Omelia (20-02-2008)
Comunità Missionaria Villaregia (giovani)


Tutta la nostra società, la cultura, la produzione è impostata sul primato. Bisogna essere i primi, è necessario essere i primi se si vuole sopravvivere in un mondo dove gli ultimi non sono ascoltati, sono esclusi ed emarginati: i primi a scuola, i primi tra gli amici, i primi nel lavoro... Tutto è diventato competizione. Il Vangelo di oggi capovolge la situazione: Sei arrivato primo? Bene sarai ultimo: "Gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi". Dio ha un altro modo di guardare il mondo, la sua prospettiva è una prospettiva inversa, rovesciata. Per lui quelli che contano sono gli ultimi, quelli che non valgono agli occhi del mondo, potremmo dire i perdenti: Ma chi sono? Quanti sono?

Nessuno sa con esattezza quanti siano. Qualcuno stima siano tre miliardi e mezzo di rifiuti umani che rappresentano il più grave atto di accusa per la nostra società dello spreco.

Proprio perché le risorse della terra sono scarse e non consentono a tutti di vivere nel lusso, la nostra parte di mondo ha risolto il problema facendo la parte del leone. Prendiamo tutto noi e la discussione è finita!
Per cui il mondo è di fatto diviso in due: i POTENTI E I PERDENTI, O I VINCITORI E I VINTI, I RICCHI E I POVERI.
Da una parte ci sono Paesi con una potente struttura industriale, grande capacità tecnologica, molti servizi e dall'altra ci sono Paesi, ricchi di materia prima, sfruttata dai Paesi ricchi, che non hanno servizi sociali, né capacità industriali per il loro sviluppo.

Ma chi sono i grandi perdenti?

Sono i piccoli pescatori condannati alla fame perché i loro mari sono razziati dai pescherecci industriali che pigiando un solo bottone gettano le reti in fondo al mare, tirano su tutto il pesce che trovano, lo puliscono, lo impacchettano e lo surgelano pronto per essere rivenduto nei supermercati.

Sono gli abitanti dell'Amazzonia, messi in fuga da imprese vandaliche, che per portarsi via le ricchezze della foresta non esitano ad uccidere e a distruggere.

Sono i contadini delle periferie di Jakarta, minacciati di morte da parte di imprese turistiche decise ad avere le loro terre per costruire campi da golf per i turisti stranieri.

Sono... la lista è ancora molto lunga... Sono i tre miliardi e mezzo dell'umanità che vivono in situazione di sottosviluppo.

Ti sembra difficile dare un volto a questi ultimi? Forse ti può aiutare questa esperienza raccontata da P. Marco a Belo Horizonte:

"Una sera mi trovavo piuttosto in ritardo. Dovevo uscire per le consuete visite ai gruppi che si riunivano neidiversi punti della missione. in questi momenti sembra proprio che capitino tutte. Ogni cosa che succede, ogni persona che si avvicina sembra che faccia perdere tempo. Finalmente sto per uscire, e, appoggiato allo stipite della porta, vedo un uomo, un povero, uno dei tanti che cercano aiuto e solidarietà.

Stava lì in silenzio, non aveva suonato il campanello, aspettava che dentro casa qualcuno si accorgesse di lui.
In un baleno la mia mente pensa le possibili "difese". Poi ho risolto di uscire in fretta in modo che questo fratello capisse che proprio non potevo fermarmi. E così ho fatto. Fatti i primi dieci metri, il silenzio di quell'uomo era diventato assordante. Una persona può perdere tutto, ma conservare una grande dignità. E allora le parole possono non servire, esiste un linguaggio più profondo, il linguaggio della "presenza"
Sono ritornato indietro: "Come ti chiami", gli ho chiesto. "Sebastiano - rispose, ma il mio soprannome è Tiao". Veniva da un paesino a 200 km, in mezzo ai grandi latifondi. "Ho lavorato nelle miniere dello Stato, facevo lo spaccatore di pietre, ho raccolto il caffè e ho fatto anche il vaccaro. Sono stanco di cambiare sempre, sono qui per trovare qualcosa di meglio. Voglio cambiare vita, padre, anch'io sono un uomo, non sono un animale".
Era un "boia fria", gente dal pasto freddo, uno degli "intoccabili" del Brasile, coloro che svolgono i lavori più noiosi, più sporchi e malsani in cambio di salari di fame, uno fra i milioni di contadini senza terra.
Di fronte a Tiao mi sono sentito subito ricco, ricco perfino della mia fretta, del mio tempo. Ho chiesto a Tiao un documento, la sua carta di identità. E quell'uomo, dopo un attimo di esitazione ha inclinato la testa e mi ha mostrato le sue mani grosse e rozze, pieni di calli e di screpolature dicendomi: "Ecco i miei documenti. Quando ogni mattina, nella piazza del mio paese, arriva il fazendeiro con il camion per scegliere i lavoratori di quella giornata, servono questi documenti. Io non ne ho altri".

La società, ormai telematica, non sapeva che Tiao esisteva, ma Dio Padre sì, ed ora anch'io. Avrei voluto baciare quei preziosi "documenti" e domandare perdono a quel fratello che inizialmente avevo ignorato. Siamo riusciti ad aiutare Tiao donandogli un alloggio e un lavoro.


Anche Dio ci chiede un documento, lo stesso documento per tutti gli uomini, l'unico documento valido per la salvezza: l'amore al prossimo, anche quando questo forse significa mettersi in fila con gli ultimi, con i perdenti della nostra società.

La Parola ci invita a un cambio di mentalità e di atteggiamento: l'altro, chiunque altro, viene sempre prima di me.