Omelia (21-02-2007) |
don Daniele Muraro |
Il commento segue lo schema predisposto dall'autore per ogni anno liturgico, che potete trovare cliccando qui. Con il rito dell'imposizione delle ceneri inizia il tempo forte della Quaresima. Sono quaranta giorni che ci condurranno a celebrare l'ingresso in Gerusalemme di Gesù nella domenica delle Palme e poi il Triduo pasquale del Signore crocifisso, sepolto e risorto per la nostra salvezza. Papa Benedetto ha scritto un messaggio per la Quaresima 2007. Vi leggiamo tra l'altro: "La Quaresima sia per ogni cristiano una rinnovata esperienza dell'amore di Dio donatoci in Cristo, amore che ogni giorno dobbiamo a nostra volta «ridonare» al prossimo, soprattutto a chi più soffre ed è nel bisogno. Solo così potremo partecipare pienamente alla gioia della Pasqua." Dunque è un messaggio positivo quello che viene dal Papa, che riprende il tema della sua Lettera Enciclica sull'amore (Deus caritas est). Fin dalle sue origini l'umanità purtroppo si è chiusa all'amore di Dio, nell'illusione di una impossibile bastare a se stessi. Dio, però, non si è dato per vinto, anzi il «no» dell'uomo è stato come la spinta decisiva che l'ha indotto a manifestare il suo amore in tutta la sua forza di salvezza. La risposta che il Signore ardentemente desidera da noi è innanzitutto che noi accogliamo il suo amore e ci lasciamo attrarre da Lui. Accettare il suo amore, però, non basta. Occorre corrispondere a tale amore ed impegnarsi poi a comunicarlo agli altri: Cristo «mi attira a sé», perché io impari ad amare i fratelli con il suo stesso amore. Prima di partire per la Germania, l'estate passata lo stesso Papa aveva rilasciato una intervista alle televisioni tedesche: "Se uno ha poco tempo non può subito cominciare con il dire "No". Bisogna sapere prima che cosa veramente vogliamo, non è vero? E il cristianesimo, il cattolicesimo, non è un cumulo di proibizioni, ma una opzione positiva. Ed è molto importante che lo si veda nuovamente, poiché questa consapevolezza oggi è quasi completamente scomparsa. Si è sentito dire tanto su ciò che non è permesso, che ora bisogna dire: Ma noi abbiamo un'idea positiva da proporre. Anzitutto, dunque, è importante mettere in rilievo ciò che vogliamo... In secondo luogo, si può poi anche vedere, perché certe cose non le vogliamo... Ma ciò diventa più chiaro se prima è stato detto il positivo." Al che il giornalista aveva ribattuto: "Si può dire, che il suo compito le piace, che non è un peso per Lei?" E papa Benedetto XVI: Questo sarebbe un po' troppo, perché in realtà è faticoso, ma in ogni caso cerco di trovare anche in questo la gioia. Saltiamo a Verona, per la conclusione del Convegno della Chiesa Italiana in Fiera ai 2700 delegati papa Benedetto aveva intitolato un capitolo del suo discorso: "Rendere visibile il grande sì della fede". Guardando ai ritratti dei tanti testimoni della fede che accompagnavano i lavori dell'assemblea il papa diceva: "Attraverso questa multiforme testimonianza, emerge quel grande "sì" che in Gesù Cristo Dio ha detto all'uomo e alla sua vita, all'amore umano, alla nostra libertà e alla nostra intelligenza; la fede nel Dio dal volto umano porti la gioia nel mondo. Il cristianesimo è infatti aperto a tutto ciò che di giusto, vero e puro vi è nelle culture e nelle civiltà, a ciò che allieta, consola e fortifica la nostra esistenza." Durante la santa Messa allo stato, il papa non si era nascosto i pericoli, ma aveva detto: "La certezza che Cristo è risorto ci assicura che nessuna forza avversa potrà mai distruggere la Chiesa. Forti di questa speranza non abbiamo paura delle prove, le quali, per quanto dolorose e pesanti, mai possono intaccare la gioia profonda che ci deriva dall'essere amati da Dio." Allora potremmo chiederci come mai siamo qui a compiere questo gesto penitenziale delle Ceneri che introduce un tempo di rinuncia e purificazione come è la Quaresima? Sempre il papa ci illumina su questo punto: "I cristiani non ignorano e non sottovalutano però quella pericolosa fragilità della natura umana che è una minaccia per il cammino dell'uomo in ogni contesto storico; in particolare, non trascurano le tensioni interiori e le contraddizioni della nostra epoca. Perciò l'annuncio del Vangelo non è mai un semplice adattarsi alle culture, ma è sempre anche una purificazione, un taglio coraggioso che diviene maturazione e risanamento, un'apertura che consente di nascere a quella "creatura nuova" che è il frutto dello Spirito Santo." Da questa sollecitudine per la persona umana e la sua formazione vengono i nostri "no" a forme deboli e deviate di amore e alle contraffazioni della libertà, come anche alla riduzione della ragione soltanto a ciò che è calcolabile e manipolabile. In verità, questi "no" sono piuttosto dei "sì" all'amore autentico, alla realtà dell'uomo come è stato creato da Dio. Il teologo Franco Giulio Brambilla nella sua introduzione al Convegno aveva già ricordato le prime parole di papa Benedetto nella santa Messa di insediamento il 24 aprile 2005. Papa Benedetto ripensava al saluto iniziale di papa Giovanni Paolo II nel momento dell'elezione: "Ancora, e continuamente, mi risuonano nelle orecchie le sue parole di allora: "Non abbiate paura, aprite anzi spalancate le porte a Cristo!" Il Papa parlava ai forti, ai potenti del mondo, i quali avevano paura che Cristo potesse portar via qualcosa del loro potere, se lo avessero lasciato entrare e concesso la libertà alla fede. Sì, egli avrebbe certamente portato via loro qualcosa: il dominio della corruzione, dello stravolgimento del diritto, dell'arbitrio. Ma non avrebbe portato via nulla di ciò che appartiene alla libertà dell'uomo, alla sua dignità, all'edificazione di una società giusta. Il Papa parlava inoltre a tutti gli uomini, soprattutto ai giovani. Non abbiamo forse tutti in qualche modo paura - se lasciamo entrare Cristo totalmente dentro di noi, se ci apriamo totalmente a lui – paura che Egli possa portar via qualcosa della nostra vita? Non abbiamo forse paura di rinunciare a qualcosa di grande, di unico, che rende la vita così bella? Non rischiamo di trovarci poi nell'angustia e privati della libertà? Ed ancora una volta il Papa voleva dire: no! chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla – assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande. No! solo in quest'amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in quest'amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana. Solo in quest'amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera. Così, oggi, io vorrei, con grande forza e grande convinzione, a partire dall'esperienza di una lunga vita personale, dire a voi, cari giovani: non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo – e troverete la vera vita." Sono parole rivolte in modo particolare ai giovani, ma che valgono per tutti e sono tanto più significative all'inizio della Quaresima perché ci mostrano la meta del nostro cammino e il senso delle rinunce della Quaresima. L'Arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi che ha tenuto il discorso iniziale al Convegno di Verona, nel 1994 aveva firmato in qualità di segretario generale della CEI un documento dei Vescovi italiani su: "Il senso cristiano del digiuno e dell'astinenza". In esso si davano delle indicazioni concrete. Ascoltiamo per concludere la nostra riflessione: Ricordiamo, a titolo di esempio, alcuni comportamenti che possono facilmente rendere tutti, in qualche modo, schiavi del superfluo e persino complici dell'ingiustizia: - il consumo alimentare senza una giusta regola, accompagnato a volte da un intollerabile spreco di risorse; - l'uso eccessivo di bevande alcooliche e di fumo; - la ricerca incessante di cose superflue, accettando acriticamente ogni moda e ogni sollecitazione della pubblicità commerciale; - la ricerca smodata di forme di divertimento che non servono al necessario recupero psicologico e fisico, ma sono finì a se stesse e conducono ad evadere dalla realtà e dalle proprie responsabilità; - l'occupazione frenetica, che non lascia spazio al silenzio, alla riflessione e alla preghiera; - il ricorso esagerato alla televisione e agli altri mezzi di comunicazione, che può creare dipendenza, ostacolare la riflessione personale e impedisce il dialogo in famiglia. I cristiani sono chiamati dalla grazia di Cristo a comportarsi «come i figli della luce» e quindi a non partecipare «alle opere infruttuose delle tenebre» (Ef 5,8.11). Così, praticando un giusto «digiuno» in questi e in altri settori della vita personale e sociale, i cristiani non solo si fanno solidali con quanti, anche non cristiani, tengono in grande considerazione la sobrietà di vita come componente essenziale dell'esistenza morale, ma anche offrono una preziosa testimonianza di fede circa i veri valori della vita umana, favorendo la nostalgia e la ricerca di quella spiritualità di cui ogni persona ha grande bisogno. |