Omelia (30-07-2006)
don Daniele Muraro


Il commento segue lo schema predisposto dall'autore per ogni anno liturgico, che potete trovare cliccando qui.


Siamo arrivati all'ultimo dei frutti dello Spirito santo, così come li elenca san Paolo nella sua Lettera ai Galati: si tratta del dominio di sé.
Che il dominio di sé nel Vangelo non si possa confondere con l'indifferenza, l'abbiamo già visto domenica scorsa. Gesù si commuove per la miseria umana, quella materiale e quella spirituale e nel caso della morte dell'amico Lazzaro addirittura si mostra scosso davanti al sepolcro dell'amico.
Tuttavia Gesù conserva sempre la sua dignità. In ogni circostanza in cui si venga a trovare non perde mai la calma, ma rimane padrone della situazione. E' sovranamente superiore alla massa che lo vuole precipitare giù dal monte fuori della sinagoga di Nazareth, come ci racconta l'evangelista Luca e nel Vangelo di oggi dimostra una tale autorità che alla fine lo vengono a cercare per farlo diventare re.
Più precisamente oggi Gesù nel Vangelo ci dà un doppio esempio di dominio di sé: dimostra di non lamentarsi delle privazioni a cui è sottoposto e che dipendono dalla sua missione e poi appunto dimostra di non essere schiavo del successo allontanandosi quando lo inseguono per farlo eleggere re.
Durante la sua missione Gesù ha sopportato privazioni di ogni genere: del cibo nel deserto, durante i quaranta giorni delle tentazioni; del sonno come abbiamo sentito qualche settimana fa', tanto che si addormenta poi sulla barca. Gesù durante i suoi pellegrinaggi era anche alla mercé dell'ospitalità altrui: ""Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo" dice una volta ad uno che lo vuole seguire.
Anche a chi lo ascolta Gesù richiede un certo dominio di sé: chi lo vuole conoscere deve essere pronto alla rinuncia e a rimandare la soddisfazione dei desideri immediati. "Chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo." Dice ad un certo punto. Nell'episodio di oggi Egli si fa seguire in un luogo deserto. Una parte della forza di volontà del Maestro si deve essere anche nel discepolo.
Per compiere il miracolo stesso Gesù richiede una sistemazione ordinata: la gente viene fatta sedere per terra. Dagli altri evangelisti sappiamo che si formano gruppi di cento e di cinquanta. Ognuno aspetta al suo posto la distribuzione di quello che gli serve per sostentarsi e alla fine gli avanzi non vengono gettati, ma diligentemente li si raccoglie in dodici canestri.
E' da apprezzare anche lo sforzo di quel ragazzo che volontariamente mette a disposizione la sua provvista di cibo. E' una quantità limitata, ma che permette al Signore di compiere un miracolo di moltiplicazione ed evita la necessità di ricorrere ad un più strano miracolo di creazione.
Quel ragazzo ha saputo dominare il proprio istinto della fame e, privandosi di quel poco che aveva, dimostra che la volontà la può far da padrona anche nei confronti spinta del bisogno. Attraverso la volontà l'uomo si ritrova signore dei suoi istinti e ottiene la vittoria sul suo egoismo.
Allora soffermiamoci sul dominio di sé. Finché uno non ha provato il potere della sua volontà, resta insicuro e in balìa delle sue passioni passeggere. Per questo i santi hanno sempre praticato il digiuno e l'astinenza.
La potenza senza controllo è nulla. Ai cavalli si mettono morso e briglie. Avere un'auto senza freni non è un progresso, ma un difetto.
Dominare se stessi vuol dire sottoporre i propri desideri è al consenso o meno della propria volontà. Se fosse vero il contrario, che la volontà è il prodotto del proprio desiderio, per quanto riguarda il proprio desiderio sarebbe come avere a che fare con un apparecchio elettrico senza interruttore, che va quando gli pare e che diventa praticamente inutilizzabile.
La volontà e appunto l'interruttore che dà o nega il consenso alle richieste dell'istinto in vista di un fine superiore da raggiungere.
I desideri non regolati dalla volontà, diventano come una febbre, che brucia e poi cala senza che il malato possa intervenire se non con delle pesanti medicine ordinate dal medico.
"E' la volontà che fa l'uomo grande o piccolo". Senza la volontà ogni piccolo disagio diventa grande; con la volontà anche le difficoltà considerevoli si ridimensionano e possono essere superate. A buona volontà non manca facoltà. Il carattere è una volontà forte, guidata da una coscienza delicata. Gli antichi raccomandavano: "Sii padrone della tua volontà, e schiavo della tua coscienza."
Certamente Gesù non compie il miracolo della moltiplicazione dei pani per incoraggiare la pigrizia dei presenti, ma se interviene così potentemente è per sollevare da un bisogno elementare e pressante e per dimostrare che a chi mette al primo posto le cose di Dio, non mancheranno neanche mai i beni indispensabili.
"Cercate prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia", ha detto una volta lo stesso Signore, "e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta".
C'è un motivo ulteriore per cui Gesù decide di allontanarsi dalla folla dopo avere compiuto il miracolo della moltiplicazione dei pani.
"La moltitudine è sempre pronta ad ascoltare l'uomo forte, che sa imporsi a lei. Gli uomini riuniti in una folla perdono tutta la forza di volontà e si rimettono alla persona che possiede la qualità che ad essi manca." La folla abdica volentieri alle proprie responsabilità e si lascia trascinare: questo vale allo stadio, nei concerti e in certe manifestazione politiche che degenerano nella violenza.
"Chi commette il peccato è schiavo del peccato" troviamo scritto nel Vangelo di Giovanni. Gesù invece vuole avere a che fare con persone libere, che non siano sotto il condizionamento di qualche beneficio da poco ottenuto e che non ragionino in base ad aspettative prive di fondamento. Gesù vuole che l'adesione a lui dipenda da una scelta consapevole e matura. Egli esige il meglio da noi e noi dobbiamo andare a Lui con tutto noi stessi. Occorre rimettere l'uomo in piedi. Le anime grandi hanno una volontà, le anime deboli hanno solo desideri.
Alla gente non manca la forza, ma la volontà. Le piccole rinunce sono la ginnastica della volontà. "Chi domina se stesso vale più di chi conquista una città" troviamo scritto nel libro dei Proverbi. Chi non è capace di governare se stesso, non sarà mai capace di governare gli altri. Anzi, chi non è padrone di sé, finisce servo degli altri.
Il poeta romano Trilussa esprime lo stesso concetto in forma colorita: "L'uomo si crede scaltro / quando conquista un altro. / Ma il miglior successo / è conquistar se stesso."
Domandiamo allora al Signore la forza di essere noi stessi, padroni dei nostri istinti e capaci di mettere le nostre energie al servizio del bene.