Omelia (24-12-2006) |
don Daniele Muraro |
Il commento segue lo schema predisposto dall'autore per ogni anno liturgico, che potete trovare cliccando qui. Appena entrata in casa, Maria saluta la cugina Elisabetta. Esisteva un certa differenza di età fra le due cugine, in quanto Maria era di molto più giovane dell'attempata moglie di Zaccaria. Non si tratta di un caso impossibile. Come alle volte si trovano zio e nipote che sono coetanei, quando non è il nipote quello più vecchio, così si può dare che due cugini siano separati da una generazione e più rispetto alla nascita. Questa differenza di età invece di accentuare le distanze fra Maria ed Elisabetta aumenta la deferenza e il rispetto che Maria porta alla cugina, tanto che è lei per prima ad offrire il saluto. Elisabetta da parte sua accoglie volentieri la cugina venuta a confortarla negli ultimi mesi della sua gravidanza e indovina subito il contenuto spirituale della sua visita. Infatti non si incontrano solo due parenti che non si vedevano da molto tempo, legati da vincoli di affetto e stima, ma quelle che si abbracciano sono anche due madri, diventate tali in modo eccezionale, l'una per l'età avanzata e l'altra per il concepimento verginale. Se Elisabetta già possiede per conto suo la gravità dei molti anni passati ad attendere e a sperare nel Signore, Maria ha dalla parte sua lo slancio della giovinezza e la grazia dello Spirito santo che era sceso su di lei il giorno dell'Annunciazione. Anche Elisabetta partecipa in qualche modo di questa azione speciale dello Spirito santo e in risposta al saluto di Maria benedice la cugina chiamandola "La Madre del mio Signore!". Elisabetta intuisce lo stato speciale di Maria soprattutto dalla reazione del suo bambino che ancora portava in grembo. Giovanni, allertato dalla voce di Maria percepita dalla madre, aveva manifestato la sua gioia per l'incontro, dando dei chiari segni di esultanza. Anche quel bambino, così piccolo e non ancora completamente formato aspettava qualcosa. Quando ci si incontra fra persone con cui ci si conosce, ci si aspetta il saluto. Chi ha maggiore autorità aspetta di venire salutato, e se è una persona cortese e affabile ricambia immediatamente un saluto che gli viene rivolto con una espressione di letizia e di affetto. Togliere il saluto è una delle offese più grandi che si può fare ad un amico. Per evitare lo sguardo di interrogazione e di rimprovero dell'altro, chi ha scelto di comportarsi così il più delle volte si gira anche dalla parte opposta e così l'amicizia prima di diventare indifferenza si tramuta in ostilità. Oltreche cieca si dice anche che l'ostilità è sorda perché non vuole sentire ragioni e prima di ripristinare i ponti della comunicazione fatti cadere, se mai questo sarà possibile, occorrerà molto tempo e sforzo. Invece il saluto è importante perché dice disponibilità e prontezza ad instaurare un dialogo, dice accettazione dell'altra persona e rispetto della sua presenza. Chi saluta dimostra di sapersi guardare intorno e di non considerarsi lui solo al mondo, tutto preso da suoi pensieri e dalle sue preoccupazioni. Per fortuna qui siamo a parlare di due parenti che non solo si accettano, non solo si stimano e si lodano a vicenda senza ombra di ipocrisia e di invidia, ma anche arrivano ad uno scambio spirituale e trasformano il loro incontro in un'occasione per avvicinarsi di più a Dio. Per essere precisi, Dio non era mai stato così prossimo a Maria come in quei giorni: infatti Maria portava nel grembo niente meno che il Figlio stesso di Dio. Elisabetta, donna di fede intrepida e di fiducioso abbandono al volere di Dio, merita di comprendere il mistero chiuso in Maria. Lo Spirito le parla attraverso il balzare del suo concepito che porta. Il Battista pronuncia il suo primo discorso di Annunziatore del Verbo facendosi sentire come può da Elisabetta. Dopo aver ricevuto il saluto di Elisabetta, Maria innalza a Dio il cantico di lode del Magnificat. Elisabetta aveva appena lodato la sua fede, chiamandola beata per questo e Maria invece di soffermarsi sulle sue proprie qualità e privilegi, rivolge il suo pensiero a Dio, attribuendo a Lui ogni onore e merito. Se si fosse esaurita in un reciproco scambio di complimenti il saluto fra Maria ed Elisabetta si sarebbe ridotto a restituzione dei convenevoli senza costrutto. Invece Maria sgombra il campo dalle affettazioni innalzando il grido della sua anima verso Dio. Solo dopo questo gesto è libera di intavolare la discussione con Elisabetta e Zaccaria e raccontare loro tante cose. Non è primo saluto speciale che Maria riceve nella sua giovane vita e neanche il più importante. Era fresco in lei il ricordo della visita visita dell'angelo Gabriele che l'aveva salutata come colei che aveva trovato Grazia presso Dio. Noi ripetiamo uniti i due indirizzi di saluto nelle prime parole della preghiera dell'Ave Maria. E' la nostra maniera di metterci alla presenza di lei che è la piena di Grazia, la Madre di Dio, a colei a cui guardiamo con venerazione e anche con grande fiducia. Se recitiamo spesso questa preghiera Maria sarà di casa anche casa nostra e ripetendole il saluto angelico e quello della cugina Elisabetta le faremo capire la nostra contentezza di averla come modello e aiuto nella nostra vita familiare. Ho iniziato finora del saluto e adesso voglio terminare prendendo l'altro elemento dello stare insieme familiare che è la conversazione. La conversazione ci mette vicino agli altri e ci dà un profondo senso di noi stessi; ci riposa dalle nostre fatiche, ci distrae dalle preoccupazioni, sviluppa la nostra personalità, rinfresca i nostri pensieri. Sono triste? La simpatia di chi conversa con me mi conforta. Mi sento solo? La conversazione fa cessare la solitudine: se si tratta di conversazione familiare, sono felice di essere ammesso nella intimità altrui; se si tratta di conversazione importante, mi sento onorato di venire trattato come da pari a pari. E' la prima volta che converso con la tal persona? Mi pare di viaggiare piacevolmente attraverso un paese sconosciuto. E' la seconda, la terza, la quarta volta? Mi pare di tornare a vedere luoghi già visti, di cui, però, non avevo ancora approfondito tutte le bellezze paesaggistiche. Trovo anche che, conversando, mi arricchisco. Possedere infatti salde convinzioni, è bello; possederle in modo tale da poterle comunicare e vederle condivise e apprezzate, è più bello ancora. La chiarezza della cosa da me detta aumenta la chiarezza della cosa pensata. Se percepisco che il mio sentimento fa vibrare l'animo altrui, me lo sento ritornare ripercosso e accresciuto in me. Nella conversazione ha trovato sollievo anche Gesù; per toccarlo con mano, basta leggere in San Giovanni le confidenze fatte ai suoi apostoli durante l'ultima Cena. Della conversazione Gesù ha fatto spessissimo il veicolo del suo apostolato: parlava, camminando lungo le strade, passeggiando sotto i portici di Salomone; parlava nelle case, con le persone attorno come Maria seduta ai suoi piedi, o come Giovanni e gli altri apostoli durante l'ultima cena. La conversazione prosegue il saluto. Dimostra che il gesto di salutare non è stato una formalità, ma che volentieri ci si trattiene con colui al quale si è dimostrata la cortesia del saluto. Forse il nostro rapporto con il Signore nella ferialità delle giornate operose si configura più come un saluto che come una conversazione: al principio della giornata un saluto e via e poi un segno di croce al termine del giorno da mettere a sigillo di tutto quello che è successo. Soprattutto durante questi giorni di festa coltiviamo però il ricordo del Signore e della sua santissima Madre anche durante lo scorrere delle ore: un pensiero, una invocazione ogni tanto possono essere la maniera per non interrompere mai del tutto la comunicazione e per sentire vicino a noi la presenza materna e confortante di colei che tanti anni fa non ha esitato di andare in soccorso di una parente tanto più anziana per sollevarla dal peso del suo affanno e per portarle la consolazione del suo Figlio Gesù la cui nascita è ormai imminente. |