Omelia (08-04-2001)
Totustuus
Omelia per l'8 aprile 2001 - 5a dom. T. Quaresima Anno C

NESSO TRA LE LETTURE

Il dolore! realtà storica e disegno di Dio. Qui si trova il centro del messaggio della Domenica delle Palme. Il Servo di Javeh (prima lettura) soffre colpi, insulti e sputi, ma il Signore lo aiuta e gli insegna il senso del dolore. San Paolo, nell'inno Cristologico della lettera ai filippesi (seconda lettura), canta a Cristo che "si spogliò della sua grandezza, assumendo la condizione di servo". Nella narrazione della passione secondo san Luca, Gesù affronta sofferenze indicibili e inenarrabili, alla maniera di uno schiavo, ma sa che tutto è disposto dal Padre e per questo affida al Padre il suo spirito.

MESSAGGIO DOTTRINALE

1. Cristo, uomo dei dolori. La sofferenza di Cristo può misurarsi quantitativamente, e già così è enorme. Ciononostante, il valore supremo del dolore di Cristo si radica soprattutto nella sua qualità. Qualità che si basa su tre pilastri: Gesù è l'uomo perfetto, che esperimenta e vive la sofferenza con perfezione; Gesù è il Figlio di Dio, e pertanto è Dio stesso che soffre in Lui; Gesù è il redentore del mondo e dell'uomo, che assume il dolore iniettando in esso la potenza salvifica di Dio. Per questo, nella vita di Cristo, soprattutto negli avvenimenti della sua passione e morte, il dolore è una realtà storica, ma anche mistica, è solidarietà con l'uomo, e allo stesso tempo giudizio e giustificazione dell'uomo peccatore, ossia, mistero di salvezza. Il racconto della passione secondo san Luca ci porta come per mano alla contemplazione orante di Cristo nei diversi episodi di questo mistero di dolore: Contempliamo il dolore contenuto, discretamente manifestato, di Gesù nel Cenacolo, di fronte al tradimento di Giuda (Lc 22,22), o di fronte alla discussione inopportuna dei discepoli su ranghi e primi posti (LC 22, 24ss). Vediamo il dolore intenso, estenuante ed estremo al Getsemani, fino al punto di versare gocce di sangue a causa della solitudine, dell'abbandono degli uomini e del suo stesso Padre, del peso del peccato del mondo. Ripassiamo interiormente il dolore ineffabile dell'amore rinnegato da Pietro, il dolore degnissimo dell'amore schernito dalla marmaglia dei soldati, tra bestemmie e bassezze, il dolore nobile dell'innocente condannato dai capi del popolo e dal potere dominante, il dolore sacro e puro per il disonore che gli è stato inflitto nell'essere posposto a un criminale, il dolore fisico dei chiodi che trapassano le sue mani i suoi piedi, e l'ultimo dolore dell'agonia. Cristo "uomo dei dolori ed avvezzo al patire", Cristo che raccoglie nel suo corpo e nella sua anima, come in una conca, ogni dolore ed ogni pena.

2. Cristo non è solo nel suo dolore. Già il Servo di Javeh, figura di Cristo, ha la sicurezza che, in mezzo ai suoi dolori, "il Signore lo aiuta" (prima lettura). Al Getsemani il Padre gli invia un angelo, non per liberarlo dal dolore, ma per confortarlo (cf. Lc 22,43). Sulla via del Calvario lo accompagna un gruppo di donne, "che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui" (Lc 23,27). Crocifisso alla destra di Gesù si trova il buon ladrone, che riprende il suo compagno di crimini e proclama l'innocenza di Gesù: "Costui non ha fatto niente di male". Durante la passione, Gesù ha sentito sia l'abbandono del Padre, sia la sua intima ed ineffabile compagnia e prossimità, e per questo può esclamare prima di spirare: "Padre, nelle tue mani consegno il mio Spirito". La glorificazione del dolore di Cristo - e la conseguente solidarietà con lui - la indica san Luca dopo la sua morte, mediante la confessione del centurione: "veramente quest'uomo era giusto", mediante il pentimento della folla, che "tornava in città percuotendosi il petto", e soprattutto mediante l'annuncio alle donne che sono accorse al sepolcro: "Non è qui. È risorto". La seconda lettura sottolinea la vicinanza di Dio a Cristo obbediente fino alla morte con termini di esaltazione: "Gli diede il nome che è al disopra di ogni nome". Né Dio né l'uomo lasciarono Cristo solo nel dolore. Questa affermazione è valida per ogni uomo. L'uomo, così come Gesù, troverà negli uomini la causa del suo dolore, e in essi troverà anche la presenza amica e il conforto solidale.

SUGGERIMENTI PASTORALI

1. Il dolore, un tesoro nascosto. L'uomo attuale ha paura del dolore. Vorrebbe eliminarlo, strapparlo dalla vita umana, e perfino dalla vita animale. Sembra come se il dolore fosse un male, un male abominevole, un buco nero nel grande universo umano, che divora tutto ciò che entra nel suo campo di azione. Sembra come se la grande battaglia della storia attuale fosse contro il dolore, invece di essere per l'uomo. Si deve riflettere su tutto ciò, perché a volte risulta che riusciamo, sì, a distruggere il dolore, ma in modo tale che distruggiamo anche qualcosa dell'uomo. I genitori, affinché i propri figli non soffrano, non negano loro nulla, lasciano fare loro tutti i capricci, ma...non stanno in questa maniera pregiudicandoli, a lungo andare? Agli anziani, ai malati terminali, vengono ammortizzati i dolori con medicine che fanno loro perdere in gran parte la coscienza. Non li si fa così perdere libertà e nobiltà di spirito di fronte al dolore? Non sono per la sofferenza in sé, è necessario alleviarla il più possibile, ma sono per l'assunzione umana della sofferenza. Non sono rari i casi di giovani ed adulti che, davanti all'insuccesso scolastico o professionale, davanti a una delusione amorosa, davanti a uno scandalo di corruzione, preferiscono farla finita con la vita, piuttosto che affrontare il volto doloroso della situazione. Perché? Non si conosce, non si è scoperto il tesoro nascosto nel dolore. Per l'uomo, è un tesoro nascosto di umanizzazione, per il cristiano è un tesoro nascosto di assimilazione allo stile di Cristo, di valore redentore. Giovanni Paolo II ha avuto l'audacia di parlare del Vangelo della sofferenza, certamente della sofferenza di Cristo, ma, insieme con Lui, della sofferenza del cristiano. Siamo chiamati a vivere questo Vangelo nelle piccole pene della vita, siamo chiamati a predicarlo con sincerità e con amore.

2. Conforto nel dolore. Ai nostri giorni, la medicina sta scoprendo che la presenza amica presso il letto del malato può alleviare il dolore più di una iniezione di morfina. C'è una relazione stretta tra l'anima e il corpo, e il conforto spirituale di una vicinanza addolcisce le più terribili sofferenze. Le opere di misericordia spirituale (istruire, consolare, confortare, soffrire con pazienza...) e corporali (dar da mangiare all'affamato, dare un tetto a chi non ne ha, vestire gli ignudi, visitare gli infermi e i carcerati, seppellire i morti...), sono modi tradizionali di aiutare l'uomo nel suo dolore. Sono forme che continuano ad essere valide ed indispensabili. Insieme ad esse, sorgono e sorgeranno nuove forme, secondo le necessità del nostro tempo. Ciò che importa è aver coscienza che, come cristiani, dobbiamo accompagnare gli uomini nel dolore, dobbiamo essere solidali con le loro pene, dobbiamo alleviare le loro sofferenze con la nostra vicinanza e il nostro conforto. Non è una buona forma di alleviamento insegnare a coloro che soffrono a dare senso e valore alle loro sofferenze?