Omelia (02-11-2007) |
mons. Ilvo Corniglia |
Nel prolungamento della festa di tutti i Santi, oggi la Chiesa col suo amore materno abbraccia tutti i morti della storia, e in particolare i fedeli defunti, affidandoli alla misericordia del Padre. I testi biblici della celebrazione odierna (è consentita ampia libertà di scelta) intendono nutrire e ravvivare la nostra esperienza di fede, di speranza, di carità di fronte alla morte e nel rapporto con i defunti. Senza dubbio la morte è una tragedia senza proporzioni sia per chi parte sia per chi rimane. La parola del Signore, però, ci rivela anche un altro volto della morte, il volto di una...sorella (cfr. S. Francesco). Ci assicura infatti che la morte non è il naufragio senza scampo di un'esistenza, la disfatta totale di una persona, che precipita in un baratro senza fondo perdendosi nel nulla. Non è il male assoluto dell'uomo. Ma è il varco attraverso il quale una persona passa da una forma di esistenza, che ci è abbastanza nota, a un'altra forma inedita, nuova, immensamente superiore alla presente. E' come passare da una stanza buia a un'altra stanza piena di luce (cfr. "Splenda ad essi la luce perpetua", cioè Dio e il Cristo risorto). "La vita non è tolta, ma trasformata" (cfr. Prefazio): continua oltre la morte. Come un treno che imbocca un tunnel buio e dà l'impressione di inabissarsi lì dentro. Continua invece la sua corsa dall'altra parte in un'altra regione. Come una nave che vediamo allontanarsi dalla costa e rimpicciolirsi sempre di più fino a scomparire dall'orizzonte inghiottita dalle acque. Continua invece a viaggiare sotto altro cielo e in altro mare. Saremmo veramente miopi se pensassimo che la vastità dell'oceano si esaurisse nello specchio di mare che siamo abituati a contemplare. Questa vita che scorre al di là della morte, "vita eterna" (Mt 25, 46), per noi ancora in viaggio è una realtà sconosciuta. Ma chi ha oltrepassato la soglia della morte comincia a sperimentarla: indicibile sorpresa che l'amore di Dio prepara! E' proprio dell'amore fare delle sorprese. Non possiamo negare tale gioia all'Amore infinito, che è Dio. I contorni, sia pure sfocati, di tale sorpresa, che i defunti assaporano e che noi possiamo già vagamente intuire, vengono evocati dalle immagini suggestive contenute nei vari passi biblici di oggi. "Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio...Essi sono nella pace" (Sap 3, 1.3). Sono le mani più carezzevoli, è l'abbraccio più rassicurante che si possa sognare. "Non ci accorgiamo delle mani di Dio che ci raccolgono?" (P. Claudel). Il credente lo sa, ma non lo vede e non lo sente. Può succedere che durante la vita terrena un uomo non arrivi mai, per svariate ragioni, ad avvertire questa presenza del Padre. Ma con la morte si aprono gli occhi e si scopre la verità: eri già nelle mani di Colui che da sempre ti ha voluto e per sempre ti terrà con Sé; ma ora lo sperimenti con una gioia traboccante. Dove sono finiti i nostri defunti? Sono lì, in braccio a Dio, "nella pace". Quando preghiamo perché "riposino in pace", non chiediamo per loro l'incoscienza del sonno, ma la pienezza del rapporto filiale con Dio e della comunione fraterna: ecco la pace!. Ora assaporano tutta la verità e la dolcezza di quel "Beati!" che Gesù ci ha ripetuto nel Vangelo di ieri (un brano che la liturgia ripropone ancora oggi): "saranno consolati...saziati...vedranno Dio". Ora partecipano alla grande festa in cui Dio "eliminerà la morte per sempre...asciugherà le lacrime su ogni volto" (Is 25, 6-9). E' il trionfo della vita e della gioia. E' il viaggio terreno di una persona che si conclude con l'arrivo a casa: una porta si apre e si trova in famiglia, accolto da Dio e da una moltitudine in festa. "Per me morire significa andare a casa. Non è la fine, ma solo l'inizio. Quando moriamo andiamo a stare con Dio e con tutti quelli che abbiamo conosciuto e che se ne sono andati prima di noi: la nostra famiglia e i nostri amici saranno là ad aspettarci. Il Paradiso dev'essere un bel posto" (beata Madre Teresa di Calcutta). "La morte fa scivolare in Dio" (detto ebraico). E' il momento dell'incontro definitivo con Lui. Ogni uomo è nato per tale incontro: "il più fantastico incontro che sia possibile immaginare, quello con Dio Amore". Così l'Abbé Pierre, il quale dichiarava che, recitando l'Ave Maria aveva l'abitudine di cambiare le ultime parole "nell'ora della nostra morte" con "adesso e nell'ora del nostro incontro". La morte è allora la grande svolta, l'evento culminante della vita. "Il tramonto dell'esistenza, nella percezione cristiana, assume i contorni di un 'passaggio', di un ponte gettato dalla vita alla vita, tra la gioia fragile e insicura di questa terra e la gioia piena che il Signore riserva ai suoi servi fedeli: Entra nella gioia del tuo Signore! (Mt 25, 21)" (GPII, lettera agli anziani). Veramente c'è una buone notizia sulla morte: Colui che l'aveva accettata con un atto supremo d'amore l'ha vinta e il suo destino è riservato anche a noi. Ecco dove si fonda l'esperienza dei cristiani, coloro che vivono "nella fede del Signore risorto" e nella "beata speranza che insieme ai nostri fratelli defunti risorgeremo in Cristo a vita nuova" (liturgia odierna). E l'amore si attiva senza sosta. In effetti il legame coi defunti non viene spezzato dalla morte. Il rapporto non è interrotto, il dialogo continua. Chi arriva in Dio non abbandona i suoi cari. Rimane con una presenza invisibile, ma reale. I defunti non sono ricordi, ma persone concrete. Non sono gli amici di ieri, ma di oggi. - Coloro che vivono già al cospetto di Dio ci sono vicini, come Lui ci è vicino, e quindi in un rapporto molto più profondo di prima, in un'attenzione d'amore che supera enormemente l'amore che noi portiamo loro, perché essi ci guardano con gli occhi di Dio e ci amano col suo cuore. - Anche i defunti che si trovano ancora in uno stato di purificazione ci amano efficacemente, perché sono molto più vicini a Dio di noi. Ma ricevono anche il nostro aiuto. E' un commovente scambio di amore fraterno. In Dio che è Amore una corrente di vita e d'amore lega tutti i membri della famiglia: quelli già pienamente posseduti da Dio, quelli che si lasciano purificare da Lui nell'attesa ardente di incontrarlo, e quelli ancora pellegrini sulla terra. E' la mirabile realtà della "comunione dei santi". Le "fiamme" del "Purgatorio" non sono fisiche, ma simbolo dell'amore di Dio che avvolge e purifica. Il fedele che nel momento della morte non ha portato a termine il suo cammino di conversione, ma - pur essendo unito al Signore - conserva ancora vari attaccamenti, non è in grado di "vederlo" immediatamente. Allora Dio col suo amore lo purifica e lo affina preparandolo all'incontro perfetto con Lui. Una purificazione dolorosa. In che senso? La persona, libera ormai da ogni distrazione e condizionamento terreni, percepisce Dio come il Bene supremo verso il quale si sente attratta e protesa con tutto il suo essere. Ma avverte l'impossibilità di incontrarlo subito, dato il suo stato di imperfezione. E ciò le procura una sofferenza indescrivibile. Una sofferenza però piena di speranza e di gioia. Non è la sofferenza dell'inferno dove domina la disperazione di chi sa che non potrà mai raggiungere l'oggetto di tutti i suoi desideri. Il Purgatorio non è un "inferno" provvisorio. Sofferenza profonda anche e rimpianto struggente nel costatare che nella sua esistenza terrena troppe volte non ha corrisposto all'amore di Dio, ha sprecato i suoi doni e tante occasioni che gli venivano offerte per amare. L'amore dei Santi e anche il nostro possono concorrere efficacemente ad accelerare questo processo di purificazione, affrettando il momento del loro incontro col Signore. In che modo? Con la preghiera (specialmente la S. Messa) e le opere concrete di misericordia. E' questa una forma squisita di carità fraterna in favore dei defunti. Davanti al mistero della morte come mi pongo? Tento di rimuoverla dal mio pensiero? Oppure guardo ad essa con fiducia e anche con responsabilità? Come vivo il rapporto coi defunti e con la "vita eterna"? |