Omelia (29-04-2001) |
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Omelia per il 29 aprile 2001 - 3a dom. T. di Pasqua NESSO TRA LE LETTURE Dopo la resurrezione di Gesù Cristo, è giunta per gli apostoli l'ora della missione. Il numero centocinquantatré di pesci pescati miracolosamente simboleggia il carattere pieno ed universale della missione dei discepoli e della Chiesa. A Pietro, Cristo risorto dice per tre volte quale deve essere la sua missione: "Pasci le mie pecorelle" (vangelo). Dopo la Pentecoste, i discepoli cominciarono a porre in pratica la missione che avevano ricevuto, predicando la Buona Novella di Gesù Cristo (prima lettura). Fa parte della missione che gli uomini non soltanto conoscano Cristo, ma anche che lo adorino come Dio e Signore (seconda lettura). MESSAGGIO DOTTRINALE 1. La missione della Chiesa. Ogni evangelista, a suo modo, mostra, come parte fondamentale del messaggio di Gesù, la missione universale della Chiesa. San Giovanni nel vangelo di oggi ricorre, seguendo il suo proprio stile, ai simboli. Il mare, come immagine del mondo, dell'insieme degli uomini, era comune ai tempi di Gesù e dell'evangelista; era altrettanto comune, almeno tra greci e romani, l'immagine della nave, per esempio la nave dello stato. I primi cristiani, basandosi su alcuni testi del Nuovo Testamento (Lc 5,3; Mt 8,23; Mc 1,17; Gv 21, 1-14), parlarono della nave della Chiesa. C'è un altro simbolo che è esclusivo di Giovanni. Mi riferisco al numero dei pesci raccolti: 153. È risaputo che, nella cultura contemporanea di Gesù, il simbolo numerico aveva un grande valore ed era usato con non poca frequenza. Centocinquantatré indica pienezza e totalità. Si suole spiegare in due modi: 1 + 3+ 5 è uguale a 9, che, essendo multiplo di 3, sottolinea la pienezza in sommo grado. Un altro modo di spiegare il valore pieno e totale di questo numero è il seguente: il multiplo di 12 è 144; se a 144 sommiamo 9, otteniamo 153. È una maniera di accentuare ancora di più la totalità. Riassumendo, la missione della Chiesa, nel mare del mondo, non è altra che quella di essere pescatori di tutti gli uomini senza eccezione, e di condurli al porto sicuro della fede e dell'eternità. A questa immagine della nave e della pesca, ne segue senza interruzione un'altra: quella del pastore e delle pecore. Gesù Cristo, Buon Pastore, affida a Pietro: "Pasci le mie pecorelle". Ezechiele aveva parlato del Dio come Pastore di Israele; adesso Gesù ricorre alla stessa immagine per parlare di se stesso come Pastore della Chiesa, e dà a Pietro la sua stessa missione. Buon Pastore è colui che cura, ama, protegge, pasce le proprie pecore, e le difende dai lupi fino a dare la vita per esse. La missione di Pietro e dei pastori nella Chiesa è far sì che tutte le pecore ottengano la salvezza di Dio. 2. Due forme di realizzare la missione. Negli Atti degli Apostoli (prima lettura), si realizza la missione mediante la predicazione. Gli apostoli hanno predicato Gesù Cristo, soprattutto il grande mistero della sua morte e resurrezione, e le reti cominciano a riempirsi di pesci. È tale l'efficacia della predicazione, che le autorità giudee si spaventano e mettono gli apostoli in carcere. "Ma Pietro e gli apostoli risposero: Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini". Chi ha ricevuto la stessa missione di Gesù Cristo, potrà rinunciarvi? Potrà eguagliarla a qualsiasi altra missione nella vita? Agli apostoli sembra impossibile, e non hanno paura di pagare qualsiasi prezzo per realizzare la loro missione. La seconda maniera di portare a compimento la missione è il culto, particolarmente l'atteggiamento di adorazione verso Gesù Cristo, l'Agnello immolato. "L'agnello che fu immolato è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione" (seconda lettura). Affinché la missione degli apostoli si realizzi pienamente, la predicazione deve sfociare nel culto. Sapere che Cristo è morto e risorto per noi, senza adorarlo come nostro Dio e Signore, è lasciare incompleta la missione. Separare queste due realtà oppure trascurare eccessivamente una di esse, equivarrebbe a una specie di monofisismo apostolico e pastorale. SUGGERIMENTI PASTORALI 1. La missione nel villaggio globale. Ai nostri giorni, il mondo è diventato un villaggio globale. Per i mezzi dell'informazione, delle finanze, delle idee non esistono frontiere. Una cerimonia pontificia può essere vista simultaneamente in qualsiasi angolo della terra dove esista un televisore, e, grazie ad internet, puoi intavolare un chat su qualsiasi tema con uomini e donne a migliaia di chilometri di distanza dalla tua abitazione. I cristiani, mediante tutti questi strumenti, entrano in contatto con persone che hanno un'altra visione della vita, che vivono secondo altri modelli di esistenza, che praticano un'altra religione ed accettano altre credenze. Questo fenomeno può suscitare un certo stato di crisi nei cristiani, può perfino farli cadere in un certo relativismo religioso, ma può essere allo stesso modo una stupenda occasione per mettere in pratica, in grandissima scala e con i mezzi più avanzati, la missione universale della Chiesa. Quando mai la Chiesa ha avuto più mezzi per predicare Cristo dai tetti, con le sue numerosissime antenne? Ci troviamo forse davanti alla sfida storica più importante nell'opera missionaria universale della Chiesa. Questa grande missione universale non la portano a compimento pochi missionari in terre non evangelizzate; la può compiere qualsiasi cristiano, tu stesso la puoi portare avanti, da casa tua o dal tuo ufficio. Si vede chiaramente che la missione universale della Chiesa richiede che ogni cristiano sia un uomo convinto della sua fede, e sia preparato per dare ragione di essa a chi glielo chieda: per strada, all'ufficio, o su internet. 2. Il culto di adorazione. Penso che in questi ultimi decenni tra i fedeli sia diminuito il culto di adorazione. Può essere che si sia insistito molto sull'assemblea liturgica, e meno sulla Persona intorno alla quale l'assemblea si riunisce. O si è sottolineato molto il carattere festivo dei sacramenti, e meno il carattere cultuale. Forse si è anche posto l'accento su Gesù Cristo amico, maestro, modello in quanto uomo uguale a noi, e si è lasciata un po' in silenzio la figura di Gesù Cristo, come nostro Dio e Signore. Queste ed altre ragioni hanno fatto abbassare il senso cristiano dell'adorazione. L'inizio del terzo millennio, incentrato sul mistero dell'incarnazione del Verbo, è un'occasione magnifica per rinnovare e recuperare lo spirito di adorazione dovuta a Gesù Cristo. Ci dice il catechismo: "Approfondendo la fede nella presenza reale di Cristo nell'Eucarestia, la Chiesa ha preso coscienza del significato dell'adorazione silenziosa del Signore presente sotto le specie eucaristiche" (CCC 1379). Non si dovrà forse avvivare e ravvivare la coscienza di questa presenza di Gesù Cristo Dio nell'Eucarestia? Lo stesso catechismo aggiunge al n. 2145: "La predicazione e la catechesi devono essere compenetrate di adorazione e di rispetto per il nome del Signore nostro Gesù Cristo". Un momento di riflessione e di esame per i catechisti e i predicatori! Il mondo, per rinnovarsi, ha bisogno di una Chiesa più adorante. |