Omelia (05-01-2008) |
mons. Vincenzo Paglia |
Commento Giovanni 1,43-51 L'incontro con Gesù, che abbiamo visitato appena nato pochi giorni or sono, non limita né restringe o impoverisce la vita di chi si avvicina a lui. Semmai apre ancor più gli occhi e il cuore. Insomma, fa uscire dal provincialismo e dalle grettezze che ci avvolgono per inserirci in un orizzonte infinitamente più grande di noi. Inizia qui la storia della singolare fraternità che si è creata attorno a Gesù e che ancora oggi continua nel mondo. Andrea, uno dei due che avevano incontrato Gesù, vede suo fratello Simone e lo conduce dal nuovo maestro. È poi la volta di Filippo, il quale, a sua volta, racconta a Natanaele la bellezza dell'incontro fatto. L'onestà di Natanaele, lodata anche da Gesù, non basta a salvarlo. Solo l'incontro con il profeta di Nazareth (anche se si pensa che da Nazareth non possa venire nulla di buono) illumina il cuore di quel giusto che si sente conosciuto così profondamente. Gesù gli promette che vedrà cose ben maggiori di quelle che ha appena viste. È l'ambizione di questo singolare maestro su quel piccolo gruppo di seguaci. Forse loro neppure se ne rendono conto. Ma il Signore affida a loro la sua stessa missione. Per questo, più avanti, dirà a Pietro e a tutti i discepoli che lo seguono che riceveranno cento volte tanto rispetto a quello che ha lasciato. |