Omelia (16-04-2006)
don Daniele Muraro
Commento Giovanni 20,1-9

Il commento segue lo schema predisposto dall'autore per ogni anno liturgico, che potete trovare cliccando qui.

Cristo mia speranza è risorto, abbiamo sentito nella sequenza che ha preceduto la lettura del Vangelo. Come siamo venuti alla celebrazione di Pasqua stamattina?
Le donne di buon mattino si recarono al sepolcro portando oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù. Un gesto di pietà e anche di coraggio. Di Gesù in tanti avevano fatto quello che avevano voluto; per Gesù i suoi apostoli non se la erano sentita di fare quello che avevano promesso. Dopo tutto questo le donne si erano decise a fare quel che potevano. Volevano conservare il ricordo di Gesù e ricambiare con la loro modesta devozione tante sofferenze patite dal Maestro.
Anche noi ci possiamo paragonare alle donne. Non sottovalutiamo il loro gesto. Oltre al pericolo di essere trattate ostilmente da quelli che poche ore prima avevano deciso la morte di Gesù esse avevano un'altra preoccupazione: "Chi ci rotolerà via la pietra dall'ingresso del sepolcro?".
Siamo venuti in Chiesa per celebrare la sua resurrezione. Ma che cosa significa questo per noi?
Un po' di fatica, ad essere sinceri più morale che fisica, ad uscire di casa e dirigersi verso la chiesa, un ricordo di tanti insegnamenti ricevuti. E poi? Anche le donne sapevano che "Lui aveva detto che sarebbe risorto", ma in che modo non lo immaginavano, così anche noi stentiamo ad immaginare che cosa significa "risorgere dai morti".
Forse c'è un masso anche fra noi e Gesù stamattina.
Dopo la Trasfigurazione mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò ai suoi discepoli di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che Egli fosse risuscitato dai morti. Ed essi tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti.
In seguito ad Atene di fronte all'Areopago san Paolo parla di una prova sicura della sua nuova dottrina di fede e questa prova consiste nella resurrezione di Gesù. Quando sentirono parlare di risurrezione di morti, alcuni degli ascoltatori lo deridevano, altri dissero: "Ti sentiremo su questo un'altra volta". Così Paolo uscì da quella riunione, non senza che qualcuno poi lo interpelli in privato sull'argomento.
La resurrezione di Gesù viene dopo la sua morte e questa è la sua incertezza (criticità), ma anche la sua forza. Come potremmo sapere in che cosa consiste la sua resurrezione se non sappiamo a che cosa ci riduce la morte? Un poeta non credente una volta ha messo per iscritto la sua amara risposta: "La morte è un trapasso? Sì dal sangue al sasso!"
Ripartiamo dunque da questo sasso messo a custodia dell'ingresso del sepolcro. Per alcuni, gli amici di Gesù, era una difesa e una protezione della tomba dalla profanazione, per gli altri, i suoi nemici era la parola fine su un problema eliminato e come c'è stato chi ha pianto per la morte di Gesù, ci sarà stato anche chi ha festeggiato.
Quella pietra spostata cambia le cose, perché il sepolcro è vuoto e in ordine.
La morte è la fine di ogni legame. Tutte le morti ci stanno dietro le spalle. Invece di Gesù ci viene detto che ci precede. E' andato avanti nella morte, ma è anche ritornato indietro, trasformato, perché la sua morte non è stata come tutte le altre. Egli ha dato la sua vita per i suoi amici e ha perdonato i suoi uccisori. Prima di essere catturato ha anticipato la sua passione donandosi nel segno del pane e il vino: quel pane spezzato e quel vino versato erano il segno del suo destino accettato per amore e fatto diventare offerta di comunione.
Perciò non era possibile che la morte tenesse Gesù prigioniero. Paura hanno avuto le donne, ma una paura più grande ha avuto la morte e ha lasciato andare Gesù.
Se è vero quello che hanno sentito le donne al sepolcro allora Gesù lo possiamo incontrare anche noi; l'importante è cercarlo nel posto giusto. Dove lo possiamo trovare oggi Gesù?
Certamente si trova nella Chiesa, nel tabernacolo che conserva il suo gesto di amore e nella comunità dei fedeli che lo testimonia, infatti è Corpo di Cristo Eucaristia e Corpo del Signore siamo anche noi comunità dei credenti.
Cristo si trova nel Magistero della Chiesa, in Pietro che vide e in Giovanni che vide e credette, e si trova nel povero e bisognoso da soccorrere.
Possiamo dire anche dove non si trova: nella contesa e nella rivalità, nell'immoralità e nel vizio, nella sopraffazione e nella menzogna, nello spreco e nel disprezzo del prossimo.
Anzi proprio nel passaggio da una vita contro la legge morale, contro l'amore di Dio e del prossimo, contro le esigenze del Vangelo, ad una vita a favore delle esigenze dello spirito, a favore del bene, a favore della gioia altrui, in questo consiste la vera Pasqua perché lì si manifesta la forza rinnovatrice del Signore.
La virtù della speranza risponde all'aspirazione alla felicità, che Dio ha posto nel cuore di ogni uomo; salvaguarda dallo scoraggiamento; sostiene in tutti i momenti di abbandono; dilata il cuore nell'attesa della beatitudine eterna. Lo slancio della speranza preserva dall'egoismo e conduce alla gioia della carità.
Cristo mia speranza è risorto. C'è una speranza nel mondo, c'è una speranza per questo mondo e noi di questa speranza, con la nostra vita, vogliamo essere i testimoni. Non tanto un altro mondo è possibile, ma un altro mondo è gia cominciato e lo sperimenta chi si affida a questa certezza: Cristo mia speranza è risorto. Chi crede in Lui è già fin da adesso un uomo nuovo.
Chi non crede si ferma alla tomba vuota, e resta in attesa di spiegazioni. Per chi non crede la Chiesa nella storia continua a rimanere un interrogativo aperto perché è indubiltabilmente umana, ma non risponde alle leggi delle istituzioni umane che nascono crescono e poi scompaiono. La Chiesa rinasce e si rigenera continuamente, ma questo non sarebbe possibile se persone vive non si mettessero in cerca del Signore e non lo avessero incontrato. Potessimo avere tutti stamattina questa grazia, chi tanto chi poco, chi prima e chi dopo, ma tutti perché questo è davvero l'incontro decisivo.