Omelia (08-12-2007)
don Daniele Muraro
La Rivelazione

Le letture bibliche della Messa di oggi ci mettono davanti a due Rivelazioni, quella dell'Antico e quella del Nuovo Testamento, diverse fra loro, ma complementari, nel senso che la seconda completa e chiarisce la prima.
Dai capitoli iniziali del libro della Genesi veniamo a conoscere gli antefatti della condizione umana. Non ci furono testimoni fino al sesto giorno della creazione e anche verso la sera del sesto giorno quando fu plasmato Adamo, nessuno assistette alla scena, se non gli angeli di Dio.
Dunque Dio dovette spiegare per sommi capi ad Adamo il susseguirsi degli eventi fino al momento culminante, quando al suo corpo di creta fu concessa l'anima spirituale e poi, dopo la confusione seguita alla prima disobbedienza, Dio dovette ripetere il racconto a Mosè e agli altri saggi autori del libro sacro.
Proprio a motivo della brusca interruzione seguita alla cacciata dei progenitori, dal racconto mancano alcuni particolari che renderebbero la descrizione più completa e soddisfacente, ma nel complesso tutte le informazioni importanti ci sono state rivelate.
Senza fermarci ad analizzare ogni singola frase noi possiamo andare subito al significato dottrinale del testo.
In sintesi il messaggio del racconto è che Dio creò l'uomo senza necessità, per amore e dopo averlo fatto a propria immagine e somiglianza lo voleva elevare alla condizione di amicizia con sé.
Dobbiamo aggiungere che Adamo ed Eva in quanto creature libere e coscienti si dovevano decidere per il bene e parallelamente dovevano rifiutare il male.
Si era già consumata infatti la rivolta di Satana e degli altri angeli ribelli e quindi un principio di disordine era stato introdotto nel mondo.
L'uomo poteva rimanerne indenne, ma doveva fare uno sforzo di volontà, oppure ne avrebbe sopportato le conseguenze negative. Toccava a lui la scelta; non era una minaccia, solo un avvertimento. Nel pericolo e nel dubbio l'uomo avrebbe potuto chiedere aiuto a Dio, purché si fidasse.
A motivo del pericolo Dio non aveva accantonato il suo disegno di ammettere l'uomo alla sua amicizia e fare di lui quasi un suo familiare.
Se Dio passeggiava per il giardino di Eden, annunciando il suo arrivo con la brezza del giorno era per parlare e trattenersi in conversazione con lui e così elevarlo alla sua condizione divina.
Anche Adamo prima della rottura seguita alla disobbedienza da parte sua non avvertiva come motivo di intimidazione la presenza di Dio. Egli non aveva ancora sperimentato nella sua coscienza il rimorso della colpa e dunque non aveva bisogno di nascondersi al suo Creatore.
Fu solo in seguito alla trasgressione che egli perse la spontaneità del dialogo con Dio e la sua voce che lo interpellava gli divenne estranea.
Secondo la fede, tutto il male così pervasivo sulla terra e che noi constatiamo con disgusto, non deriva dalla condizione umana in quanto tale, ma dal peccato.
La domanda di Dio su quello che è successo nasce da una sincera preoccupazione: Dio non trova più Adamo nella sua posizione centrale di signore di tutto il resto del giardino e allora si mette a cercarlo.
Dio sa già tutto, ma vuole una presa di coscienza da parte sua e della donna che Egli gli aveva messo accanto. Adamo non ha nulla di nuovo da dichiarare a Dio e allora accusa. La denuncia delle responsabilità termina al serpente, che riceve la sua punizione di perdere le zampe, una punizione simbolica, come metaforica è anche la sua figura. In realtà sotto l'immagine viscida e insidiosa della serpe il racconto si nasconde il tentatore e nemico per eccellenza dell'umanità che è il diavolo. Per lui nella sentenza dell'Onnipotente non c'è opportunità di redenzione.
Invece alla coppia dei progenitori Dio apre una speranza di riscatto, promettendo inimicizia eterna fra una donna e il serpente, che come abbiamo raffigura il male nel suo principio spirituale.
Dio annuncia che fuori dal paradiso terrestre, nella storia seguente dell'umanità, è destinata a svolgersi una lotta duratura fra Satana e una donna, fra la stirpe del primo e quella della seconda.
"Si aprirono loro gli occhi e si accorsero di essere nudi": a questa rivelazione del peccato fa subito seguito la rivelazione da parte di Dio di una rivalsa e di una vittoria potremmo ben dire schiacciante.
La Chiesa ha applicato la descrizione del libro della Genesi alla persona di Maria santissima e alla sua condizione di Immacolata Concezione.
Per essere trionfatrice del male insieme con il suo Figlio Gesù in lei non ci doveva essere nessuna incrinatura che predisponesse al cedimento nei confronti della tentazione e della disobbedienza verso Dio.
Il suo calcagno doveva essere saldo, per quanto leggero: leggero per fuggire dalla tentazione e non lasciarsi appesantire dall'attrazione della concupiscienza; saldo per respingere il tentatore e infiacchire la sua minaccia non solo per sé, ma anche per tutto il genere umano.
Non fu una missione facile quella di Maria, ma Dio l'aveva previsto fin dal principio. Anche lei dovette apprenderla un po' alla volta. Dio però la sostenne sempre nel suo cammino.
La rivelazione del male strisciante nel mondo per lei fu sempre una scoperta esterna, dalla parte di Dio, una compartecipazione al dolore divino per la rovina di tanti figli di Adamo.
La rivelazione che da Dio venne a Maria per mezzo dell'angelo Gabriele invece fu un annuncio felice, di cui allietarsi e gioire.
Maria rimane stupita delle parole dell'angelo che le indicano la sua missione: non si immaginava di essere lei la prescelta per l'adempimento dell'antica promessa. Desiderava che il Messia venisse presto, ma non attribuiva a se stessa il privilegio di essere la sua madre terrena.
Della novità Maria si può ben rallegrare, e lo farà nel Magnificat. Così ella dimostra a tutti noi che la Rivelazione di Dio non è mai causa di tristezza se non quando svela il male che c'è già, mentre quello che promette come opera di Dio è sempre per il bene e la salvezza dell'uomo.
Insieme a Maria santissima dunque non temiamo la Rivelazione da parte di Dio, ma la accogliamo nella fede e assieme con tutta la Chiesa oggi la celebriamo nella gioia.