Omelia (08-12-2007) |
don Maurizio Prandi |
La fede: una scelta, non un'etichetta Sono sempre tante le "suggestioni" che questa liturgia provoca in coloro che con fatica provano a mettersi in ascolto della Parola di Dio. Forse possiamo proprio partire da quello che domenica accennavo sulla promessa... ricordate? Dicevo che il giudizio di Dio non è tanto nell'ordine della minaccia, quanto nell'ordine della promessa: la promessa della pace, la promessa di un battesimo da poter vivere fino in fondo, la promessa di un significato da scoprire e che viene custodito dal quotidiano, dal feriale, dal nostro reale. Oggi ci viene detto che questa promessa consiste nel trionfo del bene, della vittoria dell'amore, in un Dio che sceglie il grembo di una donna come casa. C'è poi un altro legame con la liturgia della Parola di domenica scorsa: anche oggi vengono presentati a noi, attraverso letture, i tratti della responsabilità. Si, perché se la generazione di Noè perì perché viveva da irresponsabile, non accorgendosi di nulla, non interrogando il reale, non vigilando, senza andare in profondità, Adamo fugge da Dio e fugge da se stesso. Guardando alla pagina della Genesi davvero possiamo delineare quali sono i tratti della de-responsabilizzazione; intanto il nascondersi: Adamo si nasconde... non solo. A Dio che lo chiama fatica anche a rispondere e quando risponde non esce dal suo nascondiglio, quasi per nascondere a se stesso il suo sbaglio, il suo errore. Quante volte non mi assumo la responsabilità perché decido di restare nascosto, perché non esco allo scoperto... e quanti modi ci sono per restare nascosti e de-responsabilizzarsi, come ad esempio quando si riportano cose dette da altri e quelle stesse cose usiamo, sfruttiamo a nostro uso e a nostra soddisfazione personale... alle volte siamo così piccoli da nasconderci dietro ai "mugugni" (o presunti tali) degli altri per poterci giustificare... C'è un altro modo, però, simile a questo e che molto semplicemente definiamo come lo scarica-barile, il dare la colpa ad un altro, il colpevolizzare qualcuno. Può capitare nella nostra vita, così come è capitato ad Adamo: "la donna che tu mi hai posta accanto mi dato dell'albero e io ne ho mangiato"... come dire: Intanto se lei non avesse insinuato la piacevolezza del frutto a me non sarebbe venuto neppure in mente che lì c'era l'albero... e poi, se andiamo a ben vedere, sei tu che me l'hai posta accanto, quindi la responsabilità è la tua... A questo meccanismo, che una volta ingranato ci porta distante da noi stessi e dal nostro agire, la vergine Maria dice di no. Alla domanda di Dio: Dove sei? a cui Adamo si sottrae per paura e per vergogna, il vangelo oppone la risposta: Ecco, sono la serva del Signore!" con cui Maria dice la sua disponibilità piena di amore a lasciarsi plasmare dalla parola di Dio" (Comunità di Bose)... non che Maria sia turbata, ma è come se l'amore scacciasse la paura. A questo proposito, mi ricordo che al tempo degli studi in seminario, il nostro rettore, parlando del volto di Dio, ogni volta che si leggeva questa pagina di vangelo ci diceva che la madre di Gesù ci parla di un Dio che è il Dio dell'impossibile: lei che è vergine, che non ha relazioni con un uomo, lei che, secondo un'interpretazione esegetica non intende avere relazioni con un uomo per consacrarsi a Dio, avrà un figlio! Ecco che si apre qua il grande tema della fede (o meglio si riapre visto che da tante settimane cerchiamo di domandarci a che punto siamo del nostro cammino interiore), una fede capace di credere l'impossibile perché crede, in ultima analisi alla Risurrezione; scrivono, alla comunità di Bose: In ogni autentico atto di fede è sempre implicita la fede nella risurrezione, la fede che non si arrende all'ovvietà della morte e alle leggi della natura... credere all'impossibile non significa dunque aprire le porte all'irrazionale, al magico, all'insensato, ma avere sempre presente la risurrezione. La fede crede l'impossibile perché crede la risurrezione. La fede fa affidamento sul Dio a cui niente è impossibile, ovvero, che ha risuscitato Cristo dai morti. Allora qui è bello l'atteggiamento di Maria che in quella domanda: Come è possibile? Ci dice tutta la sua piccolezza, tutta la sua umiltà... invece di esaltarsi, di dire: ma guarda come sono brava!, la sua fede la pone di fronte al mistero di Dio senza la minima forma esibizionista... pudore e silenzio, mai esibizione. Sento che sta qui una grande responsabilità per il cristiano, capire che la resurrezione non va vissuta con i toni trionfalistici della vittoria, ma va vissuta a partire dal silenzio del sabato santo, per amare la storia e la vita anche nel momento dell'oscurità, della fatica, nel momento in cui i grandi sogni e i grandi desideri sembrano essersi addormentati, per essere capaci di avvicinarci tutti i giorni alle vere dimensioni della vita (Antonietta Potente). Sento che questa è una strada che possiamo percorrere con frutto perché è la strada che porta a fare della nostra vita credente non una etichetta, non una appartenenza militante ma una scelta, che ci porta a fare, sull'esempio di Maria, atti, gesti concreti, decisioni che incidono la presenza di Dio anche nella nostra vita (comunità di Bose). |