Omelia (01-10-2006) |
don Maurizio Prandi |
La preghiera Colletta della festa di oggi chiede a Dio l'abbondanza della sua misericordia... la fonte della santificazione dell'uomo è la misericordia di Dio allora e oggi celebriamo la vittoria della bontà e della misericordia di Dio sul peccato dell'uomo, sulla debolezza dell'uomo. Le letture di oggi ci consentono di tenere ancorato il cielo alla terra facendoci contemplare i santi del cielo (prima lettura) e rivolgendosi anche a coloro che sono chiamati a diventare i santi della terra, i cristiani, dicendo che la via da seguire è quella del fissare la speranza in Gesù. E' proprio la speranza cristiana a sostenere la vivibilità della pagina di vangelo che abbiamo ascoltato. Pensavo che sarebbe bello poter collegare questa pagina di Vangelo ad alcuni esempi concreti di persone il più possibile vicino a noi per dare un poco di concretezza a quello che potremmo definire come l'esatto contrario di quello che normalmente accade. Si perché questa pagina, che è una delle più "stiracchiate" (nel senso di usate in ogni modo), del Vangelo non la vediamo poi realizzarsi... Non vedo le beatitudini realizzarsi nei cristiani, nei maestri di vita e di fede, non le vedo realizzarsi neanche in me. Gli afflitti restano afflitti, i miti restano degli illusi, i misericordiosi sono dei fessi, gli operatori di pace fanno solo bandiere, quelli che hanno fame e sete di giustizia vengono condannati, e quando si viene insultati a causa di Gesù si rimane soli! Perché tutto questo? Non so spiegarmelo. Non la vedo realizzarsi in me, non ci riesco. Mi fa tanto male sapere che la felicità che desidero tanto si realizza con questa logica al contrario. Io vedo che in questo mondo i beati sono altri, sono quelli che riescono a raggirare le leggi e la giustizia corrompendo, sono quelli che riescono a truffare lo stato non pagando le tasse, sono quelli che se ne fregano della pace e sono per la guerra, sono quelli che si vendicano anziché perdonare, sono quelli che sono lodati anziché insultati a causa di Gesù. Mi dico che forse non sono un uomo di speranza... quella delle beatitudini è un po' una scuola di speranza perché parla al presente e al futuro... dopo ogni beatitudine i verbi sono al futuro: saranno chiamati figli di Dio, troveranno misericordia, vedranno Dio, saranno saziati, erediteranno la terra, saranno consolati. Le beatitudini non predicano rassegnazione, ma suscitano una speranza, perché le situazioni di afflizione e persecuzione non hanno l'ultima parola, non chiudono l'uomo nel suo presente che può esser fatto di miseria, di debolezza, di fatica, di dramma quotidiano, ma lo aprono ad un futuro carico di luce... Mi sto rendendo conto che due cose sono al presente: poveri in spirito e perseguitati per causa della giustizia. Io non sono povero in spirito, purtroppo... non sono uno di quelli che ripone in Dio tutta la fiducia, sono uno che cerca anche appoggi umani perché poi, tutto sommato, ad avere i maggiori vantaggi è chi ripone la sua fiducia negli uomini e più potenti sono meglio è, più ammanicati sono meglio è... e, sinceramente, non sono neanche stato mai perseguitato per causa della giustizia. Alla fin fine, mi sono sempre fatto i fatto miei affari, ho anche cercato di addolcirmi il vangelo... forse ho bisogno di concretezza, di amici che mi facciano capire la bellezza delle beatitudini... accanto alla beatitudine dei poveri in spirito allora pongo il nome di una santa dei nostri posti, quello di Caterina Fieschi Adorno, nata dalla famiglia dei conti di Lavagna e chiavarese all'età di dodici anni. Dopo essere stata data in sposa dai genitori al nobile Giuliano Adorno nel 1473, decise di cambiare vita e si diede alla preghiera, al digiuno e alla carità verso il prossimo, soprattutto gli infermi e gli ammalati dell'ospedale di Genova... una donna nobile, di una famiglia potente che ripone la sua fiducia in Dio e lo serve nei più poveri e nei sofferenti. Cerca di far vivere loro un po' della consolazione promessa da Gesù: Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Ma non è l'unica della nostra terra... anche S. Agostino Roscelli, che è nato a Bargone, ha dedicato gran parte della sua vita alla cura dei neonati abbandonati, la cui unica promessa, nella vita, sembrava essere quella dell'abbandono da parte di chi li aveva messi al mondo. Sento che il Roscelli e S. Antonio Maria Gianelli sono stati affamati e assetati di giustizia, perché hanno cercato di restituire la dignità a tante donne e ragazze vittime di inganni e prepotenze costruendo per loro alcune case-laboratorio dove potessero essere seguite dalle loro suore. Ma c'è anche, tra i santi della nostra Diocesi, chi ha cercato di vivere la beatitudine della misericordia, distribuendo largamente, alle persone che li cercavano, il perdono di Dio, come il Beato Baldassarre da Chiavari, che nella prima metà del 1400 divenne frate minore e ritiratosi nei pressi di Pavia si dedicò interamente alla vita contemplativa e all'amministrazione del sacramento del perdono. Queste persone, così vicine a noi, ci dicono anzitutto che i santi sono nostri fratelli e sorelle in umanità e, come noi, sono segnati da fragilità e vulnerabilità: non sono dei senza peccato, ma dei credenti nella misericordia di Dio, che è più forte della loro debolezza... ostacolo alla santità non è la debolezza, ma il negarla. (E. Bianchi) |