Omelia (02-11-2001)
Totustuus
Omelia per il 2 Novembre 2001 - Commemorazione di Tutti i Fedeli Defunti

NESSO TRA LE LETTURE

"Morte e vita" sono le due parole in cui è possibile sintetizzare la liturgia in onore di tutti i fedeli defunti. Nel vangelo, Gesù si offre come pane di vita e dice che il Padre vuole che tutti abbiano vita eterna. Isaia pone davanti ai nostri occhi il festino della vita, in cui Dio distruggerà per sempre la morte e asciugherà le lacrime da tutti i volti (prima lettura). E san Paolo, nella lettera ai Romani, afferma che "Dio ci ha mostrato il suo amore facendo morire Cristo per noi quando ancora eravamo peccatori" (seconda lettura).

MESSAGGIO DOTTRINALE

1. Fame di Dio, sete di vita eterna. La fame e la sete accompagnano l'uomo nel suo pellegrinaggio terreno dalla culla alla tomba. Non pensiamo soltanto alla fame di pane o alla sete di acqua. Si deve riconoscere che l'uomo, dal momento in cui nasce, è un affamato di Dio e un assetato di vita eterna. La sua natura spirituale e la sua vocazione di immagine di Dio agitano il suo intero essere in un anelito costante della sua Origine e del suo Destino. In Gesù Cristo l'uomo soddisfa la sua fame di Dio, perché Egli è il Pane disceso da cielo, con cui Dio Padre alimenta i suoi figli: Pane della Parola fatta Sacra Scrittura, Pane dell'Eucarestia trasformato in corpo e sangue dello stesso Dio. E lo Spirito Santo è colui che sazia la sua sete di vita eterna, perché Egli è l'acqua viva che Cristo ci dà perché noi abbiamo di nuovo sete. Già in questa vita, Dio sazia la nostra fame di Dio e la nostra sete di vita eterna, ma solo in modo limitato e sotto la tentazione di cercare di soddisfare la nostra fame e sete non in Dio, ma nelle creature. Soltanto dopo la morte Dio sarà il nostro unico Pane e la nostra unica Acqua, il nostro vero alimento e bevanda per sempre. Proprio la prima lettura esalta il festino della vita che Dio ha preparato in Sion per tutti i popoli, festino che prefigura il banchetto nella Gerusalemme celeste, quando Gesù Cristo avrà vinto tutti i suoi nemici, la stessa morte, e avrà donato il Regno a suo Padre. La morte ci si presenta, in questo modo, come invito al banchetto della vita, il cui anfitrione è lo stesso Dio. A dire il vero, non è la vita quella che sbocca nella morte, ma è piuttosto quest'ultima quella che sbocca nella vita. Siamo soliti parlare di "vita e morte", ma la liturgia di oggi ci conduce a cambiare l'ordine e a preferire "morte e vita", perché è la vita che esce vittoriosa dal duello con la morte; perché il banchetto cui Dio ci invita non è un banchetto funebre, ma un banchetto per celebrare la vita.

2. La morte, prologo al libro della vita. Durante il pugno di anni dell'esistenza, l'uomo si affanna nella ricerca. È un eterno ricercatore. Cerca di essere amato e di amare; cerca il sapere, la scienza, il potere; cerca la fama; cerca la verità e la vita; cerca Dio. Se cerca con sincerità e costanza, troverà Quello e Colui che cerca in tutto ciò che cerca. Troverà Dio, troverà la vita. Non c'è dubbio che la vita dell'uomo sia una eterna ricerca. Ma, che cosa è la morte, se non il momento in cui la ricerca termina, e comincia l'incontro definitivo con Dio, con noi stessi, con la verità e la vita? Avere vita eterna, non è questa la suprema ed ultima aspirazione di tutte le ricerche dell'uomo, perfino per vie tortuose, insensate, in direzione opposta di Colui che cerca? Non è anche l'ultimo e massimo regalo che Dio vuole dare personalmente a ciascuno degli uomini? "Mio Padre vuole — leggiamo nel vangelo — che tutti coloro che vedranno il Figlio e crederanno in Lui abbiano la vita eterna, ed io li resusciterò nell'ultimo giorno". Per questo, la morte, che condensa in sé la nostra esperienza effimera, può ben considerarsi soltanto come un breve prologo al libro della vita.

3. Dalla Pasqua di Cristo ci viene la luce. Le riflessioni precedenti trovano la loro cornice più propria nel mistero della morte di Cristo, che il Padre risuscitò di tra i morti, e che ci fa partecipare della sua vita. Immaginiamo la morte di Cristo come il grande oceano in cui si raccolgono tutti i morti della storia, e la resurrezione come il nuovo Paradiso preparato da Cristo risorto per tutti coloro che sono stati illuminati dalla sua Luce. La vita di cui ci parla la liturgia non è solamente l'immortalità dell'anima (esigenza della sua natura spirituale), ma è piuttosto e molto di più la partecipazione nell'anima e nel corpo della vita di Cristo risorto. La luce del mistero del Figlio di Dio, Gesù Cristo, morto e risorto per noi, per strapparci dalla morte e renderci partecipi della vita, illumina in modo completamente unico la vita terrena, il termine della vita stessa con la morte, e l'inizio gaudioso di una vita senza fine in compagnia di Dio e di tutti i santi.

SUGGERIMENTI PASTORALI

1. Una visione più cristiana della morte e della vita. Un certo materialismo ed orizzontalismo si sono messi nell'anima di tutti, soprattutto negli ultimi secoli. Diciamo che la morte è la fine della vita, ma forse dimentichiamo che è l'aurora di una nuova vita. Quando parliamo della vita ci riferiamo all'esistenza terrena, forse perché l'altra vita non fa parte della nostre categorie mentali, o perché siamo tanto bene installati in questa, che tendiamo a non pensare alla sua fugacità e al suo momento finale. Vita non è solamente un termine temporale, ma appartiene anche al linguaggio dell'eterno. È possibile che sentiamo necessità di apprendere a poco a poco, codesto linguaggio dell'eterno e di esercitarlo, altrimenti, passando all'altra sponda della vita, nessun altro ci intenderà, con l'inconveniente che lì non ci sono interpreti. Un giorno come oggi è un momento prezioso per rinnovare i nostri concetti e la nostra mentalità, in modo da aprire di più il nostro cuore alla realtà che ci aspettano dopo la morte. "La vita, per noi che crediamo in te, Signore, non termina, si trasforma; e, al disfarsi della nostra dimora terrena, acquisteremo una dimora eterna nel cielo", preghiamo nel prefazio dei defunti. E santa Teresa di Gesù Bambino esclamava: "Io non muoio, entro nella vita", Un tempo propizio per la catechesi sulla resurrezione della carne e sulla vita eterna, a partire dalle pagine che il catechismo della Chiesa dedica a questi temi (CCC 988-1060).

2. Pregare per i fedeli defunti. Nell'affidare l'anima a Dio, la Chiesa parla al moribondo con una dolce sicurezza: "Anima cristiana, uscendo da questo mondo, va', nel nome di Dio Padre Onnipotente, che ti creò, nel nome di Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, che morì per te, nel nome dello Spirito Santo, che su di te discese. Entra nel luogo della pace, che la tua dimora sia presso Dio in Sion, la città santa, con Santa Maria Vergine, Madre di Dio, con san Giuseppe e tutti gli angeli e i santi". Questo è ciò che desideriamo di tutto cuore per i moribondi, e questo è ciò che chiediamo a Dio quando per essi preghiamo, un volta che siano morti. Ai nostri defunti ci uniscono i legami del sangue e della fede, per questo continuiamo ad amarli e a desiderare il loro bene mediante le nostre orazioni. La Chiesa, come Madre di tutti i cristiani, intercede quotidianamente in ogni santa messa per i defunti: "Ricordati anche dei nostri fratelli che si sono addormentati nella speranza della resurrezione e di tutti i defunti; ammettili a contemplare la luce del tuo volto" (Preghiera eucaristica, II). Preghiamo per loro con sincerità ed umiltà di cuore, affinché la nostra intercessione per essi presso Dio sia ascoltata e possano definitivamente "stare sempre con il Signore".