà sempre per tutta la vita in un crescendo di lotte e combattimenti spirituali. Ciò nondimeno i suddetti strumenti di grazia e l'esempio di numerose persone che non erano in vita naturamente differenti da noi e che mostravano le medesime limitaizioni di umanità eppure sono pervenuti alla perfezione evangelica non possono che incuterci fiducia e coraggio affinché la santità sia una caratteristica portante della nostra vita. Il brano di Vangelo odierno, apparentemente poco consono alla tematica liturgica che ci sta intrattenendo, ci delinea un itinerario di perfezione umana che abbraccia tutte le tappe della nostra vita interessando ogni situazione e non omettendo di considerare le sfide a cui ogni giorno siamo soggetti: ciascuna delle beatitudini che vengono proferite da Gesù (Secondo Matteo in cima a una montagna, secondo Luca in pianura) prevede infatti una promessa che consegue ad un impegno e delinea anche la lotta che si deve sostenere per poterla applicare: "Beati i poveri in spirito, perché dovranno soffrire le privazioni e le discriminazione di questo mondo, ma loro sono i privilegiati di Dio; beati loro se sapranno semprre mantenersi fedeli nella loro povertà"... dalla prima beatitudine scaturiscono (così affermano gli esegeti) tutte le altre in una simbiosi armonica che realizza l'uomo nel sociale garantendo il raggiungimento della santità ossia della configurazione a Cristo e l'ottenimento delle virtù. Essere santi, oltre che un'esortazione che ci rivolge la Chiesa conciliare, è anche un'esigenza fondamentale che avverte la nostra società che vuole essere incoraggiata non da elucubrazioni astratte e da discorsi ampollosi che scaturiscono dai pulpiti o dalle tavole delle conferenze, ma da concreti modelli di vita che manifestino come l'ideale delle virtù e dei valori sia in realtà applicabile e non costituisca affatto astrattismo, per cui il vivere le beatitudini secondo la modalità espressa dal Vangelo caratterizza che si formino delle persone realmente attestanti determinate cose in cui si crede e che possono edificare il mondo. L'esmpio di questi uomini illustri per santità di vita non può allora che scuotere la sensibilità di questo mondo malato di perversione e di cattiveria e se solo si aspirasse davvero a raggiungere un certo stile di vita in esso sarebbe possibile un rinnovamento non indifferente. |