Omelia (16-03-2003)
Totustuus
Seconda Domenica di Quaresima

Nesso tra le letture
Il più grande atto di fede dell'Antico Testamento ci porta al più grande atto d'amore del Nuovo. Il gesto straordinario di Abramo, che è disposto a sacrificare suo figlio Isacco (prima lettura), è solo una vaga rappresentazione di ciò che anticipa: il sacrificio da parte di Dio del suo unico Figlio (seconda lettura). Sul Monte Tabor, Dio ha voluto rivelare ad alcuni apostoli la vera identità di Gesù, e lo ha fatto non solo perché la loro fede potesse sopravvivere alla tragedia della Passione, ma anche perché potessero capire quanto era profondo il suo amore per gli uomini (Vangelo).

Messaggio dottrinale
Padre... La liturgia di oggi è dominata da due rapporti padre-figlio, entrambi caratterizzati da un eroismo ineffabilmente grandioso. Ognuno dei due padri ama il proprio figlio come nessun altro. Abramo vive per Isacco; nei testi sacri si è voluto sottolineare l'amore profondo che prova per il ragazzo. Siamo di fronte ad un amore paterno ineguagliabile.

Quando Dio parla del suo amato Figlio - come sappiamo per fede e attraverso la teologia, che è "fede che cerca di capire" -, esprime un amore che supera ogni tipo di amore materno e paterno nella storia dell'universo. Ognuno dei due padri è pronto ad offrire il proprio figlio prediletto in sacrificio: Abramo per obbedienza e fede nei confronti di Dio, il cui mistero e i cui pensieri lo trascendono; Dio Padre per obbedienza al suo amore fedele per gli uomini; essendo lo stesso amore, anche questo è infinitamente più grande dell'amore umano, più profondo e più puro....e figlio.

Ognuno dei due figli prende liberamente su di sé il peso richiesto dal sacrificio e, anche se nessuno di loro potrebbe desiderare umanamente di essere la vittima ("Dov'è la vittima per il sacrificio?", "Padre, se è possibile allontana da me questo calice"), entrambi hanno fiducia nell'amore del padre, che mai potrebbe abbandonarli (i versetti della Genesi con questi particolari non figurano nella lettura di oggi).

Ognuno di loro è una vittima innocente, ma sappiamo che l'innocenza del secondo, l'Agnello di Dio, è completamente diversa; sappiamo che Egli accetta il Suo sacrificio essendo pienamente consapevole di ciò che Lo aspetta; che continuerà ad aver fiducia anche in una situazione in cui sembra che il Padre sia completamente assente e Lo abbia abbandonato. E come Pietro e i suoi compagni impareranno sul monte, Egli non è solo un figlio di Abramo, ma il Figlio unigenito dell'Onnipotente.

Per il nostro bene. Per Gesù, inoltre, non ci sarà una "commutazione della pena". Dio dice ad Abramo di sostituire Isacco con un ariete, ma Gesù è proprio l'Agnello con cui vengono sostituiti tutti i figli di Dio, cioè tutti noi. Obbligato soltanto dall'amore, "non ha risparmiato suo Figlio e lo ha sacrificato per il bene di tutti noi". Dopo una dimostrazione di questo tipo niente può essere considerato davvero generoso. Il fatto che Dio sacrifichi suo Figlio, che ama infinitamente, vuol dire che è infinito anche l'amore che prova per coloro a favore dei quali viene offerto il sacrificio. È questo ciò che viene dedotto da san Paolo, con tutte le "garanzie" che implica la sua interpretazione.

Catechesi: la Provvidenza e lo scandalo del male (272-73; 309-14); l'amore del Padre (cfr. la catechesi per la quarta domenica di Quaresima).

Suggerimenti pastorali
L'obbedienza della fede. A volte la fede deve piegarsi ad un'obbedienza senza comprensione. È stato certamente il caso di Abramo: cosa poteva fare di fronte all'ordine di Dio di sacrificare il figlio, anche se lo stesso Dio aveva promesso di renderlo padre di innumerevoli discendenti proprio attraverso Isacco? Obbedisce, ed è questo atteggiamento che permette a Dio di dimostrare il suo enorme amore. Cosa sarebbe successo se Abramo fosse stato come noi, e avesse preso la strada "logica", "ragionevole", se avesse preferito difendere i suoi "interessi personali e legittimi" anziché seguire gli "strani" disegni di Dio?

Dovremmo tutti provare a capire la nostra fede come meglio possiamo, ma la fede richiede innanzitutto l'obbedienza ai piani di Dio e alla Sua volontà, indipendentemente dalla nostra capacità di comprensione. Se facessimo soltanto ciò che per noi ha un senso, ognuno di noi sarebbe il proprio Dio personale.

L'amore vince il male. Una cosa che non possiamo mai riuscire a spiegarci completamente è l'esistenza del male nelle sue varie forme. Perché Dio permette certe cose? Perché rimane in silenzio di fronte alle ingiustizie che "gridano al cielo"? Come può permettere la sofferenza di così tanti innocenti? Non c'è una spiegazione per il male; l'intero mistero cristiano è una risposta al mistero del male (cfr. CCC 309), coronato da questa realtà incontrovertibile: "Dio non ha risparmiato il suo unico Figlio, ma l'ha sacrificato per noi".

Non sappiamo molto; sappiamo solo che Dio è per noi, e quindi non c'è nessuno né nessun potere in cielo o in terra capace di sconfiggerci. La conseguenza è che dobbiamo essere sicuri che alla fine l'amore prevarrà. La cosa migliore che possiamo fare per alleviare la sofferenza è diffondere amore intorno a noi. Un messaggio per i giovani: non bisogna implorare le briciole d'amore quando si è già amati da Dio in modo così totale.