Omelia (09-03-2003) |
mons. Antonio Riboldi |
E' Quaresima... 'un deserto necessario' Abbiamo iniziato questo periodo di Quaresima in modo davvero eccezionale, cercando di cambiare la rotta della storia che la follia degli uomini vorrebbe condurre ad una immensa catastrofe. Mercoledì delle Ceneri, dietro invito del S. Padre, ci si è dato come appuntamento per le due "mani", che hanno efficacia quando si alzano al Dio della storia al Padre che conosce amore e perdono. Certamente tutti abbiamo coscienza che il mondo, così com'è, non va e che il grande odio, che genera violenza, ha le sue radici a volte profonde, in un modo di interpretare vita e storia che non corrisponde alla nostra dignità di figli di Dio, creati per essere amati e per amare. Il pericolo di una catastrofe, aldilà delle conseguenze umane e materiali, che non è neppure possibile calcolare e la cui ombra nera, se davvero ci sarà la guerra, è destinata ad allungarsi a lungo sulla nostra storia, ci chiamerebbe a non prevedibili "digiuni", capaci di modificare quel ritmo di vita che non avrà più la "poesia delle cose celesti", sostituendola con la danza infernale del male, che nulla ha a che vedere con la santità, gioia di paradiso, o con la bellezza dei valori morali, donatici come legge da Dio, che sono il vero arcobaleno della pace. La Quaresima non può solo indicare il tempo che ci separa dalla Pasqua, ossia un tempo normale, in cui io, voi, continuiamo un genere di vita che non è quello giusto, né agli occhi di Dio, né ai nostri occhi. Un tempo la Quaresima era - e deve esserlo tuttora - il tempo "santo", che segnava il ritorno dei peccatori alla novità di vita della Pasqua: un tempo in cui, deposti gli stracci immondi del vizio, si indossavano, come per il figlio prodigo, le vesti immacolate della conversione e della riconciliazione. Si digiunava tutta la Quaresima, come a colmare il vuoto di amore creato, dai nostri peccati, per riempirlo della misericordia del Padre. E vicino al digiuno c'era il cosiddetto "quaresimale", ossia il tempo della proclamazione della Parola di Dio e della preghiera intensa. Era insomma un tempo "diverso", che mirava a ritrovare la via santa verso Dio, uscendo da una concezione di peccato, che, a volte, forse senza neppure dargli peso, era o è diventato "stile di vita", che è un camminare non solo lontani da Dio e quindi dalla verità della nostra vita, ma quello che è peggio, come se Dio non esistesse, quasi rifiutandolo, come fecero i nostri progenitori, per avere satana come "dio". E i cattivi tempi, che sono la nostra sofferenza, sono i "tempi di satana". L'uomo moderno, affermava Paolo VI, in questa prima domenica di Quaresima, del 7 marzo 1965 - si adatta ad ogni cosa; è capace di farsi l'avvocato di cose cattive, pur di sostenere la libertà del proprio piacimento, senza alcuna preclusione nei confronti del male: una libertà indiscriminata per ciò che è illecito. Si finisce così per autorizzare tutte le espressioni della vita inferiore; l'istinto prende il sopravvento sulla ragione: l'interesse sul dovere; il vantaggio personale sul benessere comune. L'egoismo diviene perciò sovrano nella vita dell'individuo e di quella sociale. Perché? Perché si è dimenticato ciò che è bene e ciò che è male. Non si conosce più la norma assoluta per tale distinzione, vale a dire la legge di Dio. Chi non tiene più conto della legge del Signore, dei suoi comandamenti e dei suoi precetti e non li sente più riflessi della propria coscienza, vive in una grande confusione e diventa nemico di se stesso. E' innegabile infatti che tanti malanni nostri sono procurati dalle nostre stesse mani, dalla sciocca cattiveria, ostinata nel ricercare non quello che giova, ma quello che è nocivo all'esistenza. Bisogna dunque rinnovare, rinvigorire la nostra capacità di giudicare, di discernere il bene dal male. Una "parola" che torna di grande attualità. Occorre rivedere ciò che siamo, ciò che facciamo, cosa conta per noi nella vita, qual è il bene che merita tale nome e qual è invece il male che ci fa dannare. C'è una bellezza del cuore che Dio ci ha donato nel Battesimo. Ma la "cattiveria della nostra vita", progredendo negli anni, lentamente ha coperto i meravigliosi affreschi che Dio aveva tratteggiati, mettendo i nostri disegni, che, se li fissiamo bene con gli occhi dell'amore del bene e della santità, sono davvero mostruosi sgorbi. La Santa Quaresima è il tempo in cui Dio, con la preghiera e la Parola, ci aiuta a "scrostare le pareti", togliendo i nostri mostruosi disegni e facendo riapparire quelli di Dio, quelli della felicità, della santità cui siamo chiamati. Ma ci vogliono due mezzi necessari: il deserto e la penitenza. E' quello che dice di Gesù il Vangelo di oggi: "In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e vi rimase quaranta giorni, tentato da satana, stava con le fiere e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea, predicando il Vangelo di Dio e diceva: il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al Vangelo" (Mc.1,12-15). E' possibile, se non doveroso, che i miei amici che mi seguono da tanto tempo, nel farsi guidare dalla Parola di Dio, possano vivere una Quaresima, facendo un poco di "deserto" nella programmazione della giornata, a volte convulsa, per ascoltare nel silenzio la Parola e farsi convertire da Dio? Magari rinunciando a un tempo dedicato alla televisione, che davvero può solo distrarre, quando non aumenta la nostra confusione interiore? O in altri modi? Ricordo che anni fa, volendo aiutare i miei fedeli a dedicare un momento di deserto con Gesù, composi un libricino, in cui ogni giorno vi era una riflessione sulla Parola di Dio, ascoltata la domenica. "Un tempo prezioso per ritrovare la luce: un boccone di pane celeste per ritrovare la salute dell'anima". Era intitolato: "Verso Pasqua". Lo leggevano i giovani, a volte portandolo con sé, dove andavano: lo si leggeva in famiglia. E faceva tanto bene. Era un fare deserto "insieme". Ne ho conservato qualche copia e posso inviarla a chi di voi è interessato a fare deserto con Gesù, richiedendomela. Ma quanto è davvero urgente e necessario, in questo tempo di grazie, ritrovare quella veste battesimale, che ci permetta di conoscere veramente noi stessi, ma soprattutto scorgere il Padre che sta sulla porta di "casa" attendendo il nostro ritorno. Se davvero gli uomini vogliono riscrivere una storia di civiltà, di amore, un modo in cui vengono spazzati via le ipocrisie di satana, è su questa conversione che dobbiamo impegnarci. L'altra via della Quaresima che è di aiuto alla prima, è: fare penitenza o digiuno. Ci fu un tempo, non lontano, quando ero piccolo, che la Quaresima era "tempo di digiuno, tranne la domenica". Credo che chi ha una certa età lo ricorda. Come ricorda quelle penitenze, che ciascuno si proponeva. Mia mamma si proponeva di non toccare dolci o frutta. Papà, cui non dispiaceva un buon bicchiere di vino o una sigaretta, si toglieva l'uno e l'altra. Ma, aldilà di questo, la Chiesa non ha inteso togliere il digiuno come un tempo. Ha lasciato a ciascuno di noi la fantasia dell'anima di trovare quanto, come "digiuno" appropriato, più giova alla conversione. E nello stesso tempo, il dare al digiuno una finalità di carità. C'è chi, per digiuno, intende togliersi il superfluo per aiutare qualche progetto "di vita tra i più poveri" de sono davvero le mani, che si alzano verso di noi, per avere, non le briciole che cadono per terra, ma quello che Gesù chiama "il superfluo". E ce n'è tanto di superfluo da noi, che basterebbe a riempire le tavole dei poveri. Non c'è giorno che la posta non mi doni urgenti domande di aiuto. E' sempre per me come donare speranza, fare conoscere la gioia della Pasqua, quando posso accontentare qualcuno. Questa è la Pasqua che i poveri e Gesù attendono. Una Pasqua che ci educa alla solidarietà. Digiunare diventa allora creare ampi spazi di carità e quindi di speranza. A TUTTI: "Buona Quaresima!" |