Omelia (25-12-2006) |
don Daniele Muraro |
Il commento segue lo schema predisposto dall'autore per ogni anno liturgico, che potete trovare cliccando qui. Finalmente è Natale! Tanti segni ce lo hanno annunciato. Man mano che ci si avvicinava ad oggi le strade e le piazze, le case e le vetrine si sono riempite di luci e colori. Ce lo siamo sentiti ripetere tante volte in queste settimane, già da qualche mese: fra poco è Natale; anche gli auguri si sono sprecati; le ultime corse ed eccoci qua in chiesa a celebrare il Natale del Signore. Per qualcuno la sosta in chiesa può essere solo una pausa in vista del riposo meritato e della festa in famiglia e se ne vedono anche di quelli che entrano in chiesa, fanno un visita frettolosa all'altare o al presepe e poi se ne vanno, ma per la maggior parte di noi che siamo qui e anche dei cristiani del nostro popolo, Natale non sarebbe Natale se non ci fosse stato Gesù a nascere nella capanna di Betlemme e se ogni anno non ci fosse l'assemblea dei fedeli ad accoglierlo, a fargli festa e a mettersi in adorazione davanti a lui, l'Emmanuele, il Dio bambino, il Dio con noi. Finalmente è Natale! Finalmente possiamo dirlo è il nostro Natale, non più solo quello dei Babbo Natale e delle pubblicità, non più solo quello delle luminarie e dei regali, ma il Natale di Gesù Cristo, il Figlio di Dio, venuto al mondo come Figlio di Maria. Finalmente fra la babele dei carillon e dei jingle, può farsi spazio il canto degli angeli che annunciano Gloria e pace, pace agli uomini amati dal Signore e gloria a Dio nell'alto dei cieli. Finalmente è il nostro Natale! Finalmente possiamo parlare di Dio, quel Dio che si era fatto sentire come da lontano ai profeti dell'Antico Testamento e che ora diventa il Dio vicino nell'Incarnazione del suo Figlio! Se il cammino per arrivare alla presenza del Figlio di Dio incarnato è più tortuoso quest'anno del passato recente, insidiato dalla varietà delle distrazioni disseminate lungo il percorso e dalla stanchezza di un rito solo all'apparenza ripetitivo, vuol dire che chi arriva alla capanna di Betlemme quest'anno senza perdersi per la via di uno scetticismo diffidente o di una esitazione rinunciataria, ha più merito davanti a Dio e più consapevolezza interiore. Dio è nascosto nel presepe del 2006. Non è una novità, fuori mano fu anche il primo presepe di Betlemme, come ci fa capire il Vangelo della natività; ciò non vuol dire che non sia una grande gioia arrivarci e poter adorare il Verbo di Dio fatto uomo per noi. Finalmente è il nostro Natale! Finalmente possiamo parlare di Dio, allora parliamo di questo Dio. Ci sono alcuni che questo Dio lo sentono: non hanno bisogno di ragionamenti o di dimostrazioni per riconoscere la sua grandezza e per godere della sua presenza. Essi sono ben fortunati e ben legittimamente persuasi: l'evidenza basta a se stessa e non si lascia smuovere da obiezioni per quanto insistenti. Anche noi con Pascal possiamo ripetere: "La volontà di Dio, che dispone ogni cosa con dolcezza, è di mettere la religione nella mente per mezzo di ragionamenti e nel cuore per mezzo della grazia. Volerla mettere nella mente e nel cuore con la forza e le minacce, non significa mettervi la religione, ma il terrore." Quelli a cui Dio ha dato la religione per sentimento del cuore sono fortunati; ma a quelli che non l'hanno, noi possiamo darla solo per ragionamento, in attesa che Dio la doni loro per il sentimento del cuore, senza di che la fede non è che un fatto umano e inutile per la salvezza. A riguardo della questione di Dio gli uomini si possono dividere in tre categorie, è sempre Pascal che parla: quelli che, avendo trovato Dio, lo servono; quelli che, non avendolo trovato, s'impegnano a cercarlo; e gli altri, che trascorrono la vita senza trovarlo e senza averlo cercato. I primi sono ragionevoli e felici, gli ultimi sono folli e infelici, quelli in mezzo sono infelici ma ragionevoli. Fin dal suo nascere l'uomo è invitato al dialogo con Dio. Se l'uomo esiste, infatti, è perché Dio lo ha creato per amore e, per amore, non cessa di dargli l'esistenza; e l'uomo non vive pienamente secondo verità se non riconosce liberamente quell'amore e se non si abbandona al suo Creatore. Il più delle volte ci capita di scoprire la presenza di Dio nella nostra vita solo dopo, quando guardiamo indietro. Molti nostri contemporanei, tuttavia, non percepiscono affatto o esplicitamente rigettano questo intimo e vitale legame con Dio: alcuni infatti, negano esplicitamente Dio; altri ritengono che l'uomo non possa dir niente di lui; altri poi prendono in esame i problemi relativi a Dio con un metodo tale che questi sembrano non aver senso. Altri ancora si creano una tale rappresentazione di Dio che, respingendolo, rifiutano un Dio che non è affatto quello del Vangelo. Altri infine nemmeno si pongono il problema di Dio: non sembrano sentire alcuna inquietudine religiosa, né riescono a capire perché dovrebbero interessarsi di religione. Sentiamo ancora questa testimonianza di Pascal: "Vedendo l'accecamento e la miseria dell'uomo, osservando come tutto l'universo sia muto e l'uomo senza luce, abbandonato a se stesso e quasi smarrito in questo angolo dell'universo, senza conoscere chi ve lo ha messo, cosa ci deve fare, che ne sarà di lui con la morte, incapace di ogni conoscenza, mi afferra la paura, come un uomo che fosse stato portato nel sonno su un'isola deserta e terribile e si svegliasse senza sapere dove si trova e senza poterne uscire. E mi stupisco che non ci si disperi in una condizione così miserabile. Attorno a me vedo altre persone di una simile natura. Chiedo loro se sono meglio istruite di me. Mi rispondono di no; e in effetti questi uomini abbandonati e miserabili, dopo essersi guardati attorno e aver scorto qualche oggetto gradevole, vi si sono affidati e aggrappati. Per quanto mi riguarda, non mi sono aggrappato a niente, e riflettendo su come sia probabile che ci siano altre cose oltre a quelle che vedo, mi sono messo a cercare se Dio non avesse lasciato qualche traccia di sé." E così racconta i motivi della sua fede: "Il ricco sa ben parlare a proposito delle ricchezze, il re parla con indifferenza di un gran dono che ha fatto, e Dio parla in modo appropriato di Dio. " Se Dio si manifestasse continuamente all'uomo non vi sarebbe merito alcuno nel credere in lui. Però si è manifestato una volta ed è stato nel suo Figlio Gesù. "Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio Unigenito, da sempre presso il Padre, lui ce lo ha rivelato. è solo per mezzo di Gesù Cristo che noi conosciamo Dio Senza questo mediatore ogni comunicazione con Dio è tolta, ma attraverso Gesù tutto diventa più facile, a misura della nostra umanità. Gesù Cristo è un Dio a cui ci si avvicina senza orgoglio e davanti al quale ci si abbassa senza disperazione Non solo noi conosciamo Dio attraverso Gesù Cristo, ma solo attraverso lui conosciamo noi stessi. Attraverso Gesù Cristo noi conosciamo la vita, la morte. Fuori di Gesù Cristo ignoriamo cosa sia la nostra vita, la nostra morte, Dio, noi stessi. Così, senza la Scrittura che ha solo Gesù Cristo come soggetto, noi non conosciamo niente, e non vediamo che oscurità e confusione nella natura di Dio e nella nostra. Troppo spesso crediamo che Dio non ascolti le nostre domande. Proviamo ad ascoltare le sue risposte: ce le ha cominciate a dare proprio in quel bambino di Betlemme. "Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso." dirà in seguito quel bambino diventato adulto e Maestro. Non dobbiamo stupirci di vedere persone semplici che credono senza ragionare. E' Dio stesso che inclina il loro cuore a credere. Non si riuscirà mai a credere, se non si accetterà questo sbilanciamento, questo portare fuori di noi il baricentro. Ma di fronte a un bambino questo sbilanciamento in avanti è più facile. Ci abbassiamo volentieri davanti a un neonato e ci protendiamo in avanti noi, come per facilitargli la presa. E' lui stesso che ci attira a sé. Lo stesso siamo invitati a fare con il bambino del presepio, accogliendo l'annuncio degli angeli e riconoscendo in Lui il Figlio di Dio che si fa uomo per noi. Riscopriamo la forza misteriosa di attrazione del Verbo fatto uomo nel presepe. L'uomo non è mai tanto grande come quando sta in adorazione dinanzi a Dio. Dio è felice perché è Trinità, perché si dona, perché condivide. Dio è felice quando si dona. Nell'incarnazione Dio si è fatto uomo per amore. E l'uomo, fatto ad immagine di Dio, sarà felice solo quando si dona, quando condivide, quando riconosce nel volto dell'altro il volto di un fratello, il volto dello stesso Dio. Perché la gioia in noi è segno di una "presenza": di un amore, dell'altro, dell'Altro che è Dio. Dio ha scelto di percorrere ad uno ad uno i gradini della maturità umana, a partire dai nove mesi di gestazione e dalla nascita di neonato. A Natale Dio rimette in moto la creazione a partire dall'uomo. Questo Natale allora è l'occasione giusta per ripartire da Dio. Ripartire da Dio: sia questo il motivo del nostro ritrovarci insieme quest'oggi, dia questa la sorgente della nostra gioia, sia questa l'anima della nostra festa. |