Omelia (25-12-2007) |
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PRIMA LETTURA Gerusalemme, fine dell'VIII secolo, il re Acaz è terrorizzato e la sua poca fede non fa altro che aumentare la sua paura. L'Assiria ha appena distrutto il regno israelita del nord, un regno prospero e forte militarmente, certamente più prospero e forte del povero regno giudaico di Gerusalemme. Le armate assire si stanno dirigendo verso la città di Acaz e tutto sembra perduto. E' veramente la notte della paura per il popolo di Gerusalemme. Ed ecco che nella notte brilla la luce della parola profetica, Isaia annuncia la nascita di un figlio del re. Ogni bambino che nasce sulla terra è segno di benedizione e di vicinanza di Dio, ogni nascita proclama che Dio non si è ancora stancato degli uomini. Ma lo sguardo del profeta, oltre questo bambino che annuncia la continuazione delle dinastia davidica, la dinastia della promessa, intravede un altro bambino: il Messia, il Salvatore. Questi farà brillare di nuovo la luce anche sui deportati del regno del nord, che sembravano ormai rigettati da Dio e lontani da ogni speranza di salvezza. Invece per bocca di Isaia il Signore promette che tutti i discendenti di Abramo si ritroveranno un giorno riuniti in un solo regno. SECONDA LETTURA Paolo, in una delle sue ultime lettere, ricorda a Tito il nucleo del suo messaggio: Dio si fa conoscere per mezzo della sua grazia. Questa azione divina è come una luce che brilla nelle tenebre del mondo, essa apre gli occhi degli uomini alla comprensione della presenza divina e del suo operare nel mondo. La pienezza di questa luce è sfolgorata attraverso Gesù. Le sue parole ed i suoi gesti sono una guida chiara ed una azione efficace di salvezza, per trasformare l'umanità in un popolo puro e capace di rispondere alla chiamata di Dio al Regno. VANGELO La storia di questa notte comincia in maniera normale, come tutte le storie di questo mondo: un potente decide qualcosa dall'alto del suo trono, sulla pelle della povera gente, e tutti si trovano la vita sconvolta da questa dimostrazione di dispotismo. Il potere vuol contare le sue forze, le sue ricchezze. Sembra una dimostrazione di potenza, in realtà denota insicurezza e paura. Il re che conta i suoi armati ed i suoi sudditi dimostra di temere il nemico. Ma chi è il nemico misterioso davanti al quale l'impero affila le sue armi? Chi potrà minacciare questa potenza tenebrosa? La luce si accende in un angolo oscuro dell'impero, è all'inizio una luce molto fioca, per nulla preoccupante: è solo un fanciullo nato da lontani discendenti di Davide, costretti a spostarsi per il mondo per compiacere al gesto orgoglioso dell'imperatore pagano. In questa maniera paradossale Dio realizza la promessa fatta già al piccolo pastore di Betlemme divenuto poi il grande re Davide. Dalla sua discendenza sarebbe venuto il Salvatore, la luce vera che illumina ogni uomo. L'immagine del «bambino avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia» – che Luca ripete tre volte – colpisce per la sua totale semplicità. Il particolare che più meraviglia è l'assenza di ogni tratto meraviglioso. Certo i pastori sono stati avvolti e intimoriti dalla gloria di Dio, hanno visto gli angeli ed udito il loro annuncio ed il loro canto soprannaturale, ma il segno che ricevono è semplicemente: «Troverete un bambino avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia». E quando giungono a Betlemme non vedono altro che questo: «un bambino deposto nella mangiatoia». La meraviglia del Natale è condensata tutta in questa semplicissima immagine. Ma vi si condensa anche il mistero teologico del Natale. Infatti senza la rivelazione degli angeli non capiremmo che quel bambino deposto in una mangiatoia è il Signore. E senza il bambino deposto nella mangiatoia non capiremmo che la gloria del vero Dio è molto diversa dalla gloria dell'uomo. Il canto degli angeli che annuncia queste due cose va letto proprio alla luce dell'immagine del presepe. Me per riconoscere il dono di salvezza di Dio nell'umile segno di un neonato, adagiato in una mangiatoia, è necessario un candore totale, ossia la povertà degli umili di questo mondo. Per questo sono i pastori che per primi vedono la nuova luce ed sono i loro cuori che si aprono a contemplare l'intera creazione in festa, la dove per molti altri non vi è che notte. Sono loro i nostri modelli nella notte di Natale. Dio fa proprio degli ultimi come loro i testimoni delle sue meraviglie. Il nuovo lezionario, con dei piccolissimi cambiamenti mette in luce alcuni particolari del testo evangelico. Commento a cura di don Nazzareno Marconi |