Omelia (27-10-2007) |
mons. Vincenzo Paglia |
Gesù ha appena finito di parlare alla folla e alcuni gli vengono a riferire di una strage ordinata da Pilato contro alcuni giudei che forse avevano tentato una insurrezione. Questo episodio gli offre l'occasione per dire che il male che ci accade non è conseguenza diretta della nostra colpa. Gesù afferma che sarebbe errato ritenere che quei giudei fossero più colpevoli degli altri risparmiati. E per chiarire questo suo pensiero, aggiunge anche un altro episodio che somiglia più a un disastro naturale: i morti per il crollo della torre di Siloe. Non è Dio che manda il male o che permette i disastri e le stragi. Al contrario, Dio è in lotta contro il male sin dall'inizio, sin da quando appare nella storia degli uomini. E chiede a tutti gli uomini, e ai discepoli del Vangelo in particolare, di coinvolgersi in questa dura battaglia contro la cattiveria e contro il principe del male. Di qui l'appello alla conversione, ossia ad aderire al Vangelo con tutto il cuore e con tutte le forze, per essere accanto a Gesù che è venuto nel mondo per sconfiggere il male e portare liberazione e salvezza. È una piccola parabola che mostra il valore della intercessione. Tante volte ci scontriamo con situazioni che appaiono difficili da cambiare o che nonostante tutti i nostri sforzi restano più o meno identiche a se stesse. Somigliano a quel fico di cui parla il Vangelo che non porta frutto. Il padrone del fico, per tre anni, ha cercato di raccogliere i frutti, ma non ne ha mai trovati. Spazientito, va dal vignaiolo perché lo tagli in modo che non sfrutti invano il terreno. È l'impazienza da piccoli padroni che tante volte può prenderci sino a renderci privi di amore e di comprensione. Ma il vignaiolo chiede al padrone che lo lasci ancora vangare e concimare il terreno; è certo che l'albero di fico porterà frutto. Il Signore ci chiede di avere una saggia pazienza, ossia di continuare a stare accanto a quel fico, di circondarlo di premure perché giunga a suo tempo a portare frutto. Dobbiamo apprendere da Dio la sua pazienza che sa sperare su tutti, che non spegne il lucignolo fumigante, che accompagna e cura chi è debole perché si rafforzi e anche lui possa dare un contributo d'amore. |