Omelia (26-01-2003) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Convertitevi e credete al Vangelo Siamo nel 1842, esattamente il 20 Gennaio. Alfonso Ratisbonne era un nobile uomo francese che si definiva di religione ebraica. Tuttavia non conosceva affatto alcuna preghiera, né aveva cognizione alcuna intorno alla dottrina e alla prassi della religione che affermava di professare. In più, nutriva anche una forte avversione nei confronti della Chiesa Cattolica, in particolar modo verso il papa e la classe clericale. In quell'occasione si trovò tuttavia a Roma per un incontro fra uomini nobili e illustri; vi era arrivato maledicendo mille volte il suolo della capitale italiana per il solo fatto che ospitasse la sede dei Papi. Senonché, si trovò a viaggiare per il centro di Roma in carrozza dopo aver ottenuto un passaggio da un suo amico. Ad un certo punto, questi arresta la vettura proprio nei pressi di Piazza di Spagna, presso la chiesa di S. Andrea delle Fratte, chiedendo ad Alfonso di aspettarlo giusto il tempo che lui sarebbe andato all'ufficio parrocchiale della medesima chiesa per concordare col parroco una funzione religiosa. Alfonso, dopo ulteriori consuete ironie sulla prassi delle funzioni religiose, risponde all'amico "Fa' pure!"; quindi rimane solo. Per ammazzare il tempo, in attesa che l'amico ritorni, decide di passeggiare per le vie antistanti, quindi di entrare nella stessa chiesa di S. Andrea delle Fratte, non perché fosse interessato agli elementi spirituali e religiosi della medesima, ma perché attratto dalle bellezze artchitettoniche e artistiche delle opere del Bernini e del Vanvitelli che si possono tuttora ammirare. Mentre passeggia per la navata centrale, ecco che, nonostante fossero solo le 12 del mattino, l'intera chiesa si oscura ad effetto notte; subito dopo Alfonso, voltandosi alla sua sinistra, nota una fonte di luce luminiosa proveniente da una cappella laterale. E' l'immagine della Vergine che allunga l'indice della mano destra verso il pavimento indicando ad Alfonso il punto nel quale avrebbe dovuto inginocchiarsi. Questi, superato lo stupore iniziale genuflette sul punto indicato osservando il volto splendente della Madonna. Poi l'evento ha fine, il Ratisbonne, che prima era pagano si rialza cattolico. Poi commenterà: "Ho capito la meraviglia della religione cattolica... In altre parole, ho capito tutto". La storia continua, poiché egli deciderà poi di entrare come religioso presso un convento dei Gesuiti e fonderà anche un Istituto di Suore di Sion, che tutt'oggi per devozione alla Madonna dimorano presso la Chiesa di Sant'Andrea delle Fratte officiata dai PP. Minimi di San Francesco di Paola che promuovono il culto a quella che viene definita appunto la Madonna del Miracolo o anche Madonna della Conversione. Di conversione appunto si tratta. Cioè del fatto che Dio innanzitutto rivela all'uomo il suo amore immenso, chiamandolo costantemente alla comunione con Lui... Dio non si pone il problema se l'uomo corrisponda o meno al Suo amore, ma semplicemente lo ama per primo, sin dall'eternità e per ciò stesso vuole che si salvi, nella continua, filiale, familiarità con lui. E' il Signore quindi il primo fautore della conversione.L'uomo non fa altro che affascinarsi di fronte al Suo Mistero, lasciandosi amare e aprendo il proprio cuore a Lui. Di conseguenza corrisponderà a questo appello divino con tutta filiale fiducia cambiando vita a sua volta, cioè trasformando se stesso nei pensieri, nelle intenzioni, nelle azioni. Rispondere a Dio vuol dire infatti cambiare mentalità, costumi, modi di intendere... rinunciado a se stessi per aderire a Lui e trovare in Lui fiducia e speranza. In forza di questo spirito diventerà molto semplice scoprire che Dio ha anche sin dall'eternità un progetto su ciascuno di noi: "Venite vi farò pescatori di uomini". Cioè vi manderò ad annunciare la mia Parola nello stato vocazionale che vi indicherò io stesso: sia che siamo sacerdoti, sia che siamo casalinghe, operai, avvocati... tutti rispondiamo alla divina missione di essere "pescatori" nella testimonianza di esserci convertiti a Dio. O meglio, di esserci lasciati da Lui convertire aderendo con fiducia all'opera che ha svolto in noi. Ma "dove" Dio si manifesta? Dove scopriamo che ci ama e ci chiama a conversione? Non nei libi di teologia né nei sottili e raffinati ragionamenti razionali su di Lui, ma piuttosto nel quotidiano delle nostre esperienze di gioia e di dolore. In circostanze liete o avverse si nota la presenza di un Dio per nullla assente dal nostro quotidiano, ma anzi sofferente con noi nella mestizia (perché crocifisso) ed esultante assieme a noi nlla nostra prosperità (prché risuscitato e vittorioso sul sepolcro), partecipe anche delle più piccole nostre vicende. Certo, la conversione non è mai un fatto compiuto: essa interessa tutta la nostra vita, poiché sempre vi è da parte nostra un debito che dovremo saldare nei confronti del Signore e del prossimo. Dire: "non ho bisogno di conversione"; "Sono già perfetto" e alttro simile corrisponde ad un atto di superbia che impone di rivedere il nostro cammino spirituale. |