Omelia (15-08-2007)
don Daniele Muraro


Il commento segue lo schema predisposto dall'autore per ogni anno liturgico, che potete trovare cliccando qui.


Celebriamo la solennità dell'Assunzione al cielo in anima e corpo della beata sempre Vergine Maria. Rimarco fin da subito questo aggettivo "beata", perché descrive bene la condizione di Maria nella gioia del cielo, in cui entrò al termine della sua vita terrena.
Nella seconda parte dell'Ave Maria iniziamo rivolgendoci a Maria con il titolo di santa dicendo "santa Maria Madre di Dio", però per il fatto di essere considerata santa, anzi la "tutta santa" come la venerano gli Ortodossi, Maria non ha perduto l'altra qualità, ossia quella di essere beata, e proprio su questo primo titolo "beata" vorrei soffermarmi stamattina con voi.
In tante occasioni la Chiesa chiama Maria beata, la festa di oggi è solo un esempio. Il Concilio Vaticano II parlando di Maria così intitola il capitolo: "la Beata Maria Vergine Madre di Dio nel Mistero di Cristo e della Chiesa". Possiamo dire in generale che sono più le volte che il nome di Maria è associato all'aggettivo beata che non ad altri. In tutto il documento citato, per esempio, Maria è chiamata una sola volta santa e ben diciotto volte beata.
Andando indietro e risalendo alle fonti, possiamo scoprire che questa definizione deriva addirittura dal Vangelo e precisamente la troviamo nella descrizione che san Luca fa dell'incontro fra Elisabetta e la cugina venuta a trovarla. L'anziana Elisabetta si rivolge a Maria chiamandola "Benedetta tu" e poi aggiunge "E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore".
Maria dunque è beata perché ha creduto, è beata per la sua fede, virtù che fa il paio con la sua umiltà. A conferma di ciò Maria risponde alla lode ricevuta con un inno di esaltazione rivolto a Dio: "L'anima mia magnifica il Signore, e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore, perché ha guardato all'umiltà della sua serva."
Queste qualità, fede e umiltà, così speciali in Maria, sono confermate da Gesù stesso. Una donna in mezzo alla folla aveva gridato a riguardo di sua Madre: "Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!". Gesù risponde: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!".
Come nota acutamente sant'Agostino non dobbiamo intendere questa parole di Gesù come una smentita della beatitudine da attribuire a sua Madre, ma come una correzione nel senso di un aumento di merito.
Gesù, esprimendosi così, non intendeva sviare l'attenzione della donna della folla da un'altra parte lontano da sua Madre, ma ricostruisce un'immagine completa di colei che fin da principio il Padre aveva associato alla sua, di Gesù, missione di salvezza.
Maria è grande non solo perché ha concepito e generato Gesù, il Figlio di Dio, e lo ha allevato con amore (che è già per conto suo una benemerenza più unica che straordinaria), ma la grandezza di Maria si deve misurare dalla sua fede nel dare ascolto alla volontà di Dio e dalla sua capacità di nel metterla poi in pratica.
Chiamato in causa direttamente Gesù dunque non smentisce la grandezza di sua Madre, ma la colloca nella sua vera dimensione, quella spirituale.
Di fronte a tutti Egli propone Maria come il modello di ogni anima credente che accoglie in sé la Parola, che è Lui stesso, e che le permette di portare frutto.
Sicuramente Gesù conosceva le parole del Magnificat, pronunciate per la prima volta circa trent'anni prima, dove Maria dice: "D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata" e non vi si oppone, piuttosto indirizza la naturale ammirazione verso la Madre del Messia verso la considerazione dell'atteggiamento spirituale per cui Maria ha meritato di dare al mondo il Figlio di Dio fatto uomo.
In comunione profonda con tutte le generazioni cristiane del passato e con quelle che verranno, noi oggi - attuando il suo annuncio profetico - proclamiamo dunque beata Maria e facciamo nostro il suo cantico di lode.
A questo punto possiamo chiederci che cosa ha da dire a noi ancora pellegrini sulla terra l'assunzione al cielo e l'ingresso nella beatitudine eterna di Maria Vergine e Madre di Dio.
Significativa a questo proposito è la descrizione del segno nel cielo contemplato dall'evangelista Giovanni e descritto al capitolo dodicesimo del libro dell'Apocalisse.
Egli vede una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle e dietro questa raffigurazione noi certamente possiamo riconoscere la Vergine Maria elevata nella gloria di Dio.
La visione però ha un seguito. La donna "era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto." La visione dell'Apocalisse sembra dirci che quello che fu risparmiato a Maria nel Natale alla capanna di Betlemme ora lei lo vive in maniera diversa, spirituale ma non per questo meno reale, a favore nostro, di noi che ancora ci dibattiamo nelle miserie e nelle angustie della terra.
A Maria non basta di aver dato forma al corpo di Gesù per la sua esistenza storica fra di noi, ella vuole che il suo Figlio viva per la fede anche nei nostri cuori, innanzi tutto che vi trovi posto e poi che vi possa dispiegare tutta l'ampiezza della sua influenza divina.
È questo il motivo per cui pur essendo immersa nella gioia del Cielo, torna ogni tanto sulla terra e appare a chi vive nell'umiltà e perciò può facilmente prestare fede ai suoi messaggi.
Soprattutto nell'ultimo secolo, le apparizioni mariane si sono moltiplicate. Molte hanno avuto l'approvazione della Chiesa. Ne cito soltanto alcune: dopo Fatima nel 1917 possiamo registrare sempre a Lucia dos Santos un'ulteriore apparizione a Pontevedra nel 1925, ufficialmente riconosciuta dal Vescovo di Leiria nel 1939, Maria inoltre apparve a Banneux in Belgio nel 1933, ad Amsterdam in Olanda nel 1945, alle Tre Fontane a Roma nel 1947, a Siracusa in Sicilia nel 1953 e fermiamoci qua.
Quando Maria si è fatta vedere, sempre il motivo della sua visita è stato per richiamare tutti ad una vita cristiana più intensa, lontano dal peccato e nella grazia di Dio e spesso in questo contesto si è mostrata triste e con le lacrime agli occhi.
Proprio in riferimento alla lacrimazione a Siracusa della statua nella casa di due giovani sposi, il papa Pio XII disse: "Senza dubbio Maria è in cielo eternamente felice e non soffre né dolore né mestizia; ma Ella non vi rimane insensibile, anzi nutre sempre amore e pietà per il misero genere umano cui fu data per Madre allorché dolorosa e lacrimante sostava ai piedi della croce ove era appeso il suo Figlio. Comprenderanno gli uomini il linguaggio di quelle lacrime?"
Se ci interroghiamo sul motivo di tanta tristezza, dobbiamo concludere che Maria santissima si lamenta e piange, non per quello che ora manca a Lei, ma per ciò di cui siamo scarsi noi: la fede, lo spirito di preghiera, il distacco dal peccato e la cooperazione alla grazia.
Ed è proprio quello che Lei ci vuole ottenere, con la nostra collaborazione, in modo che alla fine partecipiamo anche noi alla sua beatitudine eterna presso Dio.