Omelia (21-05-2006) |
don Daniele Muraro |
Il commento segue lo schema predisposto dall'autore per ogni anno liturgico, che potete trovare cliccando qui. Il termine "amore" è oggi diventato una delle parole più usate ed anche abusate, alla quale annettiamo accezioni del tutto differenti. Si parla di amor di patria, di amore per la professione, di amore tra amici, di amore per il lavoro, di amore tra genitori e figli, tra fratelli e familiari, dell'amore per il prossimo e dell'amore per Dio. Considereremo l'amore sotto tre aspetti. L'amore è una virtù, l'amore è un comandamento, l'amore è un frutto dello Spirito santo. L'amore è una virtù. Oggi l'amore viene fatto rientrare nella categoria dei sentimenti. Lo si fa coincidere con il desiderio di essere amati più che con la volontà di amare. Invece amare è più una questione di volontà che di sentimento: amare è la volontà che si lascia istruire dalla ragione su che cosa sia bene amare e, fatto questo, decide di mettersi all'opera; essa prende l'energia dal sentimento, ma non si lascia dominare dal sentimentalismo. Il sentimento lasciato a se stesso è come un fiume senza argini, che ben presto si impantana e non arriva da nessuna parte. In questo senso si deve intendere la frase diventata un luogo comune che "l'amore è eterno finché dura". E' possibile sostenere questa posizione solo se si confonde amore con sentimento, e non si matura dall'innamoramento a prima vista fino ad un sincero desiderio del bene dell'altro. Al tema dell'amore il papa Benedetto XVI ha dedicato la sua prima enciclica: "Deus caritas est". In essa scrive tra l'altro: "I sentimenti vanno e vengono. Il sentimento può essere una meravigliosa scintilla iniziale, ma non è la totalità dell'amore... È proprio della maturità dell'amore coinvolgere tutte le potenzialità dell'uomo ed includere, per così dire, l'uomo nella sua interezza." "L'amore promette infinità, eternità, una realtà più grande e totalmente altra rispetto alla quotidianità del nostro esistere. Ma la via per tale traguardo non sta semplicemente nel lasciarsi sopraffare dall'istinto. Sono necessarie purificazioni e maturazioni, che passano anche attraverso la strada della rinuncia. Questo non è rifiuto dell'amore umano, non è la sua "rovina", ma la sua guarigione in vista della sua vera grandezza." L'amore come virtù nasce dunque da una decisione: di uscire da se stessi e di andare incontro all'altro e di andarci buttando il proprio cuore al di là dell'ostacolo e questo ostacolo si chiama egoismo. E' impossibile accontentare contemporaneamente le esigenze dell'amore in se stesso, dell'amore vero, e quelle dell'amore di se stessi. L'amore di sè induce al ripiegamento nel proprio io, l'amore secondo Dio spinge distacco dal proprio egoismo e alla dimenticanza delle proprie esigenze immediate. Qui si inserisce il comandamento dell'amore. All'inclinazione dell'uomo ad amare corrisponde un tracciato che guida l'uomo allo sbocco positivo di questo amore e questa via tracciata da Dio è il suo comandamento. "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti." dice Gesù nel discorso della montagna e san Paolo ripete: "Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole; perché chi ama il suo simile ha adempiuto la legge. Infatti il precetto: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso. L'amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l'amore." Può sembrare strano che l'amore sia comandato. Di solito si dice: questa cosa la si deve fare, "o per amore o per forza". Se non la si può fare per amore, la si farà per forza; ma dove c'è lo sforzo, si pensa che che non ci possa essere l'amore. Invece Gesù ci dice che non possiamo amare se non obbediamo e se non facciamo questo sforzo di amare come risposta ad un comando. San'agostino ha potuto dire: "Ama e fa' quel che vuoi". Egli però chiarisce così questo punto: "Sono quattro le cose da amarsi: la prima che è sopra di noi", cioè Dio; "la seconda che siamo noi"; "la terza che è presso di noi", cioè il prossimo; "la quarta che è al disotto di noi", cioè il nostro corpo. Occorre dunque che l'amore sia ordinato. Il comandamento di Dio fa proprio questo: mette ordine nelle cose. Prima va amato Dio che è all'origine di tutte le cose materiali e spirituali e quindi anche dell'amore e Dio va amato con un amore assoluto, senza riserve. Quando si è amato Dio così, allora per amore di Dio si può amare anche il prossimo, nel nostro prossimo infatti riconosciamo la stessa disposizione all'amore che è presente in noi stessi e non ci fermiamo ad aspettare di essere amati, ma incominciamo ad amare per primi. Quando uno non se la sente più di amare, ancora può sentire la parola del Signore che lo obbliga ad amare e questa è la sua salvezza. Quello che abbiamo detto prima dell'opposizione fra vero amore e amore di sé egoistico si può applicare anche a livello sociale. Per il mondo l'amore è uno slancio che tante volte non mantiene quello che promette e quindi può portare l'uomo che vi si affida a rinchiudersi deluso in se stesso. Secondo S. Agostino: "Due amori hanno fabbricato due città: l'amore di sé spinto fino al disprezzo di Dio, ha dato origine alla città terrena; l'amore di Dio portato fino al disprezzo di sé, alla città del cielo. Quella si gloria in sé, questa in Dio." Il comandamento ci impone la forza dell'amore in vista che noi non sottomettiamo il nostro amore all'amore per la forza. L'amore per la forza è l'ultimo amore che resta prima del nulla, cioè della distruzione di sé. Invece la forza dell'amore Gesù ce l'ha dimostrata con la sua passione. A motivo del suo amore per il Padre e per noi Egli ha affrontato e sopportato il dolore e così adesso ci può dire: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati." Non si tratta più di un "comandamento" dall'esterno che ci impone l'impossibile, bensì di un'esperienza dell'amore donata dall'interno, un amore che, per sua natura, deve essere ulteriormente partecipato ad altri. L'amore cresce attraverso l'amore. L'amore è "divino" perché viene da Dio e ci unisce a Dio e, mediante questo processo unificante, ci trasforma in un Noi che supera le nostre divisioni e ci fa diventare una cosa sola, fino a che, alla fine, Dio sia "tutto in tutti". L'amore diventa così un frutto dello Spirito santo: esso sgorga dalla collaborazione della nostra volontà con la grazia di Dio che viene dallo Spirito. "L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Accogliamo quindi con obbedienza di figli questo amore che viene da Dio e ad esso rispondiamo con l'adesione della nostra fede e con la pratica delle buone opere che Dio ci chiede per essere i suoi testimoni. |