Omelia (14-05-2006) |
don Daniele Muraro |
Il commento segue lo schema predisposto dall'autore per ogni anno liturgico, che potete trovare cliccando qui. "In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli." Così si conclude il Vangelo di stamattina. Nella seconda domenica di Pasqua abbiamo riflettuto sulla pace e nella terza domenica sulla gioia. Domenica passata Gesù ci si è presentato come il buon pastore che raduna e costruisce la comunità e la fa diventare la famiglia dei figli di Dio. Quest'oggi invece il Vangelo ci parla di portare frutto. Secondo san Paolo, amore, pace e gioia sono tre frutti dello Spirito santo. I secondi due frutti, la pace e la gioia, li abbiamo già visti; ritornando indietro il primo, l'amore, lo prenderemo in considerazione in seguito, forse domenica prossima. Stamattina ci concentriamo invece sul portare frutto. Cristo non è solo il Pastore che ci sta davanti e ci precede nel cammino, ma egli si paragona anche ad una vite. Noi siamo innestati in Lui. Ciò è avvenuto mediante il battesimo. L'innesto dice un legame più stretto che non il semplice seguire. Non tutti gli innesti però riescono. Da un innesto ci si aspetta che produca frutti secondo la pianta che lo riceve. Per sapere se l'innesto è riuscito la dimostrazione che non teme smentite è il riscontro del frutto che ne esce. "Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni." La condizione che Gesù mette nel Vangelo per portare frutti buoni è rimanere uniti a Lui che si definisce la vera vite. Egli promette anche un frutto abbondante: "Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto!" Ciò che hanno in comune il tralcio e la vite è la linfa. La linfa è il sangue delle piante, essa scorre per tutto l'organismo, lo nutre e lo purifica. Quando da una vite viene tagliato un tralcio essa piange, cioè perde linfa', finché la ferita non si rimargina. Gesù è la vite e la linfa' che scorre tra noi e lui è lo Spirito santo: per questo i frutti che noi produciamo sono i frutti dello Spirito santo. Quando Gesù dice: "Senza di me, non potete far nulla" Egli non intende sostenere che noi siamo come automi manovrati da Lui stesso. Per conto nostro noi possiamo compiere azioni valide, ma esse sono incomplete. Non sono frutti dello Spirito santo. Lo Spirito santo ce lo dà solo Lui, o per essere più precisi lo Spirito santo è quello che riceviamo e siamo in grado di metabolizzare quando rimaniamo uniti a Lui. Quello che realizziamo da noi stessi sono delle virtù: le principali virtù sono la prudenza, la giustizia, la temperanza e la fortezza. Anche la fede, la speranza e la carità sono virtù. Tutte queste virtù sono azioni buone, attraverso le quali noi usciamo da noi stessi, verso gli altri e verso Dio. Se noi fossimo delle piante le nostre buone opere si potrebbero paragonare a delle foglie. Il fogliame è la pianta che si slancia verso l'esterno e verso l'alto. Attraverso il fogliame la pianta raccoglie l'energia del sole e della pioggia in vista di produrre il frutto. Sole e pioggia rappresentano l'energia che viene dall'alto, cioè ancora l'azione in noi dello Spirito santo. Lo Spirito santo infatti ha due modi di agire, dall'interno e dall'alto. Se agisce dall'interno, rimanendo uniti a Gesù, anche la sua azione dall'alto sarà positiva. Se non agisce dall'interno, perché ne viene impedito il suo influsso salutare, la sua azione dall'alto risulterà negativa Su una pianta viva il sole ha un effetto benefico, la tiene in vita. Su una pianta morta il sole ha un effetto dannoso, la brucia, perché non ha linfa in se stessa. "Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano." Quello che raccogliamo quando rimaniamo uniti a Cristo, e in noi agisce la potenza dello Spirito santo sono dei frutti, i frutti dello Spirito. I frutti dello Spirito santo sono dunque il risultato di una collaborazione fra la libertà dell'uomo e la grazia di Dio. Riassumendo le condizioni per portare frutto sono due: la prima che rimaniamo uniti a Cristo (questa è la condizione per portare frutto buono) e la seconda è che per conto nostro, attraverso l'esercizio delle virtù, ci sforziamo di raccogliere tutta l'energia che viene dal tronco e dall'alto, ossia dallo Spirito santo e questa è la condizione perché il nostro frutto sia abbondante. Questa seconda condizione ha un risvolto e lo spiega Gesù al principio della parabola: ossia la pianta produce frutto quando ha tante foglie, ma non quando ne ha troppe. Qui entra in gioco la funzione del vignaiolo per la vigna, funzione necessaria al buon andamento del raccolto: da una parte Egli toglie i tralci secchi, quelli che non ne vogliono sapere di rimanere uniti alla vite: si tratta semplicemente di constatare un distacco già avvenuto e di agire di conseguenza. D'altra parte egli pota. Questa operazione viene compiuta non con l'intenzione di fare soffrire la vite, ma piuttosto di rafforzarla. La vite resta così pulita, senza inutili fronzoli che la appesantiscono, pronta per la stagione della vendemmia. Siamo nella domenica che segue il tredici maggio. A Fatima la Madonna ha raccomandato la recita del Rosario. La preghiera del Rosario è fatta per lo più di "Ave Marie" e l'Ave Maria è una raccolta di frasi: in ordine il saluto dell'Angelo durante l'Annunciazione e il benvenuto di Elisabetta, e poi le parole di risposta della Chiesa. In particolare Elisabetta accoglie la cugina Maria con l'espressione "Benedetta tu... e benedetto il frutto del tuo seno Gesù". Gesù è il frutto di Maria, del suo ventre (Benedictus fructus ventris tui Iesu). Gesù viene al mondo per la collaborazione di Maria che come terra generosa nella sua libertà raccoglie la rugiada dello Spirito santo. Accade qui qualcosa di singolare, di unico: Gesù è attaccato a Maria, in vista che tutta l'umanità venga innestata in Lui che è il Salvatore. Gesù è attaccato a Maria e da lei riceve il nutrimento, prima dal suo grembo e poi dal suo seno. Svezzato e diventato adulto egli non si dimentica della sua Madre, ma la vuole accanto a sé sotto la croce. In quel momento Maria viene privata del suo unico, incomparabile frutto. Quello per Maria è il momento della potatura. Il frutto non è più il suo, ma diventa di tutti. Da quel momento Gesù inizia a nutrire i suoi discepoli con il suo Corpo spezzato e il suo sangue versato: il sacramento dell'Eucaristia. Maria così produce più frutto: non è più solo la Madre di Gesù, diventa anche la Madre nostra, di tutti i credenti. Recitando i misteri del rosario noi ci prepariamo a partecipare più consapevolmente all'Eucaristia e ne gustiamo meglio il dono. Questi sono i misteri della nostra fede che meditiamo nelle decine del Rosario: sono anzitutto i misteri gaudiosi, del gaudio della famiglia di Nazareth nell'infanzia di Gesù: Gesù gode delle cure di Maria e di Giuseppe e Maria e Giuseppe godono della presenza di Gesù; noi godiamo con loro della pace e della gioia Sono poi i misteri della luce, i nuovi misteri luminosi del giovedì, in cui Gesù illumina l'uomo: lo illumina nel suo Battesimo, nelle nozze di Cana, attraverso la sua parola, attraverso la Trasfigurazione fino all'istituzione dell'Eucaristia; la pace e la gioia diventano qui una promessa che comincia a compiersi. Sono ancora i misteri dolorosi in cui il frutto del sacrificio di Cristo viene staccato, spremuto, compresso, esibito, fino alla consumazione sulla croce; la pace e la gioia sembrano negate, ma nascostamente prendono forma nel nostro cuore. sono infine i misteri della gloria, in cui dal frutto di questo sacrificio di Cristo sboccia il seme della resurrezione e della vita per sempre con Dio; la pace e la gioia finalmente fioriscono e fruttificano. Attraverso il rosario, noi non ci allontaniamo da Gesù, anzi veniamo innestati di più in Lui, permettiamo a quello Spirito santo che ha reso generosa Maria e che ha accompagnato Gesù nella sua esistenza terrena di agire anche in noi e di produrre in noi, con la nostra collaborazione quei frutti buoni di pace, gioia, amore che Egli si aspetta da noi e di cui c'è tanto bisogno. |