Omelia (06-01-2002) |
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Omelia per il 6 gennaio 2002 - Epifania del Signore NESSO LOGICO TRA LE LETTURE I testi di oggi convergono nel tema dell'universalismo cristiano. Un universalismo che Matteo trova rappresentato dai magi (il mondo pagano), venuti dall'Oriente per adorare il bambino (Vangelo). In essi vede compiuta la profezia di Isaia, secondo la quale "alla tua luce cammineranno i popoli...tutti" (Prima lettura). San Paolo, con il suo sguardo penetrante di fede, si innalza fino al mistero di Dio, dapprima occulto e adesso rivelato: "Tutti i popoli condividono la stessa eredità, e partecipano della stessa promessa fatta da Cristo Gesù attraverso il vangelo" (Seconda lettura). MESSAGGIO DOTTRINALE Se si crede che Cristo è Dio, si accetta facilmente che sia universale come lo stesso Dio, e che i popoli abbiano in lui la loro unità, la loro eredità e il loro significato. Perciò, Paolo non ha dubbi nel parlare di "un mistero", qualcosa di inaccessibile al pensiero e allo sforzo intellettuale dell'uomo; qualcosa che solo Dio può, in amore e libertà, svelare agli uomini. Isaia aveva intuito qualcosa di questo mistero, quando vide i popoli e i re accorrere a Gerusalemme per lodare e rendere culto a Yahvèh, Signore delle nazioni. L'evangelista Matteo ha meditato, con la comunità cristiana, sui primi avvenimenti della vita di Gesù Cristo, e lo ha fatto a partire dall'Antico Testamento, dove si trovano le profezie che debbono essere compiute dal Messia. La profezia di Is 60, 1-6 (prima lettura) la vede compiuta nell'episodio dell'arrivo di alcuni magi a Gerusalemme, a chiedere del Messia appena nato. Con il compimento della profezia, la rivelazione di Dio porta a compimento varie novità di enorme importanza: 1. Il centro delle nazioni non è una città (Gerusalemme), ma una persona: Gesù, il Messia e Signore, nato a Betlemme di Giuda, per compiere le Scritture. 2. La marcia dei popoli verso Cristo non sarà soltanto dei giudei che risiedevano nella diaspora, come pare essere nella profezia di Isaia, ma di tutti: giudei e pagani. 3. I popoli non affluiranno a Gerusalemme per rendere culto a Yavé nel tempio, ma a Betlemme per adorare un bimbo nelle braccia di sua madre Maria. Si tratta pertanto di un universalismo che abbraccia tutti i popoli, le razze e le religioni, incentrato sulla persona di Gesù Cristo, e che non ha a che vedere direttamente con l'unicità del culto, come nel giudaismo. Pertanto, il centro di unione di tutti i popoli e le nazioni è, nel disegno divino, la fede in Gesù Cristo. Nel cammino verso questa fede si hanno situazioni diversificate, ma per il cristiano è irrinunciabile il mistero di Cristo, centro dell'uomo ed della storia. SUGGERIMENTI PASTORALI Nei paesi dell'Europa, come in quelli del continente americano nella sua grande maggioranza, è sempre più evidente la presenza di una società multirazziale, multinazionale e multireligiosa. Nel continente africano questa molteplicità di popoli, razze, etnie e religioni non è un fenomeno nuovo, ma costante almeno nel secolo XX. Nel continente asiatico e in Oceania, la situazione generale è estremamente varia, ma esiste una propensione chiara a identificare religione e razza, religione e nazione, religione e cultura. Questo fenomeno, in certi paesi o in alcune Diocesi e parrocchie, si vive forse con grande intensità, e crea nei fedeli problemi di confusione e perfino di turbamento e conflitto. In questo conflitto si inserisce, nella festa dell'Epifania, la catechesi sull'universalismo cristiano. Conviene che la catechesi chiarisca i punti essenziali e infonda nei fedeli chiarezza di idee, e atteggiamenti di serenità, comprensione, prudenza, dialogo e soprattutto carità, essenza della fede cristiana. Come esempio, offro alcuni semplici suggerimenti: 1. L'universalismo cristiano non è negoziabile né si può rinunciare senz'altro ad esso, perché appartiene all'essenza della nostra fede. Tuttavia, la proposta di questo universalismo può essere progressiva, tenendo conto di ciascuno degli interlocutori. Questo universalismo non è opera della ragione, e, pertanto, nemmeno la ragione ha la chiave per entrare nel recinto di questa verità di fede. Essendo opera della fede, non si impone né con la forza né con pressioni di qualsiasi indole, si propone piuttosto alla libertà dell'interlocutore, in un clima di amore e di amicizia, o, almeno, di mutuo e maturo rispetto. 2. Come cristiani non possiamo né dobbiamo tacere, né a parole né con le opere di carità, la nostra fede, senza che abbia importanza il luogo e le circostanze in cui si sviluppi la nostra vita. La prudenza ci indicherà quando e come. La serenità e la comprensione ci porteranno a farlo senza gesti clamorosi, ma con amabilità e sincerità. Grazie alla carità, lo faremo con amore verso le persone e profondo desiderio di verità. 3. In pratica, può aiutare un atteggiamento positivo di apertura e di collaborazione, in campi come quello sociale, amministrativo, sportivo, culturale... Questa collaborazione, quando il cristiano è coerente con la sua fede, fa sorgere interrogativi che possono aprire la mente e il cuore al mistero cristiano. |