Omelia (02-02-2003) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Uomo fra gli uomini sotto la Legge Offrire il primogenito al Signore era una prescrizione della Legge dell'epoca, per la quale ogni figlio primogenito era da considerarsi sacro e andava offerto in sacrificio al Signore. Poiché però non era lecito alcun sacrificio umano, ecco che si prescriveva l'offerta di animali come tortore o colombi (Lv 12); ma il dato di fatto più importante è che ogni bambino nato per primo veniva offerto a Dio come insegnava la Legge. Così fanno Maria e Giuseppe nella loro semplicità e umiltà di coniugi devoti e timorati di Dio, che non esitano ad offrire a Lui il loro figlio nella presentazione al tempio. Questo che cosa ci suggerisce? Certamente rievoca per noi la notte della nostra salvezza, quella in cui il freddo e il gelo di una spelonca acolgono nelle vestigia di un bambino Colui che aveva creato il mondo e lo sorreggeva: il Dio di ogni potere e potestà sceglie cioè di farsi uomo scegliendo la più precaria delle umane condizioni, ossia quella della miseria, dell'abbandono, della fuga in Egitto... e adesso nel tempio non possiamo non notare come il Dio che è all'origine di ogni Legge e di ogni codice costituzionale decide di sottomettersi alla Legge, offrendo se stesso come primogenito di una semplice famiglia di artigiani. Tutto questo perché? Perché aveva deciso di raggiungere l'uomo fino ad assumere la sua condizione di peccaminosità e di finitudine, per intrattenersi con lui e additargli le vie di Dio... Dio insomma si fa uomo, e per di più povero bambino in Gesù Cristo per salvare l'umanità; ma per fare questo vuole assumere un linguaggio del tutto umano. Come dice la Dei Verbum, "per parlare ad uomini come ad amici". Non è eclatante il fatto che Dio abbia creato l'universo, se è vero che questo è contemplato come certo presso parecchie religioni e culture; piuttosto è sensazionale e avvincente il fatto che Dio si sia reso uomo fra gli uomini, entrando nella storia di tutti i giorni. Nella presentazione di Gesù al tempio occorre che anche noi credenti riconsideriamo l'offerta che abbiamo fatto di noi stessi a Dio nel sacramento del Battesimo: in esso siamo nati a nuova vita e ci siamo dati in oblazione al Signore che... si fida di noi! Manifesta cioè la sua fiducia nel renderci non soltanto destinatari, ma anche proclamatori del suo amore, in un contesto mondano lacerato da discordie e da conflitti. Ma vivere iil battesimo significa esternare la GIOIA di essere stati incorporati a Cristo: è nella letizia che dovremmo vivere il nostro rapporto con Dio e nella medesima esultanza testimoniarlo agli uomini. La gioia e l'allegria sono come il miele che attira le api, così la gioia del nostro incontro e della nostra rinascita n Cristo, se fosse realmente palese, potrebbe anche cambiare il mondo. Dovremmo quindi domandarci: che cosa vuol dire "per me" essere consacrato al Signore? Significa forse illudermi di aver trovato un rifugio alla mia inerzia nella lotta nel quotidiano? o forse un idolo al quale potermi rivolgere in qusta o quella necessità materiale, per poi poterlo rifiutare quando non mi soddisfa? O non piuttosto la necessità che io espanda la gioa della mia consacrazione agli altri? Ma una volta appurato questo, dove io posso manifestare la gioia di essere battezzato e compartecipe della missione di Crsito? Semplicemente nei luoghi dove Lui mi ha collocato: nella pazienza di sopportazione delle prove se sono malato (ben sapendo che il Signore soffre con me, perché si è crocifisso); nel mio rendimento di grazie nei momenti di prosperità (Poiché Cristo è risuscitato); nella fatica di essere madre e casalinga che saprò affrontare regalando sempre e comunque un sorriso e una rinnovata fedeltà al mio focolare domestico, ben conscia che è QUESTO il lito in cui Dio mi ha collocato; nelle avversità della mia vita professionale da impegato o lavoratore che saprò superare considerandole come opportunità per poter rivolgere le mie pene in relazione al futuro dei miei figli per cui sto lavorando. Tutto questo si chiama fede, speranza e carità. Credere nel Signore vuol dire AFFIDARSI a lui a cuore aperto "Signore fa' di me quel che hai progettato", quindi SPERARE in lui, cioè aspettare che sia lui a rispondere agli interrogativ del nostro quotidiano; quindi con rinnovata fiducia vivere nell'AMORE. Noi ci siamo offerti a Cristo non perché abbiamo compiuto un atto di filantropia o di generosità, ma prché Lui si è anzitutto offerto a noi nel sacrificio di nascere sotto la Legge (Gal 4,4) e di sottostare al tassativismo delle sue prescrizioni. Ma soprattutto perché Lui si è consegnato per nostro amore nell'offerta definitiva del supplizio, dove ha sperimentato l'abbandono di Dio "Perché mi hai abbandonato" Se questo non fosse ancora sufficiente, abbiamo ancora un modello, il primo fra tutti gli emblemi di cristianità: quello di Maria, che "meditava nel suo cuore.... " che cosa? Che il suo figlio sarebbe morto sulla croce e che avrebbe dovuto assistere straziata allo scenario degli insulti e degli sputi sotto la croce. "Anche a te una spada trafiggerà l'anima.." Eppure tutto questo Maria accetta nella fede e nella speranza: Gesù suo Figlio risusciterà!! |