Omelia (10-10-2007)
mons. Vincenzo Paglia


Dai racconti evangelici emerge con estrema chiarezza che la preghiera è una dimensione essenziale nella vita di Gesù. Più volte si narra di Gesù che si ritira in preghiera in luoghi appartati, e spesso di notte. Era per i discepoli una esperienza del tutto singolare. Essi con attenzione osservavano il loro maestro pregare. Luca racconta che al termine di uno di questi momenti di preghiera di Gesù un discepolo gli chiede: "Signore, insegnaci a pregare". È una domanda bella che dobbiamo fare anche nostra. Abbiamo, infatti, bisogno di apprendere a pregare, e a pregare come pregava Gesù, con la stessa fiducia e la stessa confidenza che egli aveva verso il Padre. Gesù si rivolgeva al Padre, appunto, come Figlio, qual egli era. E così vuole che facciano anche i suoi discepoli. La prima parola che egli mette sulle loro labbra è "abba", il tenero appellativo con cui i bambini si rivolgevano al padre. Subito chiarisce che si tratta di un Padre che è comune a tutti noi, un Padre "nostro", appunto. Nella preghiera la prima attitudine richiesta è riconoscersi figli, bambini che si affidano totalmente al Padre comune. Seguono, quindi, le parole di lode a Dio perché il suo nome sia lodato e il suo regno venga presto tra gli uomini; e poi Gesù ci fa' chiedere il pane per la vita quotidiana ed anche il perdono vicendevole: pane e perdono, due dimensioni essenziali per la nostra vita.