Omelia (19-01-2008)
Monaci Benedettini Silvestrini
Non per i giusti, ma per i peccatori

La chiamata dell'apostolo Matteo si caratterizza per la sua rapidità. Ad un rapido cenno del Signore, che corrisponde ad un invito preciso, ad un cambiamento di vita, Matteo risponde con una generosità pronta e disponibile. L'essenzialità di questo racconto evangelico fa risaltare, quindi l'iniziativa di Dio come iniziativa di amore. È un amore gratuito che chiede solo una corrispondenza per poter operare. Leggiamo, però in interezza il brano del Vangelo e scopriamo che il senso profondo della chiamata di Matteo non si trova soltanto nell'immediatezza dell'incontro con Gesù. Il pranzo con i pubblicani ed i peccatori non è soltanto l'espressione della gioia umana con la quale si vuol festeggiare questo incontro tra Gesù e Matteo. La presenza di Gesù ci spinge a leggere questo episodio in modo spirituale e scoprire che la chiamata di Gesù ha uno scopo preciso: guarire i malati – fisici e spirituali. Gesù chiama per salvare e Gesù chiama per garantire la sua presenza sempre. La chiesa ha il dono di poter continuare questa missione di amore e di salvezza; dono gratuito che implica però un riconoscimento per tutti noi. Per poter salvare e continuare questa missione di Gesù, dovremmo riconoscerci prima di tutto noi stessi bisognoso di salvezza, per poi farne partecipe i fratelli. La chiamata non è privilegio ma è il riconoscersi per quello che veramente siamo e chiedere a Gesù l'aiuto per la nostra vita.