Omelia (04-01-2008)
Monaci Benedettini Silvestrini


L'evangelista Giovanni narra dei due discepoli del Battista che, lasciato il loro maestro, si mettono a seguire Gesù. Evidentemente le parole del profeta riguardo a Gesù avevano colpito il loro cuore. È in verità quel che accade ad ognuno di noi quando apre il proprio cuore alla predicazione del Vangelo. All'origine dell'esperienza religiosa cristiana c'è sempre una parola che tocca il cuore e che fa uscire dalle proprie abitudini, dalle proprie sicurezze, fossero anche religiose. È l'inizio di un itinerario interiore che porta verso la crescita della conoscenza del mistero rivelato da io. Dopo un po' di strada, Gesù si volta e chiede ai due che lo seguono: "Che cercate?". Sono le prime parole che Gesù pronuncia nel quarto Vangelo, ma è anche la prima domanda che viene posta a chiunque si avvicini al Vangelo: "Che cerchi?", "Cosa ti aspetti?". I due discepoli rimangono sorpresi da questa domanda e rispondono con un'altra: "Rabbì, dove stai?". E Gesù: "Venite e vedrete". È una risposta quasi brusca, lapidaria, scandita da due verbi: un invito e una promessa. Gesù non si attarda a spiegare; il suo non è un programma che richieda lunghe e complesse spiegazioni dottrinali. Egli propone in verità un'esperienza. E così accadde. Scrive l'evangelista che i due "andarono e videro dove stava e quel giorno si fermarono presso di lui. Era circa l'ora decima". Fermarsi a casa significava radicarsi nella compagnia di Gesù, entrare in comunione con lui. E frequentarlo vuol dire cambiare nome, ossia la propria vita.