Omelia (16-03-2003) |
padre Gian Franco Scarpitta |
La Quaresima e le sue mete Tutte le volte che nella nostra vita ci capiti di intraprendere un determinato progetto o proposito o di raggiungere un ideale (ad esempio: una laurea universitaria o un'affermazione in campo professionale)siamo immancabilmente assillati dalle difficoltà che esso comporta. Ma se ci facciamo caso, quello che più ci scoraggia in simili circostanze non sono le difficoltà e gli ostacoli in sé medesimi, quanto la nostra concentrazione continua su di essi: gli ostacoli, i sacrifici, le difficoltà che accompagnano i nostri propositi sgomentano il nostro pensiero e molto spesso ci conducono alla paura e molte volte allo scoramento e alla rinuncia. Come far fronte a questa difficoltà? E' molto semplice: basta non considerare gli ostacoli e i ripetuti fallimenti che pure si presenteranno, ma considerare semplicemnte l'OBIETTIVO. Nella misura in cui si tiene conto della meta che si vuole raggiungere, tanto più ci si incoraggia a non prendere in considerazioni difficoltà o occasioni di scoraggiamento. Del resto, è pur vero che anche un colpo di coltello, ripetutamente battuto contro un tronco, prima o poi, finisce per abbatterlo. Ma tutto questo che parte ha nella riflessione odierna sulla liturgia della Parola? Lo si comprende se si considera l'episodio della trasfigurazione di Gesù davanti a Pietro, Giacomo e Giovannni: essi rimangono esterrefatti nel vedere il loro Signore rivestito di gloria, dalle vesti splendenti e luminose, tanto che, uno di loro senza accorgersene esclama:"E' bello per noi stare qui..." E su questo nessuno può avere dubbi: infatti, doveva essere davvero affascinante considerare come il Maestro, di solito intento a predicare, ad aver pazienza con chi non aveva fede in lui, a fuggire le umiliazioni e le persecuzioni degli scribi e dei farisei, adesso fosse "acclamato" da Dio che fra l'altro lo definiva "prediletto". E ancora più gioia dovevano provare i tre discepoli nel considerare che proprio in quel periodo stavano incamminandosi verso Gerusalemme, dove il loro Signore sarebbe stato ucciso, per poi risorgere: la visione doveva far lor capire che tale ingresso a Gerusalemme e tale destino non lo stava realizzando un uomo qualsiasi, ma il Figlio di Dio, venuto apposta per salvare gli uomini. E doveva far loro capire che tutto quello che stava per soffrire era necessario, perché si realizzasse la salvezza di Dio. In altre parole: Gesù sta dimostrando loro che la finalità dell'andata a Gerusalemme è la resurrezione e non il sacrificio in se stesso. Così anche la Quaresima. Molto spesso in occasione di questo periodo, che guarda caso segue alle feste di carnevale, siamo soliti considerare quanto di negativo esso concerne: digiuni, astinenze, conversione, accettazione delle sofferenze, ecc... Ma forse non si considera mia abbastanza quella che è "la finalità", anzi la "meta" della Quaresima, ossia la Pasqua, la resurrezione e la gloria. Se si considerasse l'obiettivo della Quaresima, piuttosto che il suo "negativo" e i sacrifici che essa comporta, allora certamente questo tempo forte lo si accetterebbe con coraggio durante tutto l'anno. Intendo dire che saremmo più motivati e incoraggiati nell'accettare le sofferenze morali, fisiche e spirituali che tante volte, anche ingiustamente sopportiamo; che non perderemmo la calma di fronte a determinate situazioni a volte assillanti come malattie incurabili o difficoltà dovute al lavoro professionale o casalingo, che non ci angustieremmo nel notare le ingiustizie per le quali alcuni hanno la meglio e i più meritevoli subiscono condanne e umiliazioni ingiuste... Tante volte succede poi che la nostra scelta cristiana comporti mortificazioni del tipo seguente: "vorrei andare contro corrente in nome del vangelo e proprio per questo sul tuo posto di lavoro o in altre occasioni vengo deriso e sbeffeggiato; oppure: quando palo di Dio mi si prende in giro..." Quale considerazione si dà a questi "operatori pastorali" che diffondono il vangelo stando immersi nel mondo e affrontando la sua negatività? Quale rispetto si dà a chi lavora costantemente senza alcuna garanzia sullo stipendio eppure mostra generosità verso il prossimo bisognoso? Ebbene, di fronte a circostanze simili si vive la Quaresima del quotidiano; e allora perché non cercare di carpirne il senso attraverso la costante concentrazione sul Cristo Risorto quale nostro obiettivo, ideale, e motivazione reale di quanto siamo costretti a subire? La ricompensa prima o poi verrà. Essa ci viene anticipata, così come lo fu per Pietro, Giacomo e Giovanni che tuttavia non furono accontentati nel loro desiderio di "restare lì e fare tre tende" ma discesero dal monte per tornare ad affrontare il mondo. Come se tutto ciò non fosse sufficiente, la Parola di questa domenica ci dà la certezze che Dio non si diverte affatto nel vederci immolati e sacrificati; né a lui importano sacrifici o olocausti, come dimostra espressamente la prima lettura intorno alla "prova" del sacrificio di Isacco: Abramo per essere stato fedele in questa dura prova che avrebbe comportato pesantissime e angarianti conseguenze nel doverla accettare, viene ricompensato immediatamente con una benedizione che lo renderà capostipite di una lunghissima generazione di popoli. Come diceva Isaia, "Amore voglio, non sacrifici; non offerte ma comunione con me" Ed è ancora più consolante capire il senso reale della Quaresima anche nelle parole di Paolo di cui alla seconda lettura: "Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?" Altrove l'apostolo aggiunge che niente e nessuno può separarci dall'amore di Cristo: né la nudità, né la persecuzione, né la spada" ma quello che è più stimolante è il fatto che subito dopo aggiunga: che "in tutte queste cose siamo più che vncitori", perché associato a Cristo, il quale più che imporci dolori vuole garantirci ricompense. Tutto questo è il senso reale e positivo della Quaresima... |