Omelia (01-01-2008)
Agenzia SIR


È il primo giorno dell'anno civile. Tutti augurano un buon anno. Anche la Chiesa: "Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti dia pace". L'augurio della Chiesa è una benedizione. Invocarla significa aprirsi alla presenza misericordiosa di Dio e da lui attendere il dono della pace, intesa come pienezza di vita, come riconciliazione con Dio, con gli altri, con le cose e con se stessi.

Inizia l'anno dinanzi al volto di una giovane donna che ha partorito nella verginità. Il Vangelo mostra la scena di una famiglia ebrea, povera. I visitatori sono pastori, gente rude e di basso livello sociale, la culla per un primogenito è una mangiatoia. Quel neonato, però, è il Figlio di Dio, il Salvatore del mondo, l'atteso dalle genti. Torniamo a contemplare la giovane madre che presto la Chiesa chiamerà Theotokos, Madre di Dio. Se è doloroso vivere senza padre, lo è di più senza madre. In Maria, il Figlio ci ridona la figliolanza divina e, attraverso la Madre, ritroviamo anche il Padre. Si ricompone così la famiglia umana lacerata fin dalla genesi. Sarà anche per questo che il primo giorno dell'anno è dedicato alla pace. La giornata della pace è messa in cima a tutti i giorni dell'anno, perché ogni giorno sia tempo di pace.

La promessa dell'angelo al momento dell'annuncio (il figlio che nascerà sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo) e il fatto di esser diventata Madre di Dio sembrano contraddetti dal luogo e dalle circostanze (una stalla, una greppia per animali); ma ai pastori questo basta e lo raccontano pieni di stupore. Solo Maria resta in silenzio: vede, medita e conserva tutto nel cuore. Giuseppe e Maria, come i pastori, non hanno posto. Eppure, proprio i pastori sono scelti da Dio come primi testimoni e annunciatori del mistero, così come le donne lo saranno della resurrezione.

Il presepe è la fedele rappresentazione del Vangelo di oggi. Francesco di Assisi, l'uomo più somigliante a Cristo, lo mise in scena a Greccio, tre anni prima della sua morte e alla vigilia delle stimmate, a indicare che lì, nel presepe, le domande serie e vere trovano risposta, perché al centro c'è un bambino di nome Gesù, che significa: "Dio salva". Il Bambino è il punto di incontro fra la terra e il cielo, il capolavoro della misericordia di Dio. La pace sulla terra è il riflesso della gloria di Dio.

Facciamo attenzione ai verbi del Vangelo. I pastori, dopo aver udito, andarono, videro, riferirono e tornarono alle loro occupazioni lodando Dio. Dalla loro testimonianza venne lo stupore di quelli che udirono. Dopo l'udire c'è l'andare, quindi il vedere; infine il lodare. La fede è un cammino di obbedienza all'annuncio e alla bellezza. Cosa c'è di più bello, infatti, da comunicare se non una bella notizia? E la notizia, oggi, della pace?

Il Signore ci conceda la pace per intercessione di Maria che oggi celebriamo come Madre di Dio. "Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta". Così recita una preghiera mariana, forse la più antica, del terzo secolo. Queste, invece, le parole in preghiera di Paolo VI: "Tutta la Chiesa riconosce il legame tra la tua divina maternità, o Maria, e la pace. Quella pace che è venuto a portare al mondo il tuo figlio, Gesù Cristo, il nuovo Adamo. In lui e per lui tutti gli uomini sono fratelli e tu Maria, nuova Eva, divieni la madre di tutti i viventi, la nostra Madre amatissima. Madre del Cristo Re, Principe della pace, tu, Maria, divieni per ciò stessa Regina e Madre della pace. A te, Maria, intendiamo affidare la causa della pace in tutto il mondo. Maria, Regina della pace, intercedi per noi".

Commento a cura di Angelo Sceppacerca