Omelia (01-04-2007) |
don Daniele Muraro |
Il commento segue lo schema predisposto dall'autore per ogni anno liturgico, che potete trovare cliccando qui. Siamo qui riuniti per la Celebrazione delle Palme, ossia per la Commemorazione dell'Ingresso di nostro Signore Gesù Cristo in Gerusalemme, una settimana prima della Pasqua. Accompagniamo Gesù nel cammino che lo porterà alla Passione e ci uniamo alla folla che lo acclama: "Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore." Gesù sembra gradire queste dimostrazioni di lieta accoglienza e di affetto e a coloro che lo invitavano a far smettere tali consensi e gesti di benvenuto risponde: "Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre". La celebrazione comporta sempre un momento di festa, reso solenne dall'afflusso del popolo, tuttavia nella celebrazione liturgica nessuno deve sentirsi per così dire schiacciato dalla folla e privato della sua personalità. La celebrazione non è uno spettacolo, ma una azione sacra, ossia richiede la piena e attiva partecipazione di ciascuno nel slancio di incontro con Dio. E' ancora pienamente valida la raccomandazione del Concilio Vaticano II ai fedeli cristiani di non assistere alla liturgia eucaristica «come estranei o muti spettatori», ma a partecipare «all'azione sacra consapevolmente, piamente e attivamente». Lo ha ribadito recentemente papa Benedetto nell'Esortazione Apostolica: "Sacramentum Caritatis": il Sacramento dell'Amore. Non è lo stesso ascoltare distrattamente la Parola di Dio proclamata oppure immergersi nel suo messaggio spirituale ed è ben diverso l'atteggiamento di chi risponde e dialoga con il ministro e unisce la sua voce a quella di tutta l'assemblea dall'atteggiamento di chi tace o interviene saltuariamente nelle formule o nei canti. Non si tratta solo di farsi sentire, ma di gustare interiormente quello a cui si partecipa, perché ci riguarda e può cambiare il nostro modo di vivere e di unire l'espressione della nostra fede e della nostra lode a Dio alla voce dei fratelli e delle sorelle presenti. Dice ancora il papa: ci sono delle condizioni personali per una fruttuosa partecipazione al rito. Una di queste è certamente lo spirito di costante conversione. Non ci si può aspettare una partecipazione attiva alla liturgia eucaristica, se ci si accosta ad essa superficialmente, senza interrogarsi sul proprio comportamento abituale. Favoriscono questa disposizione interiore, il raccoglimento ed il silenzio almeno qualche istante prima dell'inizio della liturgia, quindi di arrivare un po' in anticipo, dico io, il digiuno e, quando necessario, la Confessione sacramentale. Quello che abilita alla vera partecipazione è prima di tutto avere il cuore riconciliato con Dio. Il Papa poi aggiunge che una fruttuosa partecipazione ai santi Misteri non può aversi se non si cerca al tempo stesso di prendere parte attivamente alla vita della Chiesa nella sua interezza, che comprende anche l'impegno missionario di portare l'amore di Cristo dentro la società. Senza dubbio, la piena partecipazione all'Eucaristia si ha quando ci si accosta anche personalmente all'altare per ricevere la Comunione. Ma anche quando non è possibile unirsi alla comunione sacramentale, la partecipazione alla santa Messa rimane necessaria, valida e significativa. È bene in queste circostanze coltivare il desiderio della piena unione con Cristo con la pratica, della comunione spirituale, cioè esprimendo nel proprio cuore il desiderio di essere uniti a Cristo almeno spiritualmente, se non proprio ricevendo realmente la santa Comunione. L'Eucaristia è un grande mistero e anche un grande dono: Gesù ha voluto che la prima Messa fosse preparata con cura, nella sala al piano superiore, grande e addobbata, ed egli stesso nel momento culminante confida ai discepoli: "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione". Partecipiamo dunque con fede ai misteri della nostra fede per avere i benefici spirituali che il Signore ci vuole comunicare tramite la nostra presenza attiva e consapevole. |