Omelia (08-12-2007) |
don Marco Pratesi |
Accogliere l'Infinito "Ecco, io sono la serva del Signore; mi sia fatto secondo la tua parola" (v. 38). Ecco ciò di cui Dio ha bisogno per agire: una libertà che si doni veramente a lui, qualcuno che gli dia effettivamente fiducia. Questo dono, questa fiducia, è possibile solo quando si guarda prima di tutto non a sé, ma a Dio, che è come dire: la fiducia è possibile solo all'umile, al povero in spirito. Dando fiducia si privilegia la dimensione della passività, per la quale si attende, si rimane in silenzio, si accoglie, rispetto a quella dell'attività, per la quale con le proprie facoltà si agisce sui vari piani. Grazie alla fiducia, si diviene capaci di realizzazioni non più commisurate a noi e alle nostre possibilità, ma a colui che lasciamo agire, all'Infinito. Inversamente, orgoglio è rifiutarsi a questo, per insistere a investire sulla dimensione attiva, per rimanere a nostra misura, magari mascherando il tutto come realismo o modestia, addirittura umiltà. Di fatto si rifiuta di lasciare il timone, e così anche il nostro impegno per il bene rimane opaco, lascia trasparire poco di Dio, gli dà poca gloria (Mt 5,16: "risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro"). Si intenda bene: passività e attività non vanno qui intese sul piano esteriore, visibile, ma nell'atteggiamento profondo, al livello del cuore (che comunque dovrà manifestarsi all'esterno). Maria è stata chiamata ad accogliere in sé niente di meno che Dio stesso; lei, creatura finita, a far posto all'Infinito. Questo prodigio non poteva avvenire che grazie ad una sua capacità di dilatarsi, di far posto; non mediante un proprio sforzo di grandezza - avrebbe fatto la fine della rana che pretende di diventare grande come il bue - ma nella fiducia, nel decentramento da sé per essere pienamente rivolta a Dio. Ciò che ammiriamo oggi è questa creatura che ha saputo dire un sì pieno e, in ultima analisi, questo Dio che ha preparato una simile creatura ad essere dimora adatta del Figlio: luminosa meraviglia dell'amore di Dio, che ci spinge al canto e alla lode (cf. salmo responsoriale). La Vergine ci sprona a esaminare la qualità dei nostri "sì" a Dio, raramente pieni e in qualche misura sempre zoppicanti, al punto da frenare l'azione di Dio in noi. Dobbiamo continuamente reindirizzarci verso la meta che ci è proposta in Maria: divenire una buona casa per Dio. "Anima mia - scrive S. Francesco di Sales - tu sei capace di Dio: te infelice se ti accontenti di qualcosa di meno!" (Introduzione alla vita devota X). |