Omelia (25-12-2007) |
Il pane della domenica |
Una luce nella notte Oggi vi è nato il Salvatore Il Natale è la più antica "notte bianca" della nostra storia. Come si sa, i vangeli non ci riportano la data precisa della nascita di Gesù, ma una volta ottenuta la libertà di culto con l'editto di Costantino, i cristiani di Roma hanno cominciato a celebrare il Natale il 25 dicembre, al posto della festa pagana al Dio sole, che veniva a cadere nel solstizio di inverno, come "giorno natalizio (natalis) del sole invincibile". In questo modo la Chiesa di Roma, "battezzando" una festa pagana, richiamava i cristiani a considerare la nascita di Gesù, la vera luce che illumina il mondo. Verrebbe da chiedersi subito se noi, cristiani di oggi, non ci stiamo lasciando scippare anche il Natale o addirittura se non siamo anche noi complici di quella che è una vera e propria "ripaganizzazione" di una festa cristiana. Ma questa notte non vogliamo abbandonarci al coro malinconico e patetico di sterili lamentele e di inutili polemiche. Abbiamo piuttosto bisogno di rianimare la nostra fragile speranza, e per questo vogliamo entrare nel cono di luce inesauribile che dalla grotta di Betlemme continua ininterrottamente, da duemila anni, a rischiarare le notti dei nostri poveri giorni. 1. L'evangelista Luca ci informa che c'erano dei pastori a vegliare il gregge in quella notte nella campagna di Betlemme, e "la gloria del Signore li avvolse di luce". Il profeta Isaia ci aveva prima descritto i tempi messianici come tempi eccezionalmente luminosi, sfavillanti: "Il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce; una luce si è levata sugli abitanti di una terra oscura". E s. Paolo, nella 2ª lettura, ci parla di una straordinaria illuminazione divina: è "apparsa", ossia si è resa visibile e palpabile la grazia, l'amore gratuito, misericordioso e salvifico di Dio. Perché tutta questo sfolgorio di luce? "Perché un bambino è nato per noi", ci ha proclamato anche stanotte il profeta; perché "oggi ci è nato un salvatore", ci ha di nuovo annunciato l'evangelista"; perché con la venuta di Gesù, Dio Padre ci ha fatto grazia, ci ha appena ricordato l'apostolo. Ma in che senso questa luce altissima non solo non ha subito alcun calo di tensione col passare dei secoli e dei millenni, ma continua a risplendere su di noi e a illuminare ogni uomo che viene al mondo, anche chi, come noi è chiamato a vivere questi incerti e difficili anni del Millennio appena dischiuso? Dobbiamo riconoscere che quella che era stata promessa come l'era più luminosa della storia e si era pomposamente autofregiata del titolo di epoca dei "lumi", è stata inequivocabilmente l'epoca più tragica e sanguinaria della storia. Questo perché di volta in volta la luce di Dio è stata sistematicamente spenta e sono stati accesi dei bagliori illusori e ingannevoli. Basti ricordare i due grandi miti del secolo appena trascorso, il nazionalismo e il comunismo, e tutto il mare di lacrime e sangue che hanno prodotto. Ma bisogna riconoscere che anche oggi la nostra società continua ad essere stregata dal miraggio di un edonismo ossessivo e sfrontato, di un economicismo accanitamente presidiato da leggi ritenute intangibili, di un individualismo selvaggio, sganciato da ogni sensata esigenza di solidarietà e di civile responsabilità. Ma quando viene derubricata la voce "Dio", sulle pagine dell'agenda sociale si possono tracciare solo righe storte per scriverci sopra parole di feroce violenza, di insipienza disastrosa, di rara follia. 2. Eppure, se celebriamo anche quest'anno il Natale, è perché crediamo che la sua luce continua a illuminare anche il prossimo tratto di una strada possibile, che ci consenta di ricominciare a sperare e di poter trasformare le tante inutili macerie delle nostre follie e delle nostre maniacali aberrazioni, in altrettanti mattoni utili per la nuova civiltà dell'amore. Domandiamoci allora: da quali tenebre ci salva la luce del Natale? In quali direzioni essa si propaga? Innanzitutto ci salva dalle nebbie gelide del non-senso, perché ci apporta le verità che costituiscono la grammatica di base per comunicare con Dio, con noi stessi, con tutti. Il Natale lancia un potente fascio di luce verso gli abissi del cielo, su Dio stesso, e ce lo rivela non come l'impassibile orologiaio dei mondi e neanche come un monarca acido e arcigno: Dio è Padre e ci ama perdutamente, fino al punto da "giocarsi" il tesoro più caro, la vita di suo Figlio, mettendola a repentaglio tra le nostre mani rozze e violente. Il Natale illumina anche lo scenario ambiguo e confuso della storia, facendo vedere al di là delle apparenze più vistose o delle più sconcertanti contraddizioni dell'umana convivenza, che la nostra vicenda non è comandata da un destino cieco e inesorabile, né da un caso capriccioso, aleatorio e volubile, ma è guidata dalla regia immensamente sapiente e provvidente di un Amore sovrabbondante, che riesce sempre a ricavare da qualsiasi male, lieve o grave che sia, un bene smisuratamente più grande. Il Natale rischiara perfino il tratto più buio del nostro cammino terreno, la morte, e ci dice che essa non è il capolinea triste e squallido di un viaggio turistico - la vita - o troppo breve o troppo costoso o troppo affannato o tutt'e tre le cose messe insieme per risultare alla fine veramente piacevole, ma è solo l'ultimo terminal per noi passeggeri in transito prima del grande volo, verso la meta ultima: la casa del Padre. Per questo la Chiesa chiama la morte dei santi il dies natalis, il "natale" che ci fa nascere alla vita immortale. Questo evento ci ricorda ancora che ogni bambino, ogni uomo vale quanto il mondo, anzi infinitamente di più, perché costa addirittura il sangue del Figlio di Dio. Perciò l'uomo non può pensare bassamente di sé, perché così facendo si comporterebbe in modo ingiusto con Dio stesso. Ecco come al riguardo si esprimeva un grande scrittore antico, s. Pietro Crisologo: "O uomo, perché così ti avvilisci, tu che agli occhi di Dio sei tanto prezioso? Perché tu, così onorato da Dio, ti disonori a questo modo? Perché indaghi scientificamente sulla tua origine, e non ti domandi mai quale sia il senso e lo scopo della tua venuta nel mondo?". 3. La luce del Natale, oltre ad essere verità che illumina, è anche energia che riscalda, trasforma e mobilita: una energia potentissima che ci aiuta a non sprofondare nelle sabbie mobili delle nostre tante disperazioni, tristezze e depressioni, perché non solo ci recapita la notizia più bella, più consolante e rivitalizzante - che siamo figli amati: immensamente, singolarmente, irreversibilmente amati - ma ci comunica la grazia impensabile di questo stesso amore. A Natale il Figlio di Dio, oltre a nascere tra di noi, rinasce in noi, se noi decidiamo di uscire dai tunnel tetri e soffocanti del nostro peccato e ci apriamo ad accogliere il grande regalo della vita del Bambino di Betlemme, offerto gratis a quanti lo accolgono, a quelli che credono nel suo nome: "il potere di diventare figli di Dio" (Gv 1,12). In una splendida preghiera della novena di Natale, la liturgia ci faceva pregare: "O Astro che sorgi, splendore della luce eterna, sole di giustizia: vieni, illumina chi giace nelle tenebre e nell'ombra di morte". Ora che il Signore è venuto nella sua parola e sta per venire nel segno del pane spezzato, forse lo possiamo pregare così: "Stai con me, o Signore, e io inizierò a risplendere come tu risplendi, fino ad essere luce per gli altri. La luce, o Gesù, verrà tutta da te: nulla sarà merito mio. Sarai tu a risplendere, attraverso di me, sugli altri. Fa' che io ti lodi così, nel modo che tu più gradisci, risplendendo sopra tutti coloro che sono intorno a me. Da' luce a loro e da' luce a me: illumina loro insieme a me, attraverso di me" (Newman). Ci soccorra la vergine Madre, figlia del suo Figlio, la clemente e pia, la dolce Vergine Maria! Commento di Mons. Francesco Lambiasi tratto da "Il pane della Domenica. Meditazioni sui vangeli festivi" Ave, Roma 2007 |