Omelia (02-04-2006) |
don Daniele Muraro |
Il commento segue lo schema predisposto dall'autore per ogni anno liturgico, che potete trovare cliccando qui. Gesù e il successo: un accostamento non consueto. Alcuni Greci gli vogliono parlare: questo è indubitalmente un successo. I Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, riporta san Paolo nella Prima lettera ai Corinzi. Che a Gesù si rivolgano non solo dei malati per ottenere la guarigione, ma anche degli uomini di cultura per imparare qualcosa da lui potrebbe sembrare un notevole passo avanti. Per quattro volte si parla di gloria e glorificazione in questo Vangelo. Alla fine di questo brano Gesù profetizza: "Quando sarò elevato da terra, io attirerò tutti a me!" e la Voce dal Cielo poco prima lo aveva incoraggiato: "L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!". Interroghiamoci dunque su che cosa sia il successo. Per alcuni basta che succeda qualcosa che li riguardi per dire di avere successo. Non importa come si parla di loro, purché se ne parli. Evidentemente questo è il gradino più basso, da cui occorre distaccarsi al più presto ed elevarsi. Per altri il successo è qualcosa di incomprensibile legato alla fortuna cieca che senza merito premia alcuni e senza colpa punisce i restanti. I più ragionevoli riconoscono che ci può essere il merito senza successo, ma non c'è il successo senza qualche merito. Pretendere il successo senza un duro lavoro, è come voler raccogliere senza aver seminato. La disciplina e la perseveranza sono la madre del successo. Qualcuno ha notato che talvolta il margine tra successo ed insuccesso è semplicemente la volontà di fare lo sforzo in più, percorrere il chilometro in più, bussare ad una porta in più, sopportare la fatica in più. L'unico posto in cui 'successo' viene prima di 'sudore' è il dizionario. Però c'è gente che fa del successo una religione: la religione di una persona è ciò che più gli interessa, e la mia è il successo: ha detto una volta un tipo con una certa sfacciataggine. Il successo è figlio dell'audacia e se guardiamo i giornali sembra che nulla ottenga il successo degli ascolti come l'eccesso. Tuttavia non è tutto oro quello che luccica. Non è stato ancora inventato il successo senza invidia. E addirittura tutto in definitiva fallisce, perché moriamo, e questo è la parola fine su ogni desiderio di imporsi e di realizzare. Ecco allora che constatando gli insuccessi degli sforzi umani l'estrema sapienza sembra quella di accontentarsi. Meglio un cane vivo che un leone morto dice Qoèlet, figlio di Davide nel libro che porta il suo nome. Non conosco la chiave per il successo, dice un moderno, ma posso dire che quella per il fallimento è tentare di far piacere a molti e allora sembra che ognuno sia libero di fare come gli va e il discorso finisca così senza impicciarsi gli uni degli affari degli altri. Contento lui contenti tutti. Il calo del sentimento religioso nella gente, un calo che si constata a prima vista, forse viene proprio di qui: dalla delusione di speranze mal riposte, che portano a disperare anche di una salvezza religiosa e cristiana. L'uomo tuttavia continua ad essere una creatura in ricerca e Gesù rimane punto di riferimento anche per chi non più il coraggio o la forza di avvicinarlo tanto spesso. Il successo per Gesù non è sepabile dalla rinuncia e dal dolore, ma non nel senso che prima c'è una cosa e poi l'altra che cancella e la fa dimenticare la prima, piuttosto nel senso che il vero successo è l'amore: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" e poi: "Chi ama la sua vita in senso egoistico, la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna." Questo amore noi lo possiamo imparare solo da Gesù. Egli non solo ce lo ha dichiarato, ma lo ha messo in pratica; non solo ce lo ha raccomandato, ma ce lo ha rappresentato al vivo e senza riserve. Gesù non ha tentato di piacere a tutti eppure non ha dato motivo di dispiacere a nessuno che fosse retto di intenzioni, anzi ha beneficato tutti quelli che ha incontrato. Se Gesù avesse voluto affermare se stesso ad ogni costo, Egli non sarebbe differente dalle centinaia di migliaia di uomini da secoli sulla faccia della terra tentano di fare altrettanto, tuttavia se Egli non si fosse rivolto quanto più persone poteva e non avesse insegnato con autorità, Egli semplicemente non avrebbe adempiuto la sua missione. Egli ha parlato ai poveri ed ai sapienti. Ha guarito molti malati ed ha insegnato ai suoi discepoli a fare altrettanto. Insieme ha spiegato i motivi del suo agire e ha consegnato agli uomini un tesoro di saggezza che non ha uguali. Ad un servo il padrone dice solo l'azione non il fine della stessa azione. Il servo non sa perché scopo fa quel che deve fare. Gesù Cristo ci ha insegnato il fine: l'amore, ma non ci ha lasciato senza il come. "Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo.". Se abbiamo lo stesso fine, lo stesso scopo nella vita di Gesù, seguiamo Lui ed Egli ci dirà le azioni corrispondenti. "Dove sono io, là sarà anche il mio servo." Dove si trova ora il Signore? Ognuno si risponda per sé. Certamente si trova nella Chiesa, nel tabernacolo e nella comunità dei fedeli, nel Corpo di Cristo che è l'Eucaristia e nel Corpo di Cristo che siamo noi come comunità dei credenti. Cristo si trova nel Magistero della Chiesa e si trova nel povero e bisognoso da soccorrere. Cristo si trova nella Parola del Vangelo e nella pratica della carità. Egli si trova nella preghiera personale e nella vita della parrocchia. Possiamo dire anche dove non si trova: nella contesa e nella rivalità, nell'immoralità e nel vizio, nella sopraffazione e nella menzogna, nello spreco e nel disprezzo del prossimo. L'amore - caritas - sarà sempre necessario, anche nella società più giusta. Non c'è nessun ordinamento statale giusto, né successo travolgente aggiungo io, che possa rendere superfluo il servizio dell'amore. Un'organizzazione che vuole provvedere a tutto, che assorbe tutto in sé, diventa in definitiva un'istanza burocratica che non può assicurare l'essenziale di cui l'uomo sofferente - ogni uomo - ha bisogno: l'amorevole dedizione personale. Per questo ci sarà sempre necessità di Cristo e della fede in Lui. |